Titolo: Non posso ospitare
Autore: Ernesto Giacomino
Editore: GoWare
Pagine: 182
Formato: Ebook e Cartaceo
Genere: Narrativa
Trama:
Per riparare ai danni degli anni ’80 ci vorrebbero nuove accise. Un ricarico fisso sui ricordi o un tanto al chilo sui rimpianti. C’è gente, per dire, che da certe pettinature non ne è uscita più. Cinquantenni con la sciatica da breakdance. Massaie in analisi dopo il taglio di treccine di Boy George. Un’epoca che ha illuso anche loro: il Fuoricampo da un lato, Lei dall’altro. Oggi anonimi e lontani, con un matrimonio affossato dalle aspettative, figli a cui spiegare e monolocali da arredare. Negli ’80, invece, tutt’altra roba: erano Mister Glamour e Miss Anymore, ventotto anni in due nella gita a Napoli, sospiratori in bermuda da manuale del perfetto amore. Capitolo tot paragrafo enne: che incontro è senza il profumo del glicine a maggio. Che fuga è senza lo scatto liberatorio del lucchetto al motorino. Alla fine, chissà, la morale è che certe storie devono morire giovani. Come gli eroi, le farfalle, le soste del circo in paese. Perché a scorrerle dopo, cresciute di vent’anni, succede un po’ come con quei dischi ascoltati al contrario: sbuca la profezia, il sottotesto, il messaggio ignorato. E tutta la poesia, di colpo, diventa uno stridere di puntina fra i solchi.
Giudizio:
Mr. Glamour e Miss Anymore si innamorano a prima vista giurandosi amore eterno. Siamo negli anni ’80 sulle spiagge dell’arco jonico tarantino. La musica house non è ancora dominante, internet non ancora pervenuta, i motorini vanno a miscela, le discoteche spuntano come funghi, pochi i bar notturni e tanti amici più o meno originali si avvicendano intorno a questa coppia di strambi innamorati. Fra litigi, incomprensioni, amnesie e pettinature inguardabili, in un’ottica di sentito rimpianto. L’autore scrive bene, a volte tende ad auto compiacersi saturando lunghi periodi di avverbi e subordinate superflue. La narrazione pertanto non è rapidissima, qualche divagazione di troppo e occasionali flashback tendono a intralciare il flusso continuo e ossessivo del narratore. Prosa molto curata ma fin troppo “Muscolosa”. L’intreccio è elementare, l’intero romanzo è narrato in forma di monologo interiore. La terza persona dell’Io narrante maschera gli evidenti spunti biografici dell’autore, che un po’ caoticamente ci riporta alla sua adolescenza, ai suoi primi amori, scotti, dolori e perfino al lutto per un amico defunto. La narrazione appare slegata e indipendente, i ricordi spesso risultano incoerenti e confusi. Scelta coraggiosa, senza dubbio. Malgrado lo stile sostenuto e l’impostazione molto datata, la lettura risulta comunque chiara e coinvolgente.
Si tratta di un romanzo difficile da valutare. Scelte tecnico-stilistiche decisamente fuori moda rendono il testo anomalo, sregolato, nemico dei manuali di scrittura. Tuttavia, malgrado questa originalità un po’ forzata, va detto che la lettura riporta con molta precisione a quello che era il vivere tipico degli anni ’80 per i giovani del sud Italia e ciò segna un punto favore dell’autore. Forse Ernesto Giacomino ha voluto strafare con i suoi inesauribili flussi di coscienza, ma questo romanzo non mi ha lasciato per nulla indifferente e pertanto lo consiglio al pubblico più colto, oltre che ai quarantenni in generale.
Sull’autore (dal sito dell’editore):
Ha pubblicato finora i romanzi D’istinto distante (Allori Edizioni, 2003) e Ponti di ferro (De Ferrari & Devega, 2006); e i racconti Dorina’s Ballad (Logout, 2003), ’Na stizza (antologia La stazione, Terre di mezzo, 2005) e Il quaderno di Orlando (antologia Da Punta Campanella a Capo Palinuro, Aut Aut, 2011). È stato redattore delle testate “Il castello di vetro”, “Itinere” e “Unico Settimanale”; al momento collabora con il quindicinale “Nero su Bianco”. Ha solo tre passioni dichiarate: il noir, i fumetti argentini e gli aperitivi. E spesso, con un’unica sbronza, riesce a soddisfarle contempo- raneamente.
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