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Non era neanche giapponese

Creato il 12 settembre 2011 da Malvino



La vicenda di cui è protagonista l’ingegner Soter Mulè ci dà conferma di quanto già sapevamo: abbiamo magistrati e giornalisti tra i più cretini al mondo.Accusato in un primo momento di omicidio volontario, come se l’intenzione di uccidere sia implicita nella pratica del bondage su un soggetto pure non consenziente, sul Mulè ora pesa l’ipotesi di omicidio preterintenzionale, perché la vittima – si è accertato – era consenziente. Saremmo dinanzi a una morte, dunque, avvenuta in conseguenza di percosse o lesioni personali? Niente affatto. Isolato da altre pratiche che qui paiono essere di fatto escluse dalla dinamica degli eventi che hanno portato alla morte di Paola Caputo, il bondage non provoca lesioni, né danni equivalenti a quelli riportati da percosse, che invece, nell’ipotesi di omicidio preterintenzionale, dovrebbero costituire il necessario fine doloso dell’“azione minore”, la quale, superando l’intenzione del reo, verrebbe così a produrre l’evento fatale. Ma qui, in tutta evidenza, quest’“azione minore” non era affatto contemplata dal “programma” concordato dal Mulè e dalla Caputo, né è stata posta in essere in violazione del patto.È evidente che siamo di fronte a un mero incidente, ma è pure evidente che l’ipotesi di omicidio colposo dev’essere sembrata troppo mite, comunque inefficace a sanzionare sul piano morale una pratica che il magistrato fa fatica a ritenere legittima tra soggetti adulti e consenzienti. Delle due, una: saldo nel senso comune che è padre di ogni pregiudizio, il magistrato ritiene intrinsecamente violenta e dunque potenzialmente pericolosa la pratica del bondage, a dispetto di ogni piana evidenza; sennò – e allora sarebbe ancora peggio, perché non si tratterebbe solo di ignoranza – egli si sente in dovere, attraverso l’azione della pubblica accusa, di farsi latore di un pregiudizio espresso dal senso comune, che peraltro non è riuscito neanche a informare a sufficienza la lettera della legge affinché il Mulè sia poi effettivamente imputabile di lesioni o percosse.C’è da aspettarsi che l’accusa di omicidio preterintenzionale venga formulata in ogni caso in cui un soggetto muoia di infarto miocardico o di ictus cerebrale durante un rapporto sessuale, anche di quelli che il senso comune non sottoporrebbe ad alcuna censura morale per le modalità con le quali viene espletato: si tratta di attività potenzialmente a rischio, sempre, anche da slegati. Se non dolo, ci sarebbe sempre da ipotizzare una colpa di là dalla più mite finalità di scoparsi – eventualmente – a sangue. 

Analoghe considerazioni sono inevitabili per la gran parte dei giornalisti che si sono fiondati sulla vicenda con la morbosa voracità che i benpensanti si sentono autorizzati a esercitare sul privato di coloro che ritengono devianti. Il peggio ce lo ha offerto il Corriere della Sera. Così, Ester Palma pensa di poter ricavare un profilo “tutt’altro che rassicurante” dal più banale e anodino dei manifesti parafiliaci postato dal Mulè sulla sua pagina di Facebook, come se l’atmosfera che avvolge una parafilia sia penetrabile da altri che chi voglia condividerla.Non da meno Fabrizio Peronaci, che in un’intervista via chat con una cultrice di Shibari si esibisce in domande del tipo: “A tua figlia trasmetteresti le stesse idee?”. È evidente che per il nostro la questione sia ideologica, non di gusto, e allora chissà quale ideologia ci sarà mai dietro il suo voyerismo, e chissà chi gliel’ha inculcata: mamma o papà?Il peggio del peggio, invece, ce lo offre Paolo di Stefano: “Neanche la dignità di un luogo dotato di un minimo alone evocativo: non dico un castello, un palazzo nobiliare, un covento, un boudoir o un carcere, come se ne trovano nelle pagine del Marchese de Sade, ma almeno un appartamento, una villetta di periferia… No, no, un vano caldaia in via Settebagni, tra tubature, manopole, idrometri, idranti e cavi…”. E qui il Mulè non ha scampo: passi per il bondage, ma almeno praticarlo in un ambiente che soddisfacesse limmaginario del giornalista. E poi, diciamocelo, la Caputo non era neanche giapponese...


[si consiglia: La posizione del liberale (senza corda) di Luca Massaro] 


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