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Nymphios a Siracusa

Creato il 24 ottobre 2012 da Marino Maiorino
In due post precedenti, ho riportato quanto due storici del calibro di Plutarco (Dione, 41-44) e Diodoro Siculo (Bibliotheca Historica, XVI 18-19) hanno tramandato a proposito di un personaggio, tale Nypsios, che critici moderni non sanno se identificare con lo stesso Nymphios che nel 326 a.C. era, secondo Tito Livio, princeps civitatis di Neapolis.
In questo post dettaglierò una mia personale critica alle versioni di questi storici che, prendendo spunto dalle incongruenze dei loro racconti, e poi da quelle tra le loro distinte versioni, mi ha condotto ad una ricostruzione dei fatti che è quella raccontata dallo stesso Nymphios nel mio romanzo. Per me è stato un po' come svelare un complotto, spero sarà altrettanto divertente per voi.
Innanzi tutto, vediamo che Dionigi invia, non chiama Nypsios a Syracusa. Al momento dei fatti egli era già stato cacciato dalla città e guidava la propria fazione da lontano, da Locri Epizefiri, come ci informa Diodoro. Lo storico siciliano esalta inoltre le capacità del Neapolitano, un eccellente generale.
Che Nypsios sia un Neapolitano della nostra Neapolis, secondo gli storici lo dimostra il suo nome Osco ritrovato diverse volte su reperti di provenienza campana.
Che un Neapolitano di nome Osco (ovvero Sannita, visto il periodo storico) vada a servire come generale dei mercenari il tiranno per antonomasia, è questione più delicata: da un lato, infatti, la storia antica abbonda di episodi nei quali i Campani si sono offerti al servizio di qualunque borsa ben disposta nei loro confronti, emblematico quello dei Mamertini, dunque il nostro Nypsios non è un caso isolato; ci si potrà chiedere se tanto Diodoro quanto Plutarco non volessero dire “Campano” quando entrambi hanno chiaramente indicato che Nypsios fosse Neapolitano, ma ciò sarebbe probabilmente risultato sgradevole a Diodoro (greco, dunque possiamo presumere alquanto puntiglioso nel distinguere i personaggi di una città greca da quelli dei suoi più barbari dintorni), inoltre all'epoca dei fatti i greci di Neapolis avevano permesso che i Sanniti entrassero a far parte della cittadinanza, probabilmente in un tentativo di allentare la pressione sannita sulla città; ma è la considerazione politica che ci lascia perplessi, giacché con l'ingresso dei Sanniti nella cittadinanza, la fazione democratica doveva essere all'apice del proprio potere a Neapolis, e quella non aveva probabilmente alcun interesse ad aiutare il partito di Dionigi contro lo zio Dione.
In mancanza di documenti certi al riguardo, possiamo però immaginare che di tanto in tanto il partito aristocratico possa essere tornato al potere a Neapolis, o che Nypsios, un Sannita armato dello spirito della sua gente e cresciuto in una città greca dove i cittadini veri guardavano dall'alto in basso quelli come lui, abbia semplicemente preso un'iniziativa personale in cerca di ricchezza.
Con navi cariche di uomini e vettovaglie, Nypsios arriva a Syracusa ed approda ad Arethusa mentre i partigiani di Dionigi sono sul punto di arrendersi. Riesce a convincerli di continuare a lottare nonostante essi sappiano cosa li aspetta, nonostante la fame appena sofferta… Non so che parole abbia trovato, ma riceve da me, per questo, tutta l'ammirazione immaginabile!
Nymphios a SiracusaLa mappa qui riprodotta dell'antica Siracusa ai tempi di Dionigi è estratta dalla pagina web http://www.miti3000.it/mito/luoghi/siracusa.htm.
Ora, si osservi che Arethusa si trova nella parte sud-occidentale di Ortygia, lì dov'era asserragliata la fazione di Dionigi, proprio di fronte alla terraferma. Nypsios avrebbe avuto tutto il tempo di arrivare con un certo numero di navi, scendere a terra, rendersi conto della situazione sfavorevole al suo partito, convincere uomini stremati e pronti alla resa a riprendere le armi e far cominciare le operazioni di scarico quando finalmente i Siracusani lo attaccano con tutte le loro triremi… Segue una battaglia navale (l'unica cosa sensata fino al momento) nel corso della quale quattro delle navi di Nypsios sono affondate (Plutarco), altre sono catturate ed altre ancora inseguite fino a terra (Diodoro).
Sembrerebbe finita lì, ma ritroviamo invece Nypsios a capo degli uomini che, quella stessa notte, aprofittano delle sfrenate celebrazioni per la vittoria che si stanno tenendo in città. Capiamo anzi che egli era su qualche nave che era stata in grado di fuggire e che guida le forze di Dionigi (secondo Diodoro, più di diecimila effettivi) contro la città in una prima notte di saccheggio.
Non riesco a credere che quella notte Nypsios potesse già coordinare del tutto le forze di Dionigi: certo prima o poi gli saranno giunti rinforzi da Ortigia, ma quelli erano uomini che avevano visto la loro fortuna ribaltarsi già due volte nelle ultime ventiquattr'ore, il loro salvatore (Nypsios) fuggito con la coda tra le gambe e sconfitto per mare. L'attacco in un primo momento sarà stato un'azione di commando (lo conferma Diodoro), svolta nel massimo silenzio: come avrebbe potuto il generale Neapolitano avere a propria disposizione l'intero esercito di Dionigi? C'è di più: con tutto l'esercito a propria disposizione, che bisogno ci sarebbe stato di cominciare un'azione di guerriglia? Più plausibile che, con i pochi uomini raccolti dopo la battaglia, Nypsios abbia cominciato un'azione aggressiva approfittando dello stato di confusione nella città, volta ad impedire un contrattacco siracusano, alla quale si sarebbero uniti gli uomini di Ortygia solo in un secondo momento. Lì sarebbe davvero iniziato il saccheggio, che per uomini in un'azione di commando non avrebbe neanche senso.
A questo punto siamo abbandonati da Diodoro, ed il solo Plutarco resta ad informarci dei successivi svolgimenti. Il saccheggio durò l'intera giornata e, terminato quello, Nypsios si ritirò ad Ortigia, dove restò tutto il giorno seguente.
Ebbene, ci viene detto che questo brillante generale, ben sapendo (non possiamo non presumerlo) cosa accadesse intorno e dentro Syracusa, attese tutta una giornata prima di scatenare un'altra volta l'inferno sulla città, con ciò lasciando tempo a Dione, persino rallentato, di giungere in soccorso.
Non è del tutto plausibile come racconto, perché il primo attacco sembra volto a spezzare l'assedio e poi degenera in un saccheggio, ma ci viene da pensare che se Nypsios avesse davvero voluto radere al suolo la città, un comandante del suo calibro avrebbe approfittato proprio della sera di celebrazioni, quando i Siracusani erano del tutto incapaci di organizzare una qualsiasi forma di difesa, forte dei 10'000 di Dionigi, per portare a termine un compito così impegnativo. Questo secondo attacco, così brutale, sembra invece frutto di un'altra mente.
Chi c'era, a Syracusa, che potesse organizzare una cosa del genere e ordinare a Nypsios di eseguirla? Alla fine del passo di Plutarco citato, troviamo un personaggio, Apollocrates, il quale patteggia con Dione la resa in cambio di cinque galee e la vita salva per sé, la madre e le sorelle. Davvero un personaggio pieno di considerazione e di capacità diplomatiche! Peccato che di lui ci lasci una pessima impressione lo storico Teopompo, il quale nel suo libro 39, frammento 185, scrive:
Apollocrates, il figlio del tiranno Dionysius, era maleducato e un ubriacone. Alcuni dei suoi adulatori lo manipolarono in un attitudine di estrema alienazione dal padre.
Dunque, dobbiamo credere che un maleducato, un ubriacone, estraniatosi le simpatie del padre, sarebbe riuscito in un frangente del genere, con un nemico in evidente, schiacciante superiorità tutt'intorno, a negoziare una resa come quella descritta da Plutarco, ad andarsene e portarsi persino cinque navi…
Possiamo certamente immaginare l'ottimo Dione concedere condizioni come queste al nipote, giacché Plutarco ce lo presenta come un esempio di virtù sovrumane, ma è possibile che allora ne avrebbe tessuto le lodi come fa poco più tardi quando commenta il modo in cui perdona ai generali Siracusani le trame orditegli contro.
E Nypsios, il generale dei mercenari, che fine avrebbe fatto? Leggendo Teopompo, innanzi tutto comprendiamo perché Dionigi abbia mandato lui a prendere il comando, evidentemente per sottrarlo al figlio col quale non andava eccezionalmente d'accordo. Ma soprattutto riusciamo ad attribuire il saccheggio della prima notte, l'illogica pausa tra la prima e la seconda notte e il seguente eccidio più alla mente dell'ubriacone circondato da cortigiani Apollocrates che all'eccellente generale Nypsios.
Ma cosa successe a Siracusa in quel tempo lo potrete udire dalle parole dello stesso Nymphios, nel mio romanzo.

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