Silvia Ziche ne parla anche in questa nostra intervista, della connotazione particolare che assumono i suoi due celebri personaggi, Alice e Lucrezia: la prima è il suo alter ego da ventenne, quando era giovane e idealista e quando per lei ogni concetto assumeva un valore universale; la seconda è invece la sua controparte cresciuta, contro cui l’autrice combatte, che si è rassegnata al fatto che i nostri sforzi difficilmente cambieranno il mondo, per cui tanto vale concentrarsi su noi stessi e sulla nostra personale ricerca della felicità, scaricando sugli altri le nostre insoddisfazioni.
Concettualmente, quindi, Alice e Lucrezia sono due facce della stessa medaglia e potrebbero quasi essere lo stesso personaggio, un esempio perfetto dell’evoluzione di un essere umano.
Mettere a contatto queste due donne, quindi, genera diversi effetti: dall’autonalisi, che l’autrice compie su se stessa, al piacere del lettore di riconoscersi nell’uno o nell’altro personaggio; dalla riflessione sul cambiamento – del mondo e dell’individuo – all’occasione finora inedita di veder interagire le due creature che, assieme alla produzione disneyana, hanno consacrato la Ziche come una delle autrici più riconoscibili e interessanti del panorama italiano.
Un libro del genere potrebbe avere il suo senso di esistere anche solo in questo incontro-scontro tra le due due protagoniste. Questo imprevedibile crossover è il mezzo, entusiasmante già in se stesso, per permettere all’autrice di parlare d’altro: e, compatibilmente con la sua vena satirica, questo “altro” è l’attualità e il mondo che ci circonda, filtrato dalla sua sensibilità.
Alice voleva cambiare il mondo con la forza degli ideali e la fiducia nel futuro, Lucrezia ricerca solo il proprio benessere personale e il fantomatico Principe Azzurro… ma in questo società ultra-connessa, è davvero possibile scindere questi due stili di vita? Secondo la Ziche no, e in quest’opera si diverte a far dialogare due creature caratterialmente opposte e mostra come possano collaborare per raggiungere i propri obiettivi.
Una storia di donne per donne? No, piuttosto una storia d’attualità.
C’è satira politica, nelle pagine di Lucrezia e Alice a quel paese, attraverso un malvivente di bassa lega che riesce ad ammaliare la gente con vuoti discorsi e agitando paure nascoste. C’è una forte componente di critica all’esasperata evoluzione tecnologica, che, come fa drammaticamente notare Alice, potrebbe fornire le soluzioni per salvare il mondo, ma viene invece usata solo per aumentare una forma di comunicazione tra le persone che dà solo l’impressione – falsa – di fare qualcosa di concreto. C’è una società schiava dell’economia e dell’andamento dei misteriosi mercati, entità generica e universale che si riflette in modo imperscrutabile nell’economia reale di ciascuno.
E infine ci sono le persone: tanti individui, poca socialità, una fotografia crudele di tante persone che non sopportano la situazione in cui devono vivere ma che d’altro canto non hanno intenzione di pensare davvero a cosa fare per il mondo, in virtù del fatto che nessuno ritiene di essere colpevole di qualcosa e del fatto che ognuno deve già faticare per salvare il proprio mondo personale.
Non c’è una filosofia di vita giusta o vincente, dunque, nello spaccato sociologico che ci restituisce Silvia Ziche: a seconda dell’età possiamo sostenere con convinzione che il giusto atteggiamento è quello di Alice oppure di Lucrezia, ma la realtà è che entrambi hanno delle falle e soprattutto dei “bachi” che non li rendono veramente attuabili o utili nella vita reale.
Lo stile narrativo dell’autrice è quello a cui siamo abituati, e a cui si è già fatto cenno: si ride molto durante la lettura delle 127 pagine del libro, grazie all’ironia graffiante e incisiva che viene messa in campo anche nel mostrare quegli aspetti più degradanti, preoccupanti o spaventosi del viver civile. L’uso sapiente dei dialoghi, che sanno alternare un registro alto ad uno più colloquiale a seconda che sia Alice o Lucrezia a parlare, rende frizzante e spigliata la lettura, sapendo colpire nel segno.
La struttura del libro alterna tavole classiche a splash-page, le quali riflettono con una semplice frase veloce e un disegno ficcante su quanto sta accadendo in quel punto della storia: una costruzione particolare e allo stesso tempo adattissima al modo di narrare della Ziche, che ha infatti l’occasione di mettere in campo le sue battute fulminanti (analogamente a quanto fa ogni settimana su Topolino con la sua tavola Che Aria Tira A…) come approfondimento di quello che avviene nel corso della storia narrata, realizzando una modalità di racconto ibrida e molto riuscita.
Il disegno conferma ancora una volta, sempre che ce ne fosse bisogno, il tratto peculiare dell’autrice, che fa della recitazione e dell’espressione dei personaggi il suo cavallo di battaglia, tanto da poter interpretare la vicenda anche solo dal volto dei personaggi. L’impressione è che in quest’ultima fatica la Ziche migliori ulteriormente il suo tratto, rendendolo più fluido e confermandosi molto appagante per il lettore.
Lucrezia e Alice a quel paese è quindi un fumetto prezioso, per poter ridere di questi tempi e sperare di sopravvivere loro. Parla dell’Italia di oggi, di persone comuni, di speranze e delusioni, e di due modi diversi di affrontare la vita, nessuno dei quali vincente in assoluto.
Abbiamo parlato di:
Lucrezia e Alice a quel paese
Silvia Ziche
Rizzoli-Lizard, novembre 2013
127 pagine, brossurato, bianco e nero – € 15,00
ISBN: 978-88-17-06965-6
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