Quello sparuto gruppo di persone che segue il mio blog, si sarà chiesto: ma che fine hai fatto?
Sono parecchi mesi che non pubblico e non scrivo. Ho tentennato parecchio prima di riprendere in mano la tastiera e ricominciare a scrivere. Ricominciare forse in maniera diversa, o forse chiudere definitivamente il blog. Boh, non so ancora cosa fare. Forse, rinnovarsi. Credere nell’impossibile! Ma a me non va più di fare dolci, ora non mi interessa. Dopo la morte di mia madre, complice dei miei esperimenti in cucina, tutto è mutato ed ho ragionato molto su cosa fare di me e di tutto quello che avevo creato in precedenza. Mi ricordo che mia madre era contraria alla mia scelta professionale di lavorare in una cucina/laboratorio. Volevo reinventarmi, dopo l’ennesimo contratto precario finito male, ma non ci sono riuscita, vuoi per scazzo generale, vuoi per aver capito che forse non ho tutta questa passione per la pasticceria. Mia madre, si preoccupava di quante ore passassi ad immergere le mani in acqua fredda o a lavare pavimenti luridi, temeva la mia artrosi futura più di ogni altra cosa. Le spiegavo che, faceva parte del tirocinio per reinserirmi nel mondo del lavoro. Già, la parola “reinserimento”, è abbastanza inquietante, riporta un po’ alla memoria il tizio che ha scontato una pena di qualche anno in galera e poi uscendo vuole lavorare e condurre una vita normale, perché ha capito di aver sbagliato. Ma io non ho mai ammazzato nessuno, né ho rubato o scippato una vecchietta. La mia pena è stata: lavorare per le agenzie interinali. Ho scontato 15 anni di precariato selvaggio. Dove impiegate indottrinate a fare le stronze, mi proponevano contrattati di pochi giorni o di qualche mese. Il tutto è durato 15 anni. Ma valà, ho sempre lavorato, valà! Azzo, se mi è andata bene! Tutti lo dicevano che dovevo ritenermi fortunata. Tutto sommato, lo sono stata, fortunata, più di tanti ragazzi che oggi hanno contratti di una giornata e poi non lavorano per mesi. Tanto vale fare la casalinga a vita e cucinare manicaretti per tuo marito, almeno non sei sfruttata, perché il giorno che vai fuori di testa e non ti va di cucinare, tuo marito si preoccupa. Il capo, ti licenzia!
Tra un contratto precario e l’altro, facevo anche delle prove per verificare se c’era la possibilità per crearmi una attività parallela, che potesse poi diventare una professione futura. Mi misi in testa di fare la truccatrice. Così dopo il lavoro “tradizionale”, scappavo a truccare alle sfilate di Alta Roma fino a notte fonda. Non ho mai visto una lira in 3 anni di lavoretti, mai. Se vi dico mai, è mai. C’è uno sfruttamento di manodopera nell’ambito delle sfilate di moda da fare schifo. Ero talmente demotivata che chiusi i pennelli in un cassetto e anche quella esperienza mi andò di traverso. Il problema degli outsider come me, che vogliono fare le cose per conto loro, è che non te lo permettono e tendono tutti, e dico tutti a metterti i bastoni tra le ruote e soprattutto non vogliono pagare il tuo lavoro, e questo mi fa molto innervosire e mi rende terribilmente aggressiva. Non è presente sul mio vocabolario la parola: non pagare. Per me chi lavora deve sempre essere ricompensato.
La seconda chance che mi ero data, consisteva nell’entrare nel favoloso mondo della pasticceria romana, non capendo bene cosa stessi facendo, erano con me complici inconsapevoli l’intero staff dei Centri Orientamento. Anche loro ostaggi di un sottobosco di commercianti, più dediti al malaffare che ad assumere personale in regola e con i contributi versati. Parlare ancora di quella esperienza mi sembra veramente penoso, tant’è che non ho nemmeno insistito a fare domanda a Eataly visto che uno dei loro impiegati mi diceva che li assumono solo per un mese e poi giù di turn over! Altro che 250 posti di lavoro tanto propagandati sui giornali e TV, certo, tutti precari!
E poi c’è la terza chance che mi vorrei dare, ma non so ancora quale sia. La mia vita è come la pagina del libro che si ferma sempre alla premessa.
I gusti in fatto di dolci sono cambiati. Siamo diventati macarons dipendenti, oppure ci facciamo infinocchiare da esotici sapori, che non sono altro che aromi studiati da una industria alimentare che si insinua prima nel nostro palato e poi nella nostra testa. Mettiamoci anche che la crisi economica, e le diete hanno portato una sorta di revival dei mignon, le pastarelle di 100 g. sono in via di estinzione, vorrei promuovere una petizione per la loro conservazione . Poi c’è uno sbocciare frenetico e dirompente di blog culinari. Anche il mio, nonostante non sia mai aggiornato è frequentemente visitato. I dolci casalinghi sono il vero affare per le aziende che vogliono “collaborare” con i foodblogger. Tempo fa, avevo scritto la mia riguardo alle collaborazioni con le multinazionali. A me francamente fanno ridere le blogger che si accontentano di due pacchi di farina e poi non esitano a pubblicare il banner della tale azienda leader sul loro blog, che avrà un ritorno economico fiorente, anche grazie alla scema di turno che gli presta la pagina. Se le dovessi fare io, non mi accontenterei di due pacchi di farina o della formina per fare le uova di pasqua, ma vorrei del denaro sonante, e capire soprattutto perché il mio blog deve essere il loro veicolo pubblicitario. Allora significa che la gente mi legge ed ho una buona reputazione. Voglio essere pagata , altrimenti preferisco rimanere la casalinga che si scrive due cazzate per auto celebrarsi o per spadellare l’ennesimo esperimentuccio culinario. Costretta a fare la casalinga mi reinvento foodblogger, però voglio contare. Chissenefrega della gloria o dell’apparizione estemporanea su Sky a fare la torta Gauguin! Me dovete pagaaaaaaaà!
Pensate. Ho trovato una farina eccezionale in Abruzzo. Non vi dirò chi è la ditta. Vi posso garantire che è una delle farine migliori che abbia mai provato. Vengono degli impasti perfetti, fragranti e soprattutto digeribili. Dobbiamo imparare tutte/i che qua non siamo a fare il pubblico. Siamo tutti noi la rete e dobbiamo metterci in testa che il nostro lavoro deve essere “ricompensato” in maniera adeguata. Di casalinghe ora ce ne sono tante in Italia. Con tutte le società che hanno delocalizzato o chiuso, la casalinga ormai è un mestiere imposto alle donne, una volta si sceglieva di rimanere a casa a crescere figli. Sembrava la massima realizzazione per una donna, ma oggi è una sconfitta. Oggi siamo nevrotiche perchè la società ci impone di rimanere a casa, non ci da alcuna possibilità di elevarci se lo vogliamo. Un vero stato di polizia che impone punizioni e sottomissioni. Eppure, siamo noi casalinghe il vero tesoro italiano. Pensate. Se mettessimo un esercito di casalinghe al parlamento, sarebbero capaci di risanare un intero paese al collasso. Donne casalinghe, capaci di creare con gli avanzi dei pranzi luculliani. I nostri politici invece, ci hanno lasciato le ossa….
Non spariamo sulle casalinghe….
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