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Non solo Libia: le tre porte per entrare in Europa

Creato il 24 aprile 2015 da Retrò Online Magazine @retr_online

Negli ultimi anni gli sbarchi di migranti partiti dalla Libia sono aumentati. Ma quella dello Stretto di Sicilia non è l’unica via che i profughi percorrono per raggiungere l’Europa.

Quella che passa per le coste libiche non è la sola tratta che i trafficanti di esseri umani sfruttano per far passare illegalmente il confine a decine di migliaia di profughi ogni anno. Le vie alternative passano per la Turchia verso i Balcani e dal Marocco verso la penisola Iberica. Se anche l’Europa riuscisse a bloccare con l’uso della forza le partenze dalla Libia, i migranti, in fuga da guerre e miseria, troverebbero altri modi per raggiungere il vecchio continente, riversandosi sulle altre rotte. Anche a rischio della vita.

La prima porta verso l’Europa: la via turca per i Balcani

Il confine tra Turchia e Grecia è formato in gran parte dal tortuoso corso del fiume Evros, uno dei più importanti corsi d’acqua della penisola Balcanica. Per molti profughi, in fuga dalle guerre mediorientali, poter superare questo corso d’acqua equivale alla speranza di un futuro migliore.
Oltre 50.000 persone ogni anno tentano di attraversare di notte le tumultuose acque dell’Evros: sono in maggioranza Afghani, ma anche nordafricani. Alcuni trovano la morte annegando nel tentativo di eludere la sorveglianza di Frontex. Il confine è infatti da tempo presidiato da un muro eretto dalla Grecia e controllato con l’ausilio delle più moderne tecnologie; anche la Bulgaria sta prendendo misure analoghe. I più fortunati eludono i controlli raggiungendo Istambul attraverso voli low cost dal nord Africa (complice lo scarso controllo turco sui visti) per poi incamminarsi verso il fiume.
L’unica frontiera terrestre tra l’Europa è il mondo arabo è stata negli anni la principale valvola di sfogo per i flussi migratori. Si calcola che più di un milione di profughi di varie nazionalità sia di passaggio in Turchia e la situazione è ulteriormente peggiorata con il vero e proprio esodo di siriani verso nord-ovest, in fuga dal caos provocato da oltre 3 anni di guerra.

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Campo profughi in Siria. Photo credit: Mustafa Khayat / Source / CC BY-ND

Se il flusso di persone attraverso l’Evros si è mantenuto costante negli anni, una nuova rotta è stata aperta dalle mafie locali per approfitare dell’emergenza siriana. I trafficanti hanno trasferito le loro attività sulla sponda sud della Turchia, come denuncia la prima uscita del videoreportage “Borderline, i muri d’Europa” su Internazionale. Dalla città di Mersin, tra il settembre 2014 e il gennaio 2015, sono partiti più di 5.000 migranti, imbarcati su navi cargo al costo di 6.000$ a persona. Facendo un rapido calcolo gli organizzatori si sono intascati oltre 30 milioni di dollari, e questo può dare un’idea di quanto sia redditizio per la malavita sfruttare le emergenze create ai danni delle popolazioni dalle guerre.
Le partenze si sono però interrotte negli ultimi mesi, grazie all’intensificazione dei controlli costieri da parte della polizia turca su sollecitazione del governo italiano. Chi era in attesa di un cargo da Mersin ora è in viaggio per trovare vie alternative per raggiungere l’Europa.

La seconda porta verso l’Europa: dal Marocco in Spagna

Altra frontiera, altro muro. Passare dal Marocco in Europa significa scavalcare non una, non due, ma una serie di ben tre recinzioni metalliche con filo spinato alte anche una decina di metri che isola l’enclave spagnola di Melilla. La gestione della pressione su questo confine da parte dalle polizia spagnola e marocchina ha fatto discutere per i brutali metodi di controllo della frontiera. Decine di profughi, provenienti dai paesi dell’Africa occidentale, sarebbero stati respinti seduta stante dalle forze dell’ordine senza che venisse data loro la possibilità di dimostrare di essere in possesso dei requisiti per la richiesta di asilo (violazione del diritto europeo). Per poter raggiungere in clandestinità la barriera di ingresso al territorio spagnolo i profughi sono disposti a pagare anche 20.000 euro per famiglia ai trafficanti, mentre i contrabbandieri sfruttano le donne marocchine per far passare ogni genere di merce oltre la barriera in cambio di misere mance.

L’alternativa è imbarcarsi dal punto più vicino tra il continente nero e la penisola iberica: lo Stretto di Gibilterra. Una traversata di certo pericolosa, su imbarcazioni fatiscenti, ma non lunga come quella dalla Libia verso l’Italia. Nel complesso quella che potremmo chiamare “via occidentale” viene usata in media ogni anno da più di 7.000 migranti, numero in crescita rispetto al 2010 a causa dello scoppiare delle primavere arabe e della crisi siriana.

La terza porta verso l’Europa: dalla Libia all’Italia

Su questa tratta si è scritto molto, si sono sprecati dati e studi sui numeri reali e presunti dell’esodo attraverso la Libia in direzione delle coste italiane. Le dimensioni assunte recentemente dal fenomeno possono essere riassunte da una manciata di cifre. Nel 2010 la via libica era al terzo posto tra quelle appena descritte, con appena 4.500 migranti sbarcati sulle nostre coste; nel giro di 4 anni, complici le primavere arabe e l’implosione del regime libico (che ha creato le condizioni di anarchia in cui prospera il traffico di esseri umani), il numero è passato a 170.000 (anno 2014). Il dato è destinato ad essere superato se per tutto il 2015 il ritmo di sbarchi sarà lo stesso dei primi mesi dell’anno (circa 30.000 persone sono arrivate in Italia).

Secondo un’inchiesta comparsa su L’Espresso e condotta da un team di giornalisti attraverso l’incrocio di più fonti di dati, circa 23.000 persone avrebbero trovato la morte nel tentativo di raggiungere l’Europa nei modi più diversi, più del doppio di quelli di ogni stima ufficiale. Sono i numeri di una guerra a pochi passi da noi.

I leader dei 28 paesi dell’UE si sono riuniti giovedì 23 aprile a Bruxelles per un Consiglio Europeo straordinario convocato dall’Italia per tentare di porre rimedio alla situazione di questa rotta. Le notizie che giungono dal summit, però, non sono confortanti e ancora una volta restituiscono l’immagine di un’Europa divisa sul da farsi, prigioniera dei veti incrociati che generano compromessi al ribasso non risolutivi. Il Premier inglese Cameron, a colloqui ancora da inizare, già mette le mani avanti: «Offriremo mezzi per l’operazione Triton, ma non accoglieremo rifugiati». Le operazioni europee Poseidon e Tritone ottengono finanziamenti mensili pari a quelli dell’operazione italiana “Mare Nostrum” (9,3 milioni di euro), ma il loro mandato rimane quello di pattuglia delle coste e non la ricerca e il salvataggio di migranti alla deriva. Si parla di un programma pilota per ospitare i nuovi arrivati tra i paesi UE che si offriranno di farlo, ma solo per 5.000 posti: un numero palesemente insufficiente a fronte del milione di siriani pronto a premere sulle frontiere europee nei prossimi 5 anni. L’Unione darà a Federica Mogherini, alto commissario per la politica estera e la sicurezza, un mandato per operazioni di polizia internazionale contro i trafficanti (che consisteranno nell’affondamento delle navi prima che vengano usate per il trasporto, sul modello dell’operazione anti-pirateria Atalanta), ma non è chiaro come queste misure verranno attuate per assicurare che non si verifichino incidenti che coinvolgano gli stessi migranti che l’Europa dice di voler salvare.

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Sbarco a Lampedusa. Photo credit: noborder network / Source / CC BY

Contraddizioni europee: accogliere e erigere muri

Sotto la pressione di milioni di persone alle frontiere, sotto attacco dai partiti populisti xenofobi, l’Europa si scopre oggi assediata da un problema che ha con insistenza rimandato o ignorato negli scorsi decenni, quello dei flussi migratori. Quanto succede oggi non è altro che il risultato di anni di ignavia delle istituzioni europee di fronte ai focolai di guerra scoppiati nel vicinato e nell’incapacità di dotarsi di una politica comune e di ampio respiro sull’immigrazione da essi generata. L’immigrazione è stata affrontata sempre come fenomeno stagionale e contrastata con soluzioni di breve periodo senza mai porre mano ad un ambizioso piano di lungo periodo che preveda la stabilizzazione delle aree di passaggio (per un maggiore controllo) e l’azione alla radice delle cause che spingono milioni di persone ad abbandonare le proprie case a pochi passi dall’Europa.

Questo è uno dei tanti paradossi della politica europea. Da una parte si fa paladina dei diritti di chi fugge da regimi autoritari e sanguinose guerre accogliendo i richiedenti asilo che ne hanno diritto. Dall’altra erige muri e stende filo spinato, favorendo indirettamente i trafficanti che dice di voler combattere. L’assenza di un’alternativa legale all’immigrazione clandestina, infatti, costringe chi avrebbe diritto ad entrare nell’area Schengen a diventare vittima del traffico di esseri umani e ad intraprendere viaggi letali tra le onde del Mediterraneo. I migranti sono disposti a tutto pur di raggiungere l’Europa perchè non hanno niente da perdere: arrestare le partenze dalla Libia con l’uso della forza senza affiancare questa azione con politiche più lungimiranti e una visione complessiva del fenomeno, sortirebbe lo stesso effetto di provare al fermare la corrente del fiume con una mano. Il flusso cercherà altre vie per proseguire il percorso, inesorabile. Solo affronando il problema alla fonte, organizzando il flusso e studiandolo nel suo insieme, sarà possibile assicurare un futuro al continente e salvare vite umane.

Tags:consiglio d'Europa,Immigrazione,Libia,siria,The Europe Justice,turchia Next post

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