E’ su tutti i i giornali, la notizia è sicuramente imperdibile, soprattutto sul web: Piermario Morosini, giocatore del Livorno è morto ieri in campo, stroncato probabilmente da un infarto. Si discute sulle cause, si mostrano i video, le fotosequenze del momento della morte, si leggono articoli, pagine intere di giornali, altri sportivi dedicano le vittorie di questo week end a lui, altri lo ricordano soltanto, probabilmente senza averne mai sentito parlare prima; i giornali seguiranno con telecamere i funerali, il dolore della famiglia e se fosse possibile probabilmente andrebbero perfino all’obitorio per mostrarne le immagini. Nessuno mette in dubbio la gravità dell’accaduto, che apre come sempre interrogativi sul doping, sulla pressione e sul carico fisico a cui sono sottoposti cerchi giocatori di alto livello e non; un ragazzo non può, non deve morire in campo mentre sta facendo sport, la notizia ci lascia tutti perplessi e senza fiato.
Quello su cui mi piacerebbe porre l’accento è la strumentalizzazione fatta dai media sulla morte del calciotore: foto, video, tweet, facebook, immagini, clip, ricordi…tutto a scapito del payperclick, a scapito dei contatti generati e ancora una volta la macchina del calcio dimostra la sua insensibilità, la mancanza di rispetto verso la famiglia, la moglie, i figli. Sì perchè non tutti i morti vendono e conquistano le prime pagine dei giornali; basti pensare a Igor Bovolenta, giocatore della Nazionale Azzurra di Pallavolo, stroncato per un infarto 1 mese fa mentre giocava con la maglia del Forlì. Si parla di un giocatore di Serie A, un giocatore che ha condiviso numerose vittorie con i suoi compagni di squadra, con la maglia azzurra e con le tante indossate negli anni; eppure la notizia non ha suscito il clamore generato dalla morte di Morosini, non ha generato i tweet e non ha fatto il giro del mondo come quella del giocatore livornese.
Tra qualche giorno si celebrerà lo schianto del Grande Torino, avvenuto il 4 maggio del 1949. Una squadra intera morta in un incidente aereo, sulle colline della capitale sabauda: un dramma sicuramente, che ancora oggi viene vissuto con commozione da chi c’era e da chi l’ha sempre e solo letto tutti gli anni sui giornali…e sicuramente anche in questo caso, c’è chi ancora oggi, dopo 63 anni, riesce a conquistare qualche click sulle ormai anacronistiche vittime.