Nuovo regime forfetario: un’altro flop

Da Pukos

Se un premier che non difetta certo di autostima definisce un provvedimento, sul quale tra l’altro il proprio governo aveva puntato molto in termini di marketing politico, “un clamoroso autogol” non si può far altro che credergli.

In un mese soltanto è dunque cambiato radicalmente il feeling governativo nei confronti del nuovo regime forfettario per i piccoli contribuenti, appena introdotto e che già necessita di radicali interventi correttivi.

Soltanto lo scorso 22 dicembre infatti il consigliere economico di Renzi, Yoram Gutgeld, twittava tutto il suo entusiasmo, esaltandone in sette punti i grandi vantaggi del nuovo regime:

  1. una nuova aliquota, più bassa
  2. nessun aumento obbligatorio per il regime dei minimi
  3. oneri Inps, 1.000 euro in media di risparmio
  4. agevolazioni per quasi tutti i lavoratori autonomi
  5. meno tasse per chi apre una start-up
  6. il commercialista non è più necessario
  7. nessun limite per export e operazioni con l’estero

Anche in questo caso non sappiamo a chi appartenga la “manina” che materialmente ha elaborato la norma, ma certo è che il nuovo regime rappresenta un’impressionante connubio di valutazioni politiche sbagliate e di errori tecnici.

Valutazioni politiche sbagliate perché, se gli obiettivi che il governo voleva conseguire con l’introduzione di questo regime sono effettivamente quelli dichiarati – maggiore equità di trattamento fra attività commerciali e prestazioni di servizi, semplificazione degli adempimenti per eliminare il costo del commercialista, riduzione del carico previdenziale -, questi sono stati tutti miseramente falliti.

La soglia massima di ricavi non scontenta soltanto i professionisti, e più in generale i soggetti che erogano prestazioni di servizi, che dal limite generalizzato di 30.000 euro del regime dei minimi passano ad un importo dimezzato a 15.000 euro, ma determina la sostanziale impossibilità di applicare il regime per chi svolge un’attività commerciale, che, pur arrivando in taluni casi (vale a dire commercio all’ingrosso e al dettaglio e servizi di alloggio e di ristorazione) ad un ammontare “tollerato” di, addirittura, 40.000 euro di ricavi, con questi importi non può pensare di “stare in piedi”, se non ricorrendo massicciamente al nero.

Il fatto poi che il commercialista non sia più necessario è tutto da dimostrare, visto che comunque il regime, sebbene forfettario, ha le sue regole applicative e non è privo di qualche elemento di complessità.

In realtà, anche da questo punto di vista, il risultato che si conseguirà è di segno esattamente opposto: l’introduzione del regime forfettario, con tutti i suoi vincoli, in realtà finirà per incrementare il numero di contribuenti che dovranno adottare il regime ordinario e che quindi avranno bisogno di un supporto da un punto di vista contabile e dichiarativo (che ci abbiano voluto aiutare, pur dichiarando il contrario, in un momento difficile?).

Questo effetto si verificherà, non soltanto a causa della riduzione della soglia di ricavi e compensi, ma anche per la norma che penalizza dipendenti e pensionati, che invece si avvalevano massicciamente del regime dei minimi: possono infatti applicare il forfettario soltanto se il reddito conseguito nell’attività di impresa o di lavoro autonomo è di importo superiore rispetto al reddito di lavoro dipendente o di pensione (il che equivale a dire che quest’ultimo deve essere di ammontare davvero esiguo).

A livello di previsioni normative, stupisce il fatto che non sia stata introdotta una disposizione volta a determinare l’immediata fuoriuscita dal regime di quel soggetto che conseguisse ricavi oltre un determinato limite.

Una disposizione del genere nel regime dei minimi è presente, perché, come è noto, se si superano i 45.000 euro di ricavi il regime agevolativo cessa da subito, e non dal periodo d’imposta successivo.

Così non è invece nel regime forfettario, di modo che, anche laddove il contribuente dovesse conseguire un ammontare monstre di ricavi, determinerebbe in ogni caso forfettariamente il reddito per quel periodo di imposta, applicandovi l’aliquota del 15%, confluendo nel regime ordinario soltanto dal periodo successivo.

La sensazione è quindi che, da un lato, il nuovo regime forfettario “farà fuori” molti di quei contribuenti che, sebbene per un periodo limitato di cinque anni, avrebbero potuto applicare il regime di vantaggio; dall’altro, potrebbe essere utilizzato invece in modo strumentale da parte di soggetti che il legislatore sicuramente non aveva l’intenzione di agevolare … inutile dire che si poteva fare decisamente di meglio.

Fonte: EcNews


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