Magazine Diario personale

Non sarei mai potuta essere una bambina catalana

Da Giulia Calli @30anni_Giulia

Vero che quest'estate non ho fatto vacanze degne di questo nome, ma non posso certo ritenermi insoddisfatta dei traguardi raggiunti. Non mi sarò riposata tanto, ma perlomeno non sono stata con le mani in mano. L'aria di vacanze poi me la portano le persone che vengono a trovarmi nella mia scatola di fiammiferi, che in caso di visite diventa una scatola di fiammiferi-pro. Voi ci scherzerete, ma in questi 35 metri quadrati si può vivere pure in 4. In tal caso, consiglio comunque caldamente di limitare le visite a una settimana al massimo, eh, oppure di fare un corso di mindfulness qualche tempo prima di ricevere gli ospiti.

Le visite foriere di novità, soprattutto per il mio congelatore che si riempie nuovamente di lasagne, sono quelle dei miei genitori. Ormai esperti di Barcellona, non si accontentano più di fare una passeggiata in centro, cosa che fanno con la stessa nonchalance di un giro alla Standa del paesello sardo. Mi devo quindi ingegnare per organizzare gite fuori porta o renderli partecipi della vita catalana. Per fortuna non è così difficile, l'estate in Catalogna è un concentrato di feste tradizionali, concerti per strada, cori da stadio e turisti a spinte (questi ultimi da citare non per tradizione, ma perché parte integrante del paesaggio estivo).

Questa volta li ho portati a Sitges. Se non conoscete Sitges, andateci la prossima volta che venite in zona: tanto il Parc Güell l'avete già visto, la Sagrada Familia è sempre lì immobile nel suo tempo meraviglioso e i mimi delle Ramblas scherzano meno per via del caldo. Ah, hanno aperto altri 10 negozi Desigual mentre voi eravate via, ma sul serio ancora venite a Barcellona per fare shopping in questo tempio della vida chula che ormai falsificano benissimo in tutto il mondo?

Quindi prendete un treno e fatevi un 40 minuti di Renfe catalana, che è sempre un'esperienza per i personaggi che ci si trovano e i paesaggi industriali che vedrete sfilare dal finestrino. Scendete a Sitges e rilassatevi . A Sitges c'è un bel mare, ci sono le calette, c'è un centro storico delizioso, si mangia il pesce fresco e ci sono turisti a spinte (non dimenticatelo). A me questa cittadina piace per i suoi colori, c'è tanto bianco e porte azzurro estate , che fanno molto vacanza mediterranea.

Non sarei mai potuta essere una bambina catalana

Avevo già portato i miei a Sitges in primavera, ma stavolta ci sono voluta tornare perché lo scorso fine settimana si festeggiava la Fiesta Mayor in onore di San Bartolomeo. Che mia madre non ha fatto altro che chiedere, ma 'sto santo dov'è? Scrivo nero su bianco la risposta qui, perché lo sappiano tutti: quando i catalani festeggiano la loro Fiesta Mayor in onore di un santo, il santo rimane relegato in un angolino, in attesa di una messa in suo onore, forse una processione alle 6 di mattina. Ma pure lui si gode i festeggiamenti civili, che sono quelli che fanno scalpore. Quindi non aspettatevi processioni al profumo di menta e vecchine che recitano il rosario per strada inneggiando a San Bartolomeo, se venite a Sitges durante la Fiesta Mayor.

Una Fiesta Mayor che si rispetti, in Catalogna inizia sempre con delle cannonate. Seguono poi raggruppamenti massivi nella piazza del paese e un canto corale tradizionale - a Sitges si canta agitando per aria le pagliette - che eventualmente potrebbe terminare in un inno all'Indipendenza catalana (mettetelo in conto e non fate commenti a voce alta). Il programma della festa lo trovate su Internet, sintonizzatevi sull'evento che vi interessa.

Io volevo che i miei assaporassero da vicino l'emozione della tradizione con due pilastri della Catalogna: i castellers e i . Sia gli uni che gli altri prevedono due attività che una madre italiana considera altamente pericolose e potenzialmente mortali: fare castelli umani e giocare con il fuoco .

La pratica dei castells è diffusa in tutta la Catalogna, nelle isole Baleari e nella regione di Valencia, e pare sia nata a fine del 1700. Da pratica folcloristica che chiudeva le processioni religiose si è trasformata in una competizione quasi sportiva, includendo le rivalità fra città e associazioni. La prima volta che ho visto una di queste torri umane è stato in plaça Jauma I, la pizza del Comune di Barcellona: credo fosse in occasione dell'11 settembre, data fondamentale per i Catalani, giorno della Diada Nacional de Catalunya e di cui sentirete parlare in tutte le salse, se doveste decidere di venire a vivere qui.

Vedere dal vivo la creazione di un castell per me è sempre molto emozionante. Il chiasso della piazza piano piano si smorza mentre gli uomini più massicci del gruppo creano una base compatta, abbracciandosi schiena contro schiena.

Non sarei mai potuta essere una bambina catalana

D'improvviso vedrete spuntare delle ragazze o dei ragazzi via via più mingherlini che si arrampicano sulle schiene dei compagni e iniziano a impilarsi uno sull'altro, piedi su spalle, muscoli che si tendono, ginocchia salde che tradiscono lo sforzo della torre che avanza verso l'alto.

Non sarei mai potuta essere una bambina catalana

Quando sembra che si sia raggiunga la vetta, ecco che da chissà dove spunta il più piccolo, il bambino o bambina del gruppo (detto Canalla), che con casco in testa e dita dei piedi prensili, si afferra alle fasce nere allacciate alla vita dei suoi compagni e inizia la scalata. Ogni volta che vedo uno di questi
bambini che si arrampica strisciando sui corpi degli altri castellers, penso a un bruco che si fa strada su un tronco d'albero. La differenza è che il bimbo/a, arrivato in cima, schiacciando la testa dell'ultimo compagno, si erge in piedi e fieramente alza la mano, gridando con gli occhi "sono arrivato!".

Non sarei mai potuta essere una bambina catalana

Ed è di nuovo boato di folla e la banda che suona il Toc de Pujada. A me dà più patema d'animo la discesa, perché ora che sono tutti belli impilati e tremolanti verso l'alto, questi cristi devono anche disfare la torre e toccare di nuovo l'asfalto senza sfasciarsi come un castello di carte. Cosa che a volte succede, come domenica scorsa, quando la bambina che reggeva la Canalla sulle spalle non ce l'ha fatta più, le sue ginocchia hanno ceduto, provocando la caduta di entrambi. Al che voi penserete, urla di disperazione, agitazione fra la folla, ambulanze che fendono l'assembramento di turisti curiosi: macché. I due bambini caduti sulle spalle dei compagni nerboruti si alzano, la madre del più piccolo gli porge un fazzoletto e gli dice "asciugati il sangue, ti sei tagliato il mento", mentre la bambina le cui ginocchia hanno ceduto piange qualche lacrima fra lo spaventato e la delusione. Tempo cinque minuti e un nuovo gruppo si sta organizzando per portar su una nuova torre umana.

A questo punto mia madre, che siede di fronte a me agitando il suo ventaglio sempre più forte, si gira con occhi imploranti e mi chiede:

"Ma quando la finiscono?!"

"Non ti sta piacendo, mamma?"

"Ma questi sono pazzi, e i genitori che li lasciano fare queste cose lo sono ancora di più!"

Capisco così che la mia vita da bambina in Catalogna sarebbe stata decisamente poco associativa.

Al calar del sole i miei (leggi mia madre, perché mio padre per il folclore va matto, come me) hanno deciso che di tradizione catalana avevano visto abbastanza e sono tornati a Barcellona. Io e il Guerriero invece, che alle feste catalane ci divertiamo sempre un sacco, siamo rimasti a Sitges per la seconda parte della festa e il salto dei correfocs, che racconterò meglio in un altro post visto che manco con loro abbiamo potuto evitare i momenti al cardiopalmo.


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