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Nuova recensione Cineland. Nymphomaniac Vol. I e II di Lars von Trier
Creato il 27 aprile 2014 da L'Immagine Allo SpecchioNymphomaniac (vol. I e II) di Lars von Trier con Charlotte Gainsbourg, Stacy Martin, Stellan Skarsgård, Christian Slater, Uma Thurman, Shia LaBeouf Drammatico, 240 min., Danimarca, Germania, UK, Belgio, 2013 Joe (Gainsbourg) è una cinquantenne che viene trovata da Saligman (Skarsgård) in un vicolo, tumefatta. L’uomo le offre ospitalità. Lei gli racconta la propria vita di ninfomane a partire dall’infanzia. È sempre meglio aspettare di avere la visione d’insieme prima di dare un giudizio su un’opera divisa in due parti. Ci si aspetta che i temi rimasti in sospeso nella prima parte trovino un senso alla luce degli eventi del secondo capitolo e che le conclusioni finali siano il frutto di un percorso che si fa forte di premesse convincenti. In Nymphomaniac rimane tutto troppo irrisolto. Ogni capitolo in cui è organizzata la narrazione cerca di farsi forte del rapporto antitetico tra i due protagonisti, contrapposti come il diavolo e l’acqua santa: da una parte Joe, la narratrice ninfomane; dall’altra Saligman, l’uditore colto che interviene con parallelismi tra ciò che ascolta e ciò che ha letto e studiato (si va dal cristianesimo bizantino alla storia romana per arrivare a… Freud, non l’avremmo mai detto). Uno stratagemma che il regista utilizza per dare libero sfogo alle proprie fantasie sessuali, che cerca di nobilitare affiancandole ad una galleria di simmetrici riferimenti culturali (troppo spesso forzati). Il frutto di questa operazione è un film a conti fatti gradevole per merito di una comunque ottima tecnica registica, che però a livello contenutistico risente della mancanza di un adeguato approfondimento critico. Gli spunti interessanti infatti non mancano, ma i discorsi ad essi collegati vengono spesso lasciati a metà. Ad esempio, nella prima parte von Trier ha avuto l’occasione di sviscerare un tabù, ovvero di trattare i rapporti di forza che intercorrono tra il sesso femminile e quello maschile. Avrebbe potuto dare una propria interpretazione all’interdipendenza tra i sessi, scovandone le ragioni e smascherandone le ipocrisie. Non l’ha fatto. Del resto, mi faceva notare un mio amico, per aver detto la verità sulla differenza tra uomo e donna Tiresia venne accecato. Von Trier non ha voluto correre il rischio. Ed è anche il caso della confusione, condita da un finale disgustosamente banale, che il regista crea nella seconda parte riguardo la vera natura e i veri proponimenti della protagonista. Dapprima ninfomane orgogliosa di esserla, Joe si ripromette poco dopo di voler guarire dalla propria condizione. Come se non bastasse von Trier ne ferma la discesa agli inferi, fatta da un vortice sempre più profondo di violenza, ma solo per farle incontrare il mondo della malavita (mancava solo quella). Altra occasione persa. Se avesse letto di più e meglio, il regista danese avrebbe saputo che spesso nell’arte la degenerazione sessuale è collegata ad una escalation di violenza poi sfociata nell’autodistruzione fisica del degenerato. Come Pasolini, per intenderci. Von Trier ha dichiarato: “Un film dovrebbe essere un sasso nella scarpa”. Non abbiamo avvertito neanche un granello di polvere. Voto: 2 ½ su 5 (Film visionato il 5 e il 24 aprile 2014)
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