Questa piccola dignitosa società, per metà contadina e per metà comunale, nella quale ognuno, dotto o ignorante, artigiano o bracciante, teneva al proprio posto, trovò espressione nel teatro dell'Accademia dei Rassicurati.
[...] Un paese di nemmeno mille anime aveva dunque un teatro - seppure minuscolo - tutto suo, con doppio ordine di palchi, belle decorazioni floreali, illuminato a giorno nelle sere di gala da grandi doppieri.
[...] Nella platea le contadinotte - portate a teatro dai mariti o dai fidanzati in vena di galanterie, sul carro pigramete trainato dai buoi, in un viaggio che allungava la festa - , nei palchi, le belle paesane, agghindate e infustite, a scambiarsi i saluti e invidiosi complimenti, quasi che non si fossero viste da chissà quanto tempo, mentre abitavano porta a porta.
Qualche bella forestiera, con il "décolletè" più audace, fissata dal dottorino, appena tornato da Pisa, attraverso il binocolo, anche se la distanza era di soli sei metri,. Sull'onda della musica, le confidenze, le tenerezze, le "furtive lacrime", l'audace confessione di "quell'amor, di quell'amor ch'è palpito" , ma anche il rimpianto per la patria "sì bella e perduta", il formarsi di una coscienza civile e laica, mentre si preparava e attuava il risorgimento.
Teatro che era, insieme, scuola e salotto, dove si davano, per carnevale, feste e veglioni, durante i quali il partecipare alla comune allegria era una sorte di cortese dovere.
( Nori Andreini Galli, Il Teatro dei Rassicurati di Montecarlo )