Non è successo niente (Sclavi)

Da Bangorn @MarcoBangoSiena

Romanzo che risale al 1998, questo Non è Successo Niente di Tiziano Sclavi, mi era sfuggito. Dopo aver letto Dellamorte Dellamore, Apocalisse e Sogni di Sangue, non avevo più seguito l'autore, e a poco a poco, mi ero allontanato anche dalla sua creatura, Dylan Dog. Questo, finché parlando con l'amico Andrea Rizzi, non vengo a scoprire che esiste questo romanzo, in cui si legge anche uno stralcio di un ipotetico sequel del sopracitato Dellamorte Dellamore. Un pezzo di romanzo, inserito nel romanzo da uno dei tre protagonisti. I tre personaggi fittizi, sembrano un po' essere due alter ego dell'autore, Sclavi: Cohan è uno scrittore depresso, Tommaso, autore di un fumetto di successo (Daryl Zed, che ricorda molto Dylan Dog) e alcolizzato e infine Tiz, che altri non è che Sclavi.

Il romanzo è molto particolare, senza una trama lineare, bensì composto da una serie di sketch e racconti che descrivono momenti di vita dei tre.
Seguiamo Cohan insieme a Lucia, mentre cercano la loro identità, Tommaso che cerca di uscire dall'alcool e Tiz che propone i suoi lavori, esagerando un po'.

Particolare anche la scelta del linguaggio e dello scritto, pieno di bestemmie (mai viste in un romanzo!) e parole scritte "perché a Sclavi andava così". Sul serio, nella prefazione, ci avverte che lui scriverà la stessa parola in modi diversi, senza curarsene. In certi punti ci si disorienta davvero, tanto che sembra scritto tutto di getto, senza rifletterci e senza nemmeno aver visto un abbozzo di revisione.
Eppure si va avanti nella lettura, accorgendosi che non c'è nulla, e che alla fine non succede davvero nulla, senza però farsi troppe domande. Si seguono i tre sventurati, imparando a non aspettarsi che al capitolo successivo si trovino le risposte lasciate indietro. Tutto viene presentato quasi a casa, senza ordine preciso.
Posso dire che è un lavoro coraggioso, però che ha avuto la fortuna di essere creato da un autore affermato. Un novellino sarebbe finito nella spazzatura senza passare dal via, tanto è caotico. Ma dopo che avrete letto le prime pagine, inizierete a familiarizzare con questo librone (non è molto corto, 418 pagine) zeppo di dialoghi strambi, cambi di punti di vista improvvisi, situazioni realistiche e altre fuori dal comune.

Una cosa che ho davvero apprezzato però, è uno stralcio che ho trovato all'interno, una riflessione di un autore che ha avuto fortuna e se ne accorge:

[...] È così per me, per Cohan, per Tom, insomma per quei due o tre busoni, di noi, che sono riusciti, pardon, che hanno avuto il culo di fare soldi nel modo più difficile che si possa immaginare, in Italia: con la loro fantasia. Mica siamo imprenditori, industriali (tra l'altro, paghiamo le tasse fino all'ultimo centesimo, credo che tra i maggiori contribuenti di Milano prima veniamo noi e poi Cuccia), non abbiamo dipendenti, non comandiamo nessuno, e neanche siamo finanzieri e facciamo soldi con i soldi. Credo che nessuno di noi li abbia mai neanche investiti, sti soldi. Al massimo qualche pronto termine, ma vogliamo averli tutti lì a disposizione da spendere, magari un giorno usciamo e vediamo un Jukebox anni Quaranta che costa duecento milioni, e via, duecento milioni, tre, quattro, sei mesi di diritti. Che poi è un caso limite, in realtà li buttiamo in libri, e cidì, e cidiròm, e statuine di Guerre Stellari o di Alien, mica compriamo la Jaguar o la villa a Portofino. Siamo dei poveri ricchi per caso, e con la scadenza, come la simmenthal (o se va male come la mozzarella): finirà, presto o tardi. E non ce ne frega niente, sono soldi nati solo dalle nostre idee, e quelle rimarranno.[...]

Colgo l'occasione per ringraziare l'amico Andrea Rizzi, che oltre a prestarmelo, alla fine me lo ha pure regalato. Grazie amico mio, come ti dissi, c'è qualcosa di buono in questo romanzo.


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