Non lo so mica, da che parte sto, se con la Grecia o per i fatti miei, perchè non ho abbastanza cognizione economica e politica per poter formulare una argomentazione sensata, in entrambi i casi.
So solo che, dopo una settimana dal rientro, e dopo quasi trent’anni dall’ultima estate là, dopo averla visitata in lungo e in largo più volte, quando ero immersa fino al collo in versioni da tradurre, dal greco e dal latino, quando mi sarebbe piaciuto iscrivermi a Storia, sapendo che non l’avrei mai fatto perché si deve pur campare, tra i resti delle colonne, la marmorea tonicità delle statue antiche, il frinire ossessivo ininterrotto ipnotizzante delle cicale, l’abbraccio delle onde, la sabbia bollente sotto i piedi, le tiropitas e le pesche così dolci che sembrano sciroppate, la gentilezza e la dignità delle persone, il regime presente di sussistenza confrontato con la caotica dinamicità della fine degli anni ottanta…dopo tutto questo…so solo che mi dispiacerebbe perderla, che se ne andasse da questa Europa che è solo un’ombra instabile di quel che potrebbe essere, e che non sarebbe la stessa cosa senza di lei.
Per cui, comunque vada, e nonostante i tonfi in borsa, sto a giardare e spero che un modo, meno imperiale, si trovi per farcela rimanere. A turno, toccherà a tutti gli altri – o è già toccato- prima o poi.
