Nuovo studio: diffusione contraccettiva non riduce i tassi di aborto

Creato il 11 gennaio 2013 da Uccronline

 

di Renzo Puccetti*
*bioeticista e specialista in medicina interna

Sera del 25 ottobre 1917: i ministri russi sono arrestati durante l’assalto al Palazzo d’inverno. 25 dicembre 1991 ore 18,35: la bandiera sovietica che sventolava da 74 anni sul Cremino viene ammainata. Sono le due date in cui si inscrive la vita del settantennale regime comunista in Unione Sovietica.

L’8 novembre 1920 è il giorno in cui il regime comunista, primo Stato nel mondo, legalizza l’aborto, una misura volta alla operaizzazione femminile e all’indebolimento della famiglia, istituzione considerata dal regime come elemento di aggregazione sociale indipendente dall’onnipotente apparato statale. Il 27 giugno 1936 Stalin, preoccupato della situazione demografica, proibisce l’aborto e condanna a  uno o due anni di prigione i medici responsabili con l’eccezione di una serie di condizioni sanitarie previste dalla legge o di motivazioni eugenetiche. A partire dal 1955 l’aborto diventerà nuovamente legale e gratuito e l’Unione Sovietica per decenni sarà il paese con i più alti livelli di abortività al mondo.

È stato da poco pubblicato uno studio sulla prestigiosa rivista scientifica PLOS ONE volto ad indagare i motivi per cui, partendo da livelli omogenei, dopo il crollo dell’Unione Sovietica e la proclamazione d’indipendenza dei vari Stati, la riduzione dell’aborto sia avvenuta con maggiore ampiezza in Ucraina ed in Belarus rispetto alla Russia post-sovietica. I ricercatori hanno analizzato dati di abortività e contraccezione provenienti sia dalle banche dati nazionali che da rilevazioni campionarie dei tre stati. Secondo le statistiche ufficiali l’impiego della contraccezione è complessivamente lievemente maggiore in Russia rispetto agli altri due paesi esaminati. Per quanto riguarda invece pillola e spirale, soprattutto per il minore uso di quest’ultima, la Russia mostra tassi d’impiego lievemente inferiori. A questo proposito è bene ricordare il meccanismo microabortivo della spirale, per cui un tasso di aborti inferiori associato al maggior uso della spirale non necessariamente significa un minore numero di esseri umani soppressi.

Secondo invece i dati ottenuti dalle rilevazioni a campione nella Russia l’uso della contraccezione moderna è più elevato del 16% rispetto al Belarus e del 41% rispetto all’Ucraina; parallelamente le coppie che esprimono una richiesta di metodi per il controllo delle nascite non soddisfatta è risultata del 13% in Russia, del 16% in Belarus e del 18% in Ucraina. Si tratta di risultati che gli stessi ricercatori hanno connotato come “un paradosso”; “insieme con il più alto livello di aborti, la Russia non mostra il più alto bisogno di pianificazione familiare insoddisfatto”, hanno scritto. Ciò non è risultato sufficiente comunque a convincere gli autori che hanno confermato la loro visione secondo cui per quanto riguarda i tassi di abortività tra i tre paesi “le maggiori discrepanze poggiano sui comportamenti contraccettivi”, più ostacolati in Russia, a loro dire, dal parlamento e dalla Chiesa ortodossa.

Come leggere correttamente questi risultati? Mi pare si possa affermare che essi forniscono un’ulteriore, ennesima conferma della grande mole di dati già a disposizione che indicano come la diffusione contraccettiva sia un debolissimo, se non in molti casi inesistente elemento volto ad ottenere una riduzione dei livelli di abortività. Se questo lo si vuole considerare come un paradosso, allora i lettori devono essere informati che il paradosso riguarda Italia, Francia, Inghilterra, Scozia, Spagna, Svezia, nazioni oggetto di valutazioni numeriche che smentiscono l’assunto che vorrebbe nella diffusione dei contraccettivi la strada per sconfiggere l’aborto. Più che un’eccezione alla regola, il paradosso contraccettivo sembra essere esso stesso la regola.

Elizabeth Ansombe, la più importante allieva di Ludwig Wittgenstein, considerata tra le più influenti menti femminili della filosofia del XX secolo, ha scritto nel 1972: “La cristianità ha insegnato che gli uomini devono essere casti così come i pagani pensavano dovessero esserlo le donne, la moralità contraccettiva insegna che le donne siano così poco caste come i pagani pensavano dovessero esserlo gli uomini”. Io non so se le cose siano andate seguendo in modo diretto questa strada indicata dalla filosofa di Oxford, ma vedo la realtà che ci circonda, e qualunque sia stato il tragitto seguito dalla morale negli ultimi cinquant’anni, l’approdo cui si è giunti nell’occidente secolarizzato, vecchio, impoverito e impregnato di barriere contro la vita umana è proprio quello che Miss Anscombe aveva previsto.


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