In questi giorni che precedono le Feste, vivo sentimenti contrastanti.
Sono felice ed eccitata mentre preparo la casa e studio un menù adatto alla lieta ricorrenza del Natale e contemporaneamente sento maggiormente la mancanza di chi non c’è più e vorrei tanto avere ancora intorno, a fianco, di fronte, mentre mi devo accontentare di averli semplicemente nel cuore.
È proprio in queste situazioni che adoro ricreare, anche in cucina, momenti che mi riportino indietro nel tempo e mi facciano rivivere il calore e gli affetti familiari di tanto tempo fa, per esempio con la pasta fatta in casa.
Oggi mi piacerebbe proprio vantarmi di aver preparato (senza l’aiuto del KitchenAid e della macchina per la pasta Imperia) questo stuolo di lasagnette, tagliatelle e tagliolini rigorosamente impastato a mano e tirato col mattarello, ma il merito è della Giulietta.
Le matassine di pasta che vedete sul tavolo, le ottiene con una tecnica geniale e semplicissima: arrotola con la punta delle dita all’interno di una coppetta da macedonia una collaudata quantità di pasta appena tagliata e poi la capovolge sulla tovaglia per farla asciugare. Questa è esattamente una porzione.
Io mi limiterò a cucinare un sugo di piselli per le lasagnette, magari uno di funghi per le tagliatelle e uno di fegatini per i tagliolini.
Li sto chiamando “tagliolini” per rispetto dei non Veneti che mi stanno seguendo, ma quest’ultimo piatto, particolare e tradizionale quanto la pearà, si chiama a Verona: “paparèle in brodo coi figadìni” ed è un classico della domenica e delle Feste in generale.
Io la ricetta ve la do. Magari, se pensate possa non piacervi, tenetela in considerazione solo come curiosità.
Se invece amate per esempio il paté di fegatini, provatela, che poi ne parliamo.
Si affetta molto sottilmente una cipolla bianca e si fa soffriggere nel burro con 2-3 foglie di salvia intere.
Appena appassisce e diventa dorata, si aggiungono 300 gr di fegatini di pollo, privati del grasso e del sacchettino del fiele, lavati e tagliati a pezzettini.
Si salano, si insaporiscono con un giro di pepe bianco macinato al momento e si portano a cottura mescolando di tanto in tanto.
Nel frattempo si porta a ebollizione 1 litro e 1/2 di ottimo brodo di carne e si versano 300 gr di tagliolini, che cuoceranno in un attimo.
Si trasferiscono le “paparèle in brodo” in una zuppiera, si aggiungono i “figadìni” e si porta in tavola con una formaggiera colma di grana grattugiato.
Questo era invariabilmente il primo piatto domenicale della mia infanzia, diventato ormai una di quelle rare specialità che si mangiano nei classici ristoranti di vecchia tradizione perché quasi nessuno ormai le cucina più.
Salvo forse la Giulietta e la Silva.
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