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Non è pesante Dostoevskij, sei tu troppo leggero

Da Marcofre

Quando si parla di scrivere, per forza di cose si parla soprattutto di leggere. Tanto. Ma cosa? I Classici si dice, tra cui per esempio il buon Fedor Dostoevskij.
Il problema di questo colossale autore russo è questo: per molti è un mattone, è troppo pesante.

Questo scrittore ha scritto anche cose “leggere” (Il sosia per esempio, è un racconto lungo, ma abbordabile sul serio). Ma cosa vuol dire pesante? Lasciamo da parte la sua scrittura (si tratta di un autore Ottocentesco, e naturalmente risente di un modo di affrontare la realtà, ben diverso dal nostro). E poi non sarei nemmeno in grado di parlarne in modo intelligente.

Ripeto la domanda: cosa vuol dire pesante? Che il libro richiede molto tempo, visto la sua mole? Che ci sono perciò molte pagine da girare? Che la storia si sviluppa in un arco temporale poco circoscritto?
O forse sono i nomi? Oppure i ragionamenti con cui i personaggi cercano di sbrogliare la matassa della vita?

Il problema della pesantezza sorge quando la persona si adagia nella mediocrità: si adagia. È una sua libera scelta; con tutte le risorse che abbiamo oggi, non è più un’imposizione, e come tale può essere abbandonata. Purché si abbia sufficiente volontà.

La mediocrità offre uno sguardo che non va mai oltre le apparenze, la superficie: si accontenta. Chi la adotta è persuaso di compiere una grande scelta, quella vincente, la migliore in assoluto.

Le sfumature non esistono, i dettagli nemmeno. Solo emozioni, e sentimenti che si bruciano nello spazio di un tempo breve e canaglia. Questo modo di vedere il mondo ottimizzato, efficiente, dove tutto è chiaro alla prima occhiata, fa sentire la persona libera e sicura. E fatica a capire che è solo leggera, in balia degli eventi che di solito, sono creati da altri.

Semplificando: ci sono due generi di persone su questo pianeta. Quelle che pensano che i soldi siano la chiave di ogni cosa.

E quelle che ritengono i soldi importanti, ma è la parola a spingere in avanti l’umanità. Quest’ultime sono le più importanti, perché sovente pongono domande, sollevano dubbi, cercano vie alternative. Non di rado finiscono nei guai: galere e altre spiacevolezze. Spesso costoro hanno letto robe pesanti.

Inutile a questo punto aggiungere che la maggior parte delle persone segue i primi, e osserva con pietà i secondi. Proprio Dostoevskij ne “I fratelli Karamazov” (un mattone! Aiuto!), spiegava che le persone hanno il terrore della libertà. La cercano solo a chiacchiere, ma porgono il collo al collare più conveniente.

Bisogna essere ambiziosi. Non basta camminare sempre in discesa, tanto prima o poi arriverà la salita, è inevitabile: e saremo in grado di resistere alla fatica? Saremo capaci di affrontare quello che ci aspetta, di nuovo, inedito e differente?

Ciascuno legga quello che vuole, ma legga e non si trinceri dietro i “Si dice”; non sollevi obiezioni senza sapere di cosa parla. Dostoevskij può non piacere, me ne rendo conto: ma la maggior parte dei giudizi su di lui arrivano da persone che giudicano il libro dal suo spessore. E che hanno terrore di affrontare una lettura impegnativa (per mole) e provocatoria (per argomenti).

La regola sovrana da applicare in tutti i campi dello scibile umano, dovrebbe essere di toccare con mano, e non ascoltare quello che dice la televisione, Internet, o mio cuggggino. Mio cuggggino trova pesante leggere i nomi sui citofoni…


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