Magazine Diario personale

Non si fa credito.

Da Tofina
Non si fa credito.Mi capita spesso di dovermi mordere la lingua per non esprimere la mia opinione. Mi capita spesso, ma solo in un posto: a scuola, sul lavoro.Ultimamente poi, torno a casa che la mia lingua è tipo una di quelle samelle che grigliamo a Ferragosto.Il problema sono alcuni alunni indisciplinati.No, non è neanche vero.Il problema è chi, improvvisandosi psicologa dell'ultima ora, ha aperto un chioschetto di alibi e giustificazioni, proprio in corridoio, di fronte al bagno dei maschi, e ne elargisce a mani piene.In cima alla top ten delle scuse più usate c'è "Sai, bisogna capirlo... ha una situazione difficile a casa... i genitori sono separati, NE SOFFRE, il fine settimana è sballottato da una parte all'altra..".Questa cantilena mi ronza nelle orecchie da diversi giorni ormai e sono davvero arrivata al limite di sopportazione.
Innanzitutto complimenti per la grande scoperta: i genitori si sono separati e il figlio undicenne ne soffre.Maddai? Sul serio? Machedavero?E io che pensavo che un bambino delle medie accogliesse la notizia con un bel sorriso sulle labbra, riempisse il diario di faccine sorridenti e che per l'occasione organizzasse anche una grandiosa festa nella piscina di palline del Mac Donald's.Acuta, molto acuta, collega.Quindi vuoi dirmi che se il ragazzino non studia è per questo?Quindi vuoi dirmi che se la bambina chiacchiera è per questo?Quindi vuoi dirmi che il ragazzino rutta in classe è per questo?Quindi vuoi dirmi che se la bambina manca di rispetto ai compagni, le bidelle, gli insegnanti è per questo?Ah. E pensa che io avrei detto che si tratta solo di una massiccia dose di maleducazione, se non addirittura di ineducazione.No, mi dispiace, io non ci sto.E non ci sto non perché non ho esperienza nel campo dell'insegnamento; non perché non ne ho viste tante come ne ha viste la collega. Io non ci sto perché parlo per cognizione di causa.Sono stata bambina figlia di genitori separati e sono quasi donna figlia di genitori separati.Avevo appena compiuto otto anni e, guardo un po', ne ho sofferto.Ricordo i pomeriggi a piangere in braccio alla mamma, ricordo mio fratello che mi abbracciava e mi diceva che non era colpa nostra, ricordo l'invidia nell'andare a casa delle mie amiche e trovarci una mamma e un papà che andavano d'accordo. Ricordo i fine settimana sballottati da una casa all'altra, ricordo le litigare per le feste di Natale e le vacanze estive. Ricordo di aver rinunciato ai compleanni delle mie amichette perché logorata dal senso di colpa non volevo sprecare l'unico giorno che passavo con papà.Eppure non ho mai neanche lontanamente pensato e VOLUTO che questa situazione potesse costituire per me una giustificazione. Ho preso i miei votacci in matematica, ho preso una nota perché cantavo durante la lezione di educazione tecnica, ho finto qualche mal di pancia per non andare a catechismo, al liceo una volta ho saltato le prime due ore per andare a vedere la partita di calcio della squadra maschile. Ma niente di tutto ciò aveva a che fare con la situazione che avevo a casa. E mi sarei arrabbiata tantissimo se qualcuno avesse anche solo potuto pensarlo.Certo, non tutti reagiamo allo stesso modo. Ma proprio per questo è così stupido generalizzare e racchiudere tutto nella frase ".. i genitori sono separati, ne soffre...". I lividi, i segni, le cicatrici non andranno mai via. Io li porto ancora sotto il maglioncino di Zara e i jeans della Diesel. Li porterò sempre. Dentro, in fondo in fondo. Ce ne sarà sempre traccia nel rapporto che ho con gli altri: quella che io tante volte anche qui ho chiamato con affetto "la mia sindrome dell'abbandono". Ce n'è traccia nel mio rapporto con Luca, nelle richieste che a volte gli faccio e che devono apparirgli senz'altro assurde. Ce n'è inevitabilmente traccia nel rapporto con i miei genitori, maggiormente con mio padre. E c'è una traccia già segnata anche nel mio futuro, nel mio desiderio di voler costruire una famiglia tutta mia, questa volte forte, indissolubile.Ma insegnare a un ragazzino che per tutti questi motivi è giusto sentirsi in credito con la vita, è la cosa più sbagliata che si possa fare. Ci sarà sempre chi sta peggio di noi, ognuno ha i proprio problemi e la vita non ci deve niente. Inutile arrabbiarsi, recriminare, battere i piedi. Non si ottiene nulla. Ci si può fare un bel pianto per buttare fuori la negatività, ma null'altro. Si può anzi cercare di non darla troppo vinta alla vita, rimboccarsi le maniche, non piegarci sotto il peso delle legnate che ci arrivano dall'alto. Certo, si potrebbe replicare che è facile parlare ora, a vent'anni di distanza.Credetemi, non lo è. L'istinto di piangersi addosso, l'idea di essere state vittime di un'ingiustizia, ancora ogni tanto mi sfiora la mente. Spesso ho dei pomeriggi bui in cui sono di nuovo quella bambina di otto anni che chiedeva al papà di restare a dormire "ancora una notte, ti prego".Ci sarà e ci vorrà tempo per questi ragazzini, BAMBINI.Ma sono le persone che hanno intorno, adulti, che non devono mollare, che non devono giustificare, assecondare. Perché così non si aiuta nessuno, anzi.

Ecco, questo vorrei dire ogni volta che mi mordo la lingua.A scuola sono la precaria, quella giovane, quella inesperta.Qui sono a casa mia, nel mio blog e non ci penso proprio a non dire quello che penso.


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