"Oh, oh-oh,
life can be cruel.
Life in Tokio"
- Japan -
- I -
Sbertucciare la televisione - oggi come oggi - e' un po' come schiacciare noci
con la pressa e meravigliarsi, a operazione compiuta, che non e' rimasto
granché da mettere sotto ai denti. A dire: tanta e' la divaricazione che alla
fine si crea tra le leve (linguistiche/tecnologiche) disponibili - tra l'altro
in perenne mutamento - e il campo di applicazione su cui quelle leve esercitano
le proprie sollecitazioni (un 'medium' piuttosto in la' con l'età; assai
ridimensionato nel suo ruolo d'interprete principe del "villaggio globale",
quindi esposto pressoché senza riparo alle antinomie inerenti il suo uso
proverbialmente passivo, oramai, si potrebbe dire, al limite della deprivazione
sensoriale).
Tenuto conto (e da parte) il giardino (quasi tutto) fiorito delle Serie-ad-
episodi che - fatti salvi i gusti di ognuno - spesso e volentieri hanno
rivaleggiato (e tuttora rivaleggiano) col Cinema, se non persino anticipano
talune idee, soluzìoni formali e punti di fuga che fino "all'altro ieri" erano
ad esclusivo appannaggio della di lui creatività, e un certo numero di
programmi molto caratterizzati, in specie quelli di stampo documentaristico,
musicale, genericamente "artistico" e storico, la TV comincia, e pare davvero
una tendenza inarrestabile, a patire sul serio gli effetti sul lungo periodo di
ciò che in origine era, per il modo stesso in cui predisponeva la fruizione,
uno dei suoi punti di forza, ovverosia la fidelizzazione fondata sull'uguale o
sul pressoché tale: intrattenimento e informazìone, per lo più, a passarsi il
testimone e a darsi senza posa di gomito, in un sempre più inebetito
andirivieni via via ridotto a sinistro "autismo comunicativo", capace di
crescere su se stesso e ripetersi senza la minima variazione di forma, di
ritmo, di contenuto. Ora, con ogni evidenza, tutto ciò non e' più possibile. La
frantumazione dei palinsesti, infatti, resasi necessaria per venire incontro
alle esigenze di un pubblico allo stesso tempo insoddisfatto - quindi ondivago
- eppero' anche, di media, più curioso e informato, ovvero sempre più incline a
ritagliarsi intervalli specifici di "visione personalizzata", ha man mano eroso
quella prassi cristallizzata dai decenni (e da uno spaventoso ristagno
culturale, ancora ben lungi dall'aver trovato sbocchi certi e risolutivi)
centrata su una programmazione "generalista" ad oltranza, la quale, oltre a
risultare nell'attualità anacronistica, non e' più riuscita a non stridere coi
numeri - grandi e piccoli, nonché sistematicamente rilevati - manco a dirlo
impietosi al momento di evidenziare le manchevolezze di una qualunque strategia
controproducente.
Proprio in tale senso - ed anche in relazione alle direttrici di fondo fino
qui in breve riepilogate - spicca di una sua meritoria "necessita'" lo
slancio/impegno profuso da una delle tante costole del cosiddetto Servizio
Pubblico - qui RAI 4 - nel continuare a proporre all'interno di un ciclo
cinematografico (l'altrove già ricordato "Missione Estremo Oriente"), tutta una
serie di opere, quasi sempre recenti e recentissime, appartenenti a varie
filmografie - Hong Kong, Corea (Nord/Sud), Cina, Giappone, Thailandia, et. - la
cui diffusione dalle nostre parti (non considerando la vetrina speciale di
grandi appuntamenti internazionali o quell''unicum' che e' il "Far East
Festival" di Udine) può dirsi episodica se non nulla.
- parte prima -
TFK
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