Nell’ultimo numero di “Io donna” trovo un articolo di Emanuela Zuccalàa proposito di una “novità sociologica” che ci riguarda. Per la prima volta, infatti, si trovano a convivere tre generazioni di donne: “le figlie adolescenti, le madri quaranta-cinquantenni, le nonne dai sessant’anni in su”.
L’ OCSE fornisce dati che fanno riflettere. La durata media della vita femminile è arrivata a 83 anni, aumentando di sei nel periodo 1983- 2008. Le madri lavorano al 46%, contro il 25% del 1961. Le figlie soverchiano i fratelli negli studi superiori (il 56% delle iscrizioni all’università è al femminile), ormai anche nell’indirizzo scientifico.
E così argomenta la sociologa Chiara Saraceno: “ La coabitazione di tre generazioni nello stesso spazio temporale comporta una trasmissione di saperi che non è più dall’alto in basso, bensì reciproca. Le nonne di oggi non sono più ferme al loro tempo (grassetto mio!): non guardano le nipoti alla luce di com’erano loro, ma sono testimoni del cambiamento. Hanno attraversato le stagioni del divorzio e dei dibattiti politici, incoraggiando le figlie a studiare e vivendo l’ingresso femminile nel mondo del lavoro. E’ il bello dell’allungamento della vita: co-sperimentarsi in ruoli diversi e fasi dell’esistenza marcati da mutamenti importanti.”
Penso che molte di noi si riconoscano in questa esposizione.Occorre poi prendere atto, ci informa più avanti l’articolo, che se i bambini italiani continuano ad assere affidati ai nonni (il 64,4%), per cui la relazione con la madre rimane fondamentale per la mamma lavoratrice, spesso le nonne attuali lavorano e/o hanno progetti propri. Le figlie trovano in loro saldi baluardi affettivi, specialmente quando i matrimoni “scoppiano”, ma debbono anche organizzarsi in proprio.
D’altra parte le trenta-quarantenni d’oggi sono diverse dalle loro madri, “figure ingombranti con un passato di battaglie emancipatorie”. Spesso, scrive Silvia Vegetti Finzi (Nuovi nonni per nuovi nipoti). “ non sono più (…) orientate ossessivamente alla carriera: (…) scelgono il part-time per conciliare lavoro e famiglia, e cercano consigli su come crescere i figli dalle coetanee e non dalle madri, amate ma non più seguite”. Avrà ragione? Occorrerebbe qualche dato.
Ed eccoci alla parte più interessante dell’articolo (sempre Vegetti-Finzi): “ Sono invece le adolescenti a sentirsi vicine a queste nonne ex sessantottine, combattive come loro, tese alla carriera, con scarse aspettative verso famiglia e figli”. Forse a queste ragazze tocca metterle in secondo piano le aspettative familiari, tanto dura e incerta appare la loro strada. Quanto la nostra, seppure per tutt’altre ragioni. Ma molte sono davvero brave e motivate: ce la faranno… Mi viene da deplorare la mancanza di nipoti femmine!
Insomma, “una donna di cinquant’anni fa – ragiona la sociologa Barbara Poggio – aveva più chiaro quale fosse il suo modello di figlia, di madre o di nonna. Oggi i modelli mediatici scompaginano le carte (…) E’ un sistema politeistico…”
E in conclusione, chi sembra star peggio è proprio la generazione delle madri, le nostre figliole: “disorientate: schiacciate dalla responsabilità verso i figli che loro stesse hanno responsabilizzato poco, e dall’assistenza ai genitori anziani.” in effetti è così per parecchie, basta guardarsi attorno…
Molti i problemi aperti… La lusinghiera “sottolineatura” del nostro ruolo mi spinge comunque a rammentare a tutte noi quanto possiamo moralmente concorrere al sostegno delle nipoti, Abbiamo poi il dovere di alleggerire il carico delle figlie mantenendoci attive e sane più a lungo possibile.
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