Nella valanga di film che sono considerati CAPOLAVORI, Gioventù bruciata è il film della lotta contro il conformismo dei padri.
E sarebbe bello se qualcuno della nuova generazione, magari con qualche insegnante illuminato, potesse comprendere in maniera chiara e un po’ divulgativa a che punto stavano i giovani del 1955 e quanto avessero in comune con i giovani di oggi, se e in che misura la loro ribellione fu efficace e che proporzione giocano ancora in ambito politico e sociale nel quadro storico novecentesco della lotta per la libertà.
Se non sapete di cosa sto parlando, allora, guardatevi Gioventù bruciata, ovvero l’americano Rebel without a Cause, del 1955, e poi ritornate qui per parlare con me di questo film contro il Sistema, l’universo adulto e le convenzioni. Una pellicola che rimane il più inquietante ritratto sociologico di un progresso spirituale e mentale, ancora prima che politico.
E ovviamente, la ribellione per amore (perché loro si vogliono bene) di James Dean non poteva che entrare nel cuore di quelli adolescenti che, come lui, vivevano l’insoddisfazione di quegli anni.
Ma smembriamolo per capirlo meglio:
1. La storia. Mai prima di Gioventù bruciata lo scontro fra padri e figli aveva sofferto di così tanta incomunicabilità. Eppure, erano tanti i film già portati sullo schermo che cominciavano a trattare questa tematica, ma nessuno di questi aveva la stessa bruciante evidenza. La situazione storica era quella del secondo dopoguerra. C’era il benessere e c’era tanto conformismo e, con essi, anche la nascita di desideri superflui, di un cammino già tracciato da seguire, all’interno del quale, la nuova generazione proprio non ci si ritrovava. Per questo, si trasformarono tutti in ribelli senza ragione. A intuire il disagio del mondo collettivo giovanile (che sarebbe poi sfociato in giorni di pace e violenza proletaria contro la borghesia), fu il regista e sceneggiatore del film, Nicholas Ray, affascinato da un manoscritto dello psichiatra Robert M Lindner, che aveva raccolto la sua esperienza di terapeuta nel caso di un teppista diciasettenne. La Warner, che inviò il libro a Ray e lo mise in contatto con l’autore, lo stimolò a farne un film. Da lì, la sceneggiatura con alcune delle battute più commoventi che si possano ricordare: «Ehi, testone, perché l’hai fatto? Perché non mi hai dato retta? Aiutami, papà! Autami!». E tutto intorno all’ottimo soggetto, ruotano libri come il grande caso letterario Il giovane Holden o altre pellicole come I figli della violenza di Buñuel, Il selvaggio e Il seme della violenza.
2. James Dean o Jim Stark. Un attore e il ruolo che lo ha trasformato in un simbolo. Fu grazie a La valle dell’Eden di Elia Kazan che Nicholas Ray lo scoprì e rimase talmente folgorato dalla personalità di Dean che lo volle come protagonista. Ma i produttori fecero resistenza. A Dean preferivano Marlon Brando oppure Robert Wagner, Tab Hunter o John Kerr. Alla fine, la spuntò Ray, sostenuto dallo sceneggiatore Stewart Sterne e dal produttore esecutivo David Weisbart. Ray e Dean divennero amici ed ebbero un rapporto strettissimo che molti paragonarono a quello di un padre con il proprio figlio… o, secondo le malelingue hollywoodiane, a quello di due amanti. Malgrado i rumors, Ray coinvolse Dean in ogni delicatissima fase del film, favorendo la sua trasformazione nel personaggio. Alla fine delle riprese, l’attore era così attaccato a Ray che lasciò con riluttanza il set e solo con la promessa che lui e Ray avrebbero mangiato insieme in un ristorante aperto tutta la notte. All’alba, i due si salutarono, ripromettendosi di lavorare ancora insieme e presto. Ma Dean non mantenne la promessa. A pochi giorni dal successo di Gioventù bruciata, morì in un incidente d’auto. Era il 30 settembre e aveva appena finito di girare Il gigante.
3. La regia. Le riprese terminarono l’ultima settimana di maggio del 1955 e Ray sfrutto fino all’ultimo minuto tutta la sua esperienza per trasporre con la cinepresa la sua storia, portando allo spettatore la straordinarietà di un autore e tutta la sua controversia, nonché l’amore per il cinema, l’intellettualismo, il fascino per i personaggi solitari e destinati inequivocabilmente alla sconfitta, colta in ogni situazione. Un risultato talmente alto fin dalle riprese della prima settimana, visonata dai produttori che decisero di fargli ricominciare il film daccapo, ma stavolta a colori e in Cinemascope.
4. Natalie Wood. La bella del film, anche lei stregata da Ray. Innocente e già nevrotica. Come leggenda vuole.
5. Sal Mineo. L’altro co-protagonista. Quello buono e con il broncio. Quello che amò James Dean tanto quanto lo amava Jack Simmons, il segretario tuttofare omosessuale della star.
6. Dennis Hopper. Un giovane ragazzo che quasi passa inosservato nel film… Il futuro cattivissimo del cinema!
7. Musica, Leonard. Le musiche di Leonard Rosenman, anche lui accolto sul set dopo il commento musicale fatto in La valle dell’Eden. Era un grande amico di Dean.
8. La fotografia. Ernest Haller è l’artefice dei colori di questo fiammeggiante melodramma che seppe sfruttare in maniera strepitosa gli effetti cromatici. Tutti, grazie a lui, conoscono il giubbotto rosso di James Dean che divenne un oggetto simbolo dell’iconografia di questo attore.
9. La scena della corsa del coniglio. La più adrenalinica scena automobilistica del cinema. Il pericoloso duello che terminava in dirupo con le auto affiancate a far da corte e la ragazza eccitata che dava il via.
Fabio Secchi Frau