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Nostalgia della nostalgia

Creato il 24 giugno 2011 da Robomana
Nostalgia della nostalgiaA proposito di nostalgia, di vintage, di revival da decenni passati, argomenti di cui si parla molto in questo periodo – lo faceva Repubblica sabato scorso e lo sta facendo il film dell’estate americana, Super 8 di J.J. Abrams – tanto per farsi un’idea di quanto, non da oggi, il discorso sia diventato collettivo e mercificato un film come Paul di Greg Mottola è perfetto. Racconta di due nerd inglesi in vacanza negli Usa per visitare i luoghi delle apparizioni di UFO, che naturalmente incontrarno un alieno e ne diventano compagni di viaggio. Non un alieno qualsiasi, ma quello che si vede qui a fianco, quello (si dice) ritrovato negli anni ’60 nell’Area 51 e diventato un’icona della modernità (che ora naturalmente è un’icona vintage). Paul è una commedia gentile e svaccata, un viaggio fantastico, una parodia, una presa per il culo di se stessi, di chi, cresciuto o arrivato alla giovinezza negli anni ’80, di quel decennio ricorda il ricordo, elabora una nostalgia di seconda mano, perché già allora il cinema che oggi rimpiangiamo – quello di Spielberg, di Lucas, dei Gremlisn, dei Goonies, di Corto circuito, di Ritorno al futuro – era già la nostalgia di decenni anteriori. E Mottola, che in precedenza ha diretto anche Suxbad e Adventureland, uno riproposizione non così stupida delle gag alla Porky’s e l’altro ambientato in un parco giochi proprio negli anni ’80, ci va a nozze con questa nostalgia della nostalgia, con questa tipica strategia da cultura pop, che risale continuamente alle proprie origini come se nel frattempo non fosse arrivata da nessuna parte e non fa altro che costruire nuovi discorsi intessuti di vecchi rimandi.
Pensiamo a cosa potrebbe a sua volta pensare uno spettatore nato a inizio anni ’90 di fronte a un film come Paul? Dovrebbe forse ridere delle facce di Paul, l'alieno dell'Area 51 in fuga dai servizi segreti, mentre imita Predator o raccontare delle sue consulenze a Spielberg per E.T. o agli autori di X Files? O dovrebbe forse sospirare di piacere quando scopre che il capo degli 007 è proprio lei, Sigourney Weaver, ché di caccia agli alieni ne ha sempre saputo più di tutti?
Probabilmente resterebbe impassibile, incapace di ricollegare scene, personaggi, battute, atmosfere – tutto insomma – al loro sottotesto evidente ma non necessariamente riconoscibile. Eppure, se anche succedesse la cosa non avrebbe peso. Perché ormai questo tipo di nostalgia mediale è la norma, anzi è il discorso principale della cultura di massa al suo stato minimo. E un film come Paul viene infatti prodotto, girato e distribuito perché si sa che qualcuno capirà, che nessuno lo scambierà per quello che non è – un film di fantascienza – e che bene o male tutti ne coglieranno l’ironia.
Ha dunque ragione Emiliano Morreale quando nel suo L’invenzione della nostalgia scrive che:
“più le merci e i media sono nuovi e richiedono il nostro adattamento (si potrebbe dire: la nostra mutazione), più si vestono di panni oscuramente familiari, che sono per lo più quelli dei loro antenati, dei media e delle merci di decenni prima. E non è necessario che, per suonare “familiari”, si rifacciano a periodi che gli spettatori e i consumatori abbiano davvero conosciuto di persona.

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COMMENTI (1)

Da Hytok
Inviato il 24 giugno a 22:01
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Non sono affatto d'accordo col postulato di Morreale. E' vero che certe cose come X-Files sono indimenticabili, ma solo perchè oggettivamente di qualità altissima. Così come non si tituba affatto quando si riconosce siddetta qualità in qualcosa di nuovo: qualcuno ha visto Sons of Anarchy?