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Nottata alla Camera per le riforme: approvati gli emendamenti. Renzi: “Noi andiamo avanti.”

Creato il 14 febbraio 2015 da Stivalepensante @StivalePensante

Maratona notturna ma tranquilla alla Camera per le Riforme. Assenti le opposizioni che gridano alla “dittatura”. Il Movimento Cinque Stelle parla di aggressioni squadriste. Renzi procede: “Noi andiamo avanti. Un abbraccio ai gufi.”

ph ANSA

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Lunghissima notte quella della Camera dei Deputati alle prese con il ddl riforme. L’esame degli emendamenti e l’approvazione quindi dei 40 articoli che riscrivono la Costituzione avviene pero’ in un’Aula semivuota: le opposizioni infatti, come annunciato, dopo gli assurdi scontri persino fisici degli scorsi giorni, non sono sedute ai loro banchi, con l’eccezione di una manciata di deputati del Movimento Cinque Stelle e di Forza Italia presenti per accertarsi del regolare andamento dei lavori. Alessandro Di Battista ha commentato così gli scontri in aula: “Delle aggressioni squadriste del Pd non parleranno i TG. La TV parlerà della “violenza” del M5S che osa gridare “onestà” in Parlamento”. Il premier Matteo Renzi continua sulla sua strada, commentando a Monecitorio: “Credo che a rammaricarsi debbano essere il centrodestra, le opposizioni noi bene così, andiamo avanti“, per poi più ironicamente scrivere attraverso un tweet: “Grazie alla tenacia dei deputati terminati i voti sulla seconda lettura della riforma costituzionale. Un abbraccio a #gufi e #sorciverdi”.

Il commento di Rosato sulle tante assenze in Aula. Assenze che sono “una ferita istituzionale”, ammette però il deputato Pd Ettore Rosato chiudendo i lavori dell’Assemblea che vengono ovviamente accolti da un applauso dei deputati. Anche se, aggiunge, “il percorso è ancora lungo e riusciremo a fare in modo che tutti sentano propria” questa riforma.

Le polemiche sull’atteggiamento del Governo. Giuseppe Civati (minoranza Pd), pubblica sul suo blog una interessante riflessione di Rocco Olita sull’abusata retorica della maggioranza divulgata dal Premier Renzi. Scrive Olita: “La vulgata ampiamente diffusa dai megafoni del potere (poi ci si chiede perché scivoliamo nelle classifiche sulla libertà di stampa) è: “da quando in qua in una democrazia a decidere sono le minoranze”. Già, appunto. Quelli che oggi si dicono maggioranza in Parlamento, in realtà lo sono esclusivamente per gli effetti di una legge elettorale (peraltro giudicata incostituzionale, a proposito di Costituzione) che tali li ha resi. La maggioranza di governo, quella che rivendica, come dice Renzi, “il diritto e il dovere di fare le riforme”, è composta dal Pd (che alle elezioni con cui nasce questa legislatura aveva il 25,4% e ha ottenuto il premio di maggioranza anche grazie ai voti di Sel, ora all’opposizione), Centro democratico (0,5%), Svp (0,4%), montiani sparsi e Udc (che in tutto non andarono oltre il 10,5%) e Ncd (che a quelle elezioni nemmeno c’era, e che a esser buoni si può accreditare del 4,4% delle ultime consultazioni a cui ha preso parte). A quanto siamo? 41%? Al massimo, volendo seguire la logica di quanti vedevano nel responso delle Europee un viatico per le riforme, la stessa può essere accreditata del 45-46%: vi pare maggioranza?

Il secondo atto della partita sulle riforme non si è però ancora consumato. Per il via libera finale al provvedimento infatti bisognerà aspettare i primi giorni di marzo. Intanto la maggioranza supera la prova delle centinaia di proposte di modifica su cui in questi giorni si sono scontrati i partiti. E ovviamente, a causa della scelta delle opposizioni, al contrario delle scorse sedute notturne, questa volta i lavori si sono svolti senza incidenti e con una certa velocità. A segnalare simbolicamente la disponibilità al confronto il partito di Matteo Renzi sceglie di lasciare in coda l’esame dell’articolo 15 sul referendum, oggetto di un durissimo braccio di ferro con il Movimento Cinque Stelle che chiedeva l’eliminazione del quorum.

La modifica riguardante la delibera dello stato di guerra. Referendum a parte, tra le novità approvate dalla Camera spunta una modifica alla maggioranza parlamentare necessaria a deliberare lo stato di guerra: d’ora in poi per l’ok, che però con la riforma spetterà alla sola Camera dei deputati, servirà la maggioranza assoluta dei voti e non più solo quella semplice. Un passo che rappresenta un ragionevole punto di “mediazione” secondo il ministro per i Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi. Opinione non condivisa da tutti: “Con una legge elettorale maggioritaria – osserva Rosy Bindi – che dara’ il 54-55% a chi vince, questo emendamento non e’ sufficiente a garantire che in futuro vi sia il rispetto della Costituzione”.

 


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