non tutte [...]

Da Suddegenere

…E così siamo a settembre. Avrei tanta voglia di scrivere di questi ultimi mesi, di un’estate incasinata, trascorsa per lo più assieme a donne incasinate (potrebbe venirne fuori un libro, pieno di umorismo e dramma oltreché privo di stereotipi abusati e giudizi cristallizzati su donne/calabresi); dei libri che ho letto (19 in due mesi, manco fosse un lavoro, che botta di @# e che insonnia); della lavanda che ho rubato in un campo a Savelli e del cane messo a guardia che mi ha sgamata; delle cose che ho da fare per me stessa e la mia salute (mentale e non); dell’enorme magone che mi provoca la partenza del fratellone in quel di Milano; ma sinceramente l’ora è tarda e questa chicca ci sta bene con il mio umore:

Traduzione di Andrea Morgione (il fratellone) da the feminist wire

<< Non tutte le donne Nere.

 Grassa? No. Sei troppo poco in salute.

Povera? Macché. Non sai come gestire i tuoi soldi.

Di carnagione chiara e dotata del coraggio di dire qualcosa sul malessere dell’ambiguità? No: una tragica mulatta, che piagnucola come una stanca, gialla sirena.

Di carnagione scura e dotata del coraggio di dire qualcosa sul malessere dell’emarginazione? No. Sei amara, come il cacao nero. Sei solo troppo insicura.

Mamma adolescente? Nein. Prendi decisioni sbagliate. E non ti sai controllare.

A volte hai fatto uno spogliarello o avuto un rapporto sessuale per denaro? Cazzate. Sei una troia immorale che sta affossando la razza, come un cacciatore di dote butta giù un pilastro della comunità.

Cresciuta da una madre single? Decisamente no. Problemi col padre.

Vittima di violenza domestica? Mmmm, no. Sei debole e decisamente non un modello per nessuno. Avresti dovuto prenderlo a calci in culo o non esserti invischiata con qualcuno che SAPEVI avrebbe abusato di te.

Maschiaccia/mascolina/virile? E che diavolo, no. Fai pensare a tutti che le donne di colore non possono essere femminee o delicate e che ammazzeremo di botte qualunque uomo ci guardi storto.

Gay? No. Bibbia.

Disabile. Poveraccia. Cosa potresti avere mai da dire che riguarda in qualche modo noi donne di colore con tutto il corpo in ordine?

Transessuale? Come ti permetti a darti della donna nera? Sei confusa.

Stuprata? Silenzio. Qualunque cosa ti sia successa, probabilmente te la sei cercata. Dovresti andare a cercare aiuto e tenerti lontano dal resto di noi finché non ti sei rimessa in sesto.

No. Non tutte le donne nere sperimentano traumi, dolore o abusi. Non tutte le donne nere sono povere o non educate o sono rimaste incinta da adolescenti. Non tutte le donne nere sono grasse o mascoline o gay. Non tutte le donne di colore hanno la carnagione più chiara o più scura. Non tutte le donne nere usano i loro corpi per tirare avanti o fare soldi. Non tutte le donne nere sono disabili. Non tutte le donne nere sono transessuali.

Ma alcune di noi lo fanno e alcune di noi lo sono. Alcune di noi rappresentano la maggioranza di quella lista soprastante, tutt’altro che esaustiva.

Non siamo il tipo di donne che viene fotografata alle letture di poesia o ai concerti di musica indie. No, non tutte le donne nere rappresentano l’ideale visivo di ciò che significa essere nere e donne, che siano mainstream o trasgressive, pop o alternative, con le trecce o l’afro.

Alcune di noi semplicemente non rispettano lo standard. Certo, le politiche di rispettabilità sono in gioco qui. Non importa quanto pensiamo di sapere sull’insidiosità del razzismo, abbiamo ancora la speranza che se siamo abbastanza furbe, abbastanza carine, abbastanza ricche, abbastanza capaci, abbastanza femmine, abbastanza talentuose, abbastanza educate, abbastanza eleganti, religiose, rispettose delle leggi e, si, abbastanza rispettabili, possiamo far si che un sistema di pensiero che è letteralmente il fondamento del nostro paese… sparisca. Ed è per questo che abbiamo così tanta fede nella rappresentazione. Pensiamo che se le “giuste” immagini e i giusti racconti del nostro essere nere vengono messi in circolazione, allora proveremo finalmente la nostra umanità e il nostro diritto a essere trattate equamente e con giustizia.

Ciò che abbiamo dimenticato è che l’umanità è, per la sua stessa natura, complicata. Abbiamo dimenticato che i racconti non sono mai semplici e perfino le più perfette tra di noi hanno delle pecche, sono guastate da qualche piccola ruga, prone a prendere improvvise svolte a sinistra e ad allontanarsi dal percorso, anche se questo è preparato con perizia.

In un mondo dove il 40-60% delle donne nere saranno stuprate prima dei 18 anni  eppure solo una su 10 lo denuncerà e rappresentano ancora il minor ammontare di condanne di coloro che denunciano tra tutti i gruppi etnici, scommetterei che la visibilità è più importante per le donne nere, per tutte le donne nere, di quanto non lo sia la rappresentazione. Non è mai stato condotto uno studio ufficiale sulla violenza contro le transessuali nere. Né uno studio onnicomprensivo sulla violenza contro le donne nere in generale, fatti salvi un paio condotti da piccole associazioni no-profit senza molte risorse. Quando decidiamo di mettere in luce solo certe sorelle, quando scegliamo la rispettabilità invece della realtà, quando scegliamo di costringere le sorelle a tenere la bocca chiusa sulla loro sessualità, la loro identità di genere, il loro peso, gli abusi che potrebbero aver subito, anche le scelte sbagliate, stiamo negando l’umanità delle donne nere. Lo stanco cliché che ci vorrebbe tutte come donne nere casa e chiesa, forti, buone solo per fare distinte segretarie, madri e gnocche innocue che non reagiscono mai è un qualcosa che noi stesse dobbiamo distruggere.

È tempo per noi di ammettere che alcune di noi potrebbero non essere forti o religiose, eleganti o buone madri, non essere capaci di non reagire oppure decidere di non farlo. È tempo che noi lo ammettiamo e supportiamo le sorelle che non rispettano i canoni che noi consideriamo validi. È tempo che le donne nere riconoscano che ci capitano cose cattive che non sempre sono colpa nostra. È tempo per noi di capire che non tutte sono capaci di fare scelte giuste tutto il tempo e che c’è vita, così tanta vita, dopo una scelta sbagliata. È tempo per noi di voltarci verso questo insidioso sistema e pretendere che la smetta di essere così duro contro di noi. Molte di noi sono forti. Molte di noi tengono insieme la chiesa, le nostre famiglie, i nostri vicini, le scuole, gli ospedali e tante, tante altre istituzioni. Molte di noi sono persone di successo e hanno garanzie sui loro giochi finanziari. Molte di noi sono in salute, in forma e belle. Molte di noi hanno aspettato prima di avere un bambino. Molte di noi sono sposate o impegnate in relazioni amorevoli e a lungo termine che non sono costellate di abusi o disfunzioni. Molte di noi sono eterosessuali o grossomodo tali e non hanno mai dovuto negoziare una divisione tra le nostre realtà biologiche e quelle psicologiche. Molte di noi sono educatrici, artiste, scrittrici, scienziate, ingegnere, dottoresse, avvocatesse realizzate, e molto di più. Molte di noi sono proprio l’archetipo di ciò che noi pensiamo dovrebbe rappresentare le donne nere, ma non tutte noi. Non tutte le donne nere, ma siamo qui e così sono qui i nostri complicati, incasinati, imbarazzanti o rappresentativi racconti. Siamo qui e anche noi importiamo.

#notallblackwomen

Nikki Patin scrive da oltre due decadi. Ha insegnato in migliaia di corsi di performance poetica, immagine del corpo, prevenzione dallo stupro e problemi di carattere LGBT. La Patin ha recitato, insegnato e fatto discorsi in scuole elementari, licei, college e università come l’Università di Chicago, la Scuola di Psicologia di Adler, la Northwestern University, la Nancy B. Jefferson High School (che si trova nel centro di detenzione giovanile temporaneo della contea di Cook), l’università del Michigan, l’università del Wisconsin-Madison e molte altre. La Patin ha partecipato alla quarta stagione della jam di poesia HBO “Def Poetry”, è stata votata prima fra le trenta personalità LGBT più influenti a Chicago dal Windy City Times e ha ricevuto la medaglia d’oro nella tenzone poetica LGBT del 2006 ai Gay Games International. La Patin è stata votata come “migliore performer di spicco” del Dunedin Fringe Festival mentre guidava un tour del suo one-woman-show “The Phat Grrrl Revolution”  attraverso la Nuova Zelanda e l’Australia. Ha pubblicato diversi tascabili, una collezione di scritti e disegni di grandi dimensioni, due EP e un album completo intitolato “Bedroom Empire”. La Patin ha creato e supervisiona www.nikkipatin.com e www.phatgrrrlrevolution.com. È la creatrice di Surviving the Mic ( www.survivingthemic.org), un’organizzazione dedicata alla creazione di spazio sicuro per la realizzazione e il racconto di storie di sopravvissuti a ogni tipo di trauma, con un focus particolare sui sopravvissuti identificati neri-e di sesso femminile-a violenze sessuali e domestiche che si identificano anche come scrittrici recitanti. Nikki Patin è una dottoranda MFA (Master of Fine Arts, NdT) in Non-Fiction Creativa dello Stonecoast MFA Program, all’università del Southern Maine.


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