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Non si puo' morire di lavoro

Creato il 12 settembre 2010 da Alessandro @AleTrasforini
NON SI PUO' MORIRE DI LAVORO Sono sei parole dal significato prepotente, racchiuse in un biglietto esposto ieri nella sala Norberto Bobbio a Torino. Parole racchiuse in biglietti che, però, non lasciano concreti riscontri nella realtà. Realtà che sa di morte, in un Paese disastrato come l'Italia. Lavorare è già miracolo, così come è ancor più miracoloso avere la vita salva alla fine delle ore di servizio. Giusto nella giornata di ieri ce ne sono stati quattro, quasi come nostra perfetta media. Nel complesso, le cifre fanno paura. Si contano 119mila infortunati registrati nel corso dell'intero 2009, per un totale di 1050 morti accertati e registrati dall'Inail. Ciò non esclude, purtroppo, che fra le piaghe del lavoro nero ce ne possano essere anche altre, non segnalate. I dati effettivi sono in calo; diminuzione dovuta principalmente alla crisi economica congiunturale, al quanto sembra. Meno ore lavorative producono, appunto, meno occupati e meno morti. Se ne sono andati in quattro, nella giornata già di tragico ricordo come quella di ieri. I primi tre sono morti a Capua, nella ditta farmaceutica Dsm. Scesi inizialmente in due per ripulire una cisterna, sono stati poi raggiunti da un terzo arrivato per cercare di aiutarli nelle operazioni di pulizia. Se ne sono andati, troppo presto e troppo in fretta, lasciando famiglie senza più appigli. Si ricordano, così, Giuseppe Cecere, Antonio di Matteo e Vincenzo Musso. Il primo, 50 anni, lascia qui una moglie e tre figli. Antonio era a pochi mesi dalla pensione, mentre l'ultimo aveva solo 43 anni. Sono morti quasi subito, preda di esalazioni che avrebbero dovuto mancare. Quel maledetto silos, infatti, avrebbe dovuto essere sicuro e bonificato. Rimanere tramortiti dai gas e scivolare, cadendo dentro un mostro di morte profondo quindici metri. Quel sabato avrebbe dovuto essere un giorno di riposo, di tempo libero trascorso magari con quelle famiglie che oggi vedono dentro loro un vuoto incolmabile. Lavorare dentro quel silos sarebbe durato pochissimo: al massimo due o tre ore. La cisterna maledetta avrebbe dovuto essere pulita, appunto. Condizionale d'obbligo, dato che purtroppo qualcuno si era dimenticato di adempiere al suo dovere. Si attendono responsi efficaci dall'inchiesta aperta per omicidio colposo plurimo. In teoria, proprio la Dsm ha fissato come cardine essenziale del suo fare industria il fattore sicurezza. Multinazionale dalle dimensioni notevoli, è presente in 49 paesi e conta oltre 30mila addetti. Il compito principale dei periti nominati sarà quello di determinare se la bonifica fosse stata o meno eseguita a regola d'arte. Come si scriveva prima, però, tre morti sono brutalmente "in media". E' proprio questo uno degli aspetti più desolanti, ma forse irreversibili, di questa realtà moderna: operai divenuti banalmente, senza perchè, solamente numeri e matricole. L'altra morte, che ci fa uscire da questa aritmetica di morte, è avvenuta in quel di Calamari, presso la provincia di Pistoia. A farne le spese questa volta è stato un romeno di 36 anni, Marius Birt. E' rimasto schiacciato da una pressa, in un'azienda nella quale lavorava da circa sette anni. Assunto con un regolare contratto, lavorava e viveva in quest'azienda "3F Ecologia". Dimorava infatti dentro lo stabilimento, presso un'ubicazione appositamente ricavata. Stava compiendo lavori di manutenzione ordinaria, fino a quando non è stato colpito alle spalle da un cancelletto della pressa. Si parla, dovunque, di ridurre costi d'impresa con risultati tragici. La logica del profitto esasperato conduce, alle volte, al mancato rispetto di norme rigorose ed essenziali. Rigorose per l'azienda e per la dignità, essenziali per la vita dei lavoratori stessi. Prestando manodopera, oggi, si cede momentaneamente anche la propria esistenza. La cosa migliore, a ricordo delle morti, tristemente aritmetiche, avvenute, mi pare chiamare in mio aiuto il mai troppo rimpianto Enzo Biagi. Dal suo ultimo libro, uscito postumo, "Consigli per un Paese normale", il giornalista ricorda che uno dei cardini di civiltà di uno Stato deve essere il considerare le morti sul lavoro come piaghe inaccettabili. Ce lo ricorda in un frammento di conversazione con Salvatore Giannella, che riporto per tratti di seguito: "Ho ricevuto una grande lezione da mio padre, operaio, Dario...Il mio pensiero va ai tanti operai che ho conosciuto nella mia vita...L'Italia è grande non solo per Leonardo o Marconi, ma anche per loro, e per la loro umanità. [...] Ormai si va in molti luoghi di lavoro come si va in guerra. E le cifre confermano l'emergenza: tre-quattro morti al giorno sono un bilancio agghiacciante. Nonostante l'impegno di sindacati ed amministrazioni, troppe norme di sicurezza vengono disattese e molte fabbriche e cantieri diventano luoghi di lutti e di dolori. Purtroppo fanno statistica e basta. [...] " Nel mentre, i morti si trasformano in misere statistiche.

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