Per una volta voglio essere banale. Lasciatemi essere banale, per favore. Sono passati esattamente 20 anni (20, cazzo!) dall’uscita di Nevermind dei Nirvana e quindi, per quanto prevedibile possa essere e anche se ne hanno parlato e ne parleranno tutti, persino la vostra vicina di casa di 80 anni (80, cazzo!), non posso esimermi dal farlo pure io che questo disco mi ha cambiato la vita, mi ha cambiato. E poi perché fondamentalmente, nelle ultime due decadi, di altri album rock che hanno avuto lo stesso impatto socio-generazio-epocale io proprio non ne ho visti né soprattutto sentiti. Dieci anni fa usciva Is This It degli Strokes e anche quella è stata una bella botta rock’n’roll, però l’effetto - volete mettere? - non è minimamente paragonabile a quello di Kurt Cobain e soci.Il riff di chitarra di Smells like teen spirit che esplodeva su Mtv, l’album che raggiungeva la classifica di Billboard superando il simbolo degli anni ’80 e del pop Michael Jackson, il volto di Kurt che cominciava a fare capolino sulle t-shirt e sulle pareti di ogni adolescente arrabbiato che si rispettasse… è stata una rivoluzione, è stata una stagione, purtroppo breve, in cui le cose sembravano davvero poter cambiare. L’epoca degli yuppie, del consumo superficiale U.S.A. & getta, dell’ostentazione, del pop commerciale e del trash rock delle band con le bandane in testa era giunta alla fine (e Dio solo sa se era ora!) e faceva capolino un mondo parallelo in cui l’alternative rock dominava insieme a una rockstar drogata e depressa cui del successo non poteva fregare di meno. Una rockstar poco propensa a brillare come una star e molto destinata, ahinoi, a bruciare in fretta come una cometa.E come suona oggi, questo benedetto maledetto Nevermind che ha stuprato la nostra adolescenza, portandoci via non la tramezza bensì l’innocenza e la spensieratezza? Rimbomba ancora come quel colpo di fucile che ci ha portato via Kurt per sempre. È una scossa che fa venire sempre le lacrime agli occhi per l’emozione e allo stesso tempo fa venire una gran voglia di pogare in camera da soli, urlare YEEEAH YEEEEEEEEAH e spaccare tutto. Quanti dischi rock usciti nei 20 anni successivi possono vantarsi di fare lo stesso effetto?È stata una stagione che è durata poco, è vero, poi tutto è tornato alla normalità, sono arrivate le boybands, sono arrivate le girlbands, la musica commerciale è ritornata a dominare le classifiche, e Seattle è passata da capitale del grunge a capitale della new economy, le chiavi della città finite dalle mani di Kurt Cobain a quelle di Bill Gates. Il mondo ha insomma ricominciato a girare nel suo solito verso, intorno al successo e ai soldi (il poppante sulla copertina già lo sapeva), ma per quel breve periodo tra camice pesanti a quadroni e disperate urla YEEEAH YEEEEEEEEAH (e fatemi gridare ancora un po’!) abbiamo sognato che potesse girare in un modo diverso. Nel modo giusto. Massì, non poteva andare che così alla fine, già lo sapevamo, e in fondo non importa. Nevermind.Oppure importa?Magazine Cultura
Per una volta voglio essere banale. Lasciatemi essere banale, per favore. Sono passati esattamente 20 anni (20, cazzo!) dall’uscita di Nevermind dei Nirvana e quindi, per quanto prevedibile possa essere e anche se ne hanno parlato e ne parleranno tutti, persino la vostra vicina di casa di 80 anni (80, cazzo!), non posso esimermi dal farlo pure io che questo disco mi ha cambiato la vita, mi ha cambiato. E poi perché fondamentalmente, nelle ultime due decadi, di altri album rock che hanno avuto lo stesso impatto socio-generazio-epocale io proprio non ne ho visti né soprattutto sentiti. Dieci anni fa usciva Is This It degli Strokes e anche quella è stata una bella botta rock’n’roll, però l’effetto - volete mettere? - non è minimamente paragonabile a quello di Kurt Cobain e soci.Il riff di chitarra di Smells like teen spirit che esplodeva su Mtv, l’album che raggiungeva la classifica di Billboard superando il simbolo degli anni ’80 e del pop Michael Jackson, il volto di Kurt che cominciava a fare capolino sulle t-shirt e sulle pareti di ogni adolescente arrabbiato che si rispettasse… è stata una rivoluzione, è stata una stagione, purtroppo breve, in cui le cose sembravano davvero poter cambiare. L’epoca degli yuppie, del consumo superficiale U.S.A. & getta, dell’ostentazione, del pop commerciale e del trash rock delle band con le bandane in testa era giunta alla fine (e Dio solo sa se era ora!) e faceva capolino un mondo parallelo in cui l’alternative rock dominava insieme a una rockstar drogata e depressa cui del successo non poteva fregare di meno. Una rockstar poco propensa a brillare come una star e molto destinata, ahinoi, a bruciare in fretta come una cometa.E come suona oggi, questo benedetto maledetto Nevermind che ha stuprato la nostra adolescenza, portandoci via non la tramezza bensì l’innocenza e la spensieratezza? Rimbomba ancora come quel colpo di fucile che ci ha portato via Kurt per sempre. È una scossa che fa venire sempre le lacrime agli occhi per l’emozione e allo stesso tempo fa venire una gran voglia di pogare in camera da soli, urlare YEEEAH YEEEEEEEEAH e spaccare tutto. Quanti dischi rock usciti nei 20 anni successivi possono vantarsi di fare lo stesso effetto?È stata una stagione che è durata poco, è vero, poi tutto è tornato alla normalità, sono arrivate le boybands, sono arrivate le girlbands, la musica commerciale è ritornata a dominare le classifiche, e Seattle è passata da capitale del grunge a capitale della new economy, le chiavi della città finite dalle mani di Kurt Cobain a quelle di Bill Gates. Il mondo ha insomma ricominciato a girare nel suo solito verso, intorno al successo e ai soldi (il poppante sulla copertina già lo sapeva), ma per quel breve periodo tra camice pesanti a quadroni e disperate urla YEEEAH YEEEEEEEEAH (e fatemi gridare ancora un po’!) abbiamo sognato che potesse girare in un modo diverso. Nel modo giusto. Massì, non poteva andare che così alla fine, già lo sapevamo, e in fondo non importa. Nevermind.Oppure importa?Possono interessarti anche questi articoli :
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