Che a me viene da chiedermi che guerra le parole possano ancora combattere in questa mala-terra. Perchè tutto qui sta alla radice del conflitto. Ma quale è il senso della lotta se non assaporarne la tregua. Macerie emotive ovunque in quest’ottimo lavoro di Enza Armiento, ma non macerie annunciate come se le parole fossero anticipo sulla desolazione che l’occhio raccoglie molto prima del foglio.
“il vero è nel fondo che si posa” non in quello che si pesa se nel testo ci fosse una sola esplicita domanda, questa sarebbe la sola possibile risposta, per dire che non basta nessun momento si abbia in testa. Da questo nasce il dire, da questa mancanza che non è mai abbastanza, anche quando cala come un’ombra e quell’ombra ci imapura e ci espone come carne “da case messe a gabbia”.
di Alessandro Assiri
Alcuni testi da Terra Mala:
Piegati in due sotto la bocca di un escavatore
vecchi dalla pelle arsa dal sole
ogni tanto alzano lo sguardo al cielo e la mano sulla fronte
ingoiano bava e sudore a soddisfare sete
Uno è saltato stamattina
ha portato con se i suoi frammenti, in aria
che come semi nella terra
caduti si sono conficcati, eppure
l’area era stata bonificata, così il Signor dollari aveva detto
andate sicuri i lavori possono partire
solo un colpo di tosse da una bomba si è levato
quando è partito come una mongolfiera panoramica
l’ho visto un poco nel cielo veleggiare
Gli altri a sera sono tornati
al campo per i trenta soldi e il lavoro da completare
una pista di cemento per uccelli invisibili di fuoco
porteranno pace, hanno detto
Se solo tu vedessi come si aprono le braccia
quando la morte arriva per un fragore
se guardassi in volto tutti i diavoli stanchi del proprio peccato
di essere mercenari e morti mentre bestemmiano e gorgogliano
ogni amore sputano dai polmoni a secchi d’odio
se solo tu ascoltassi come le loro vene più non si gonfiano per una donna
ma scorrono nell’acido incurabile della loro maledizione
non diresti dalle tue basi che un bacio è peccato
ed un figlio che parte per una gloria
nel suo fucile avrà amore per popoli
*
una donna, una qualunque
non è da tutti
ci vuole impegno e dedizione alla terra
alla minutezza delle pietre frantumate
che pure reggono
così minime il mondo
*
cosa ha di diverso un corpo
vissuto come ombra?
Il vero è nel fondo che si posa
sotto superfici profonde stanno radici
seni rocciosi di madri
che pure
ancora sbocciano figli con latte marmoreo
spezzano catene di àncore nel fondo
Ma non c’è risposta
in questo enorme buio e crepuscolo
a chiedere lumi
spesso si riceve abbagli
*
avrei dovuto ammazzarti
prima della mia morte avrei dovuto
uccidere la tua orrenda statua d’acciaio
Nella bocca famelica d’onore
avrei dovuto incendiarti le parole
dello stesso colore del deserto
le chiamavi di bene, d’amore
di paura, invece
mi erano gli occhi alla vergogna di me
figlia spaccata dalle chiare viscere trasparenti
cieca per gli organi intasati
La gente dice
che nei mattoni si trova il tuo sacrificio
padre di croce vivo di dio
osceno filo spinato d’olocausto
non ho dimenticato la terra di quel campo
e sto orizzontale
al respiro di mia madre
non come donna, ma eterna figlia
di rabbia che tiene in vita
– io a me non so concedere
neanche una degna sepoltura –
Il diavolo mi porta alla bocca pezzi di cuore
cane buono
non si mostra bastardo di tuo stesso volto
hai tagliato i baffi
hai anche le rughe
hai sempre l’accusa che del tuo vivere
un figlio ti ha sottratto anni
Mio uomo nero
amo uomini neri
hanno tutti il tuo stesso odore di segugio
ed io in mano la pietra della tua chiesa
con un colpo spaccherò
il mio sangue che t’appartiene, così
vestita di bianco
trasparente e morta
*
cantica antica il mondo
che a ignavia e pensieri taciuti
attacca all’uomo il bardo della consolazione
meglio il bue che nel riposo rumina
e al rumore dell’alba risponde
presente
al richiamo di luce