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Anno 2006: Appena diciannovenne sbarco nel mondo universitario e nella grande città. Dalla provincia milanese apro i miei orizzonti frequentando la Statale di Milano.Inizio a guadagnare qualche soldo facendo il bagnino in piscina o il promoter di apparecchiature tecnologiche inutili (Io che non so distinguere un microonde da un Iphone) in qualche smarrito centro commerciale della Bassa Padana. Sempre in inverno. Sempre in mezzo ad una nebbia spaventosa. Non dovevo fare la spesa, non dovevo pagare l’affitto, non dovevo avere l’ansia delle bollette in posta. Non mi sono mai comprato così tante cose in vita mia come in quei tre anni.Il primo anno poi erano più le volte che stavo da H&M che a seguire le lezioni.Borse, scarpe, magliette per la sera e magliette per il giorno, cappotti e cappelli come se avessi otto teste da coprire e una prole da vestire. Compravo qualsiasi cosa, sono riuscito anche a portarmi a casa un microfono funzionante solo perché era in saldo e stava male lasciarlo lì.Io che sono stonato come Mara Venier.Nel frattempo crescevo di grado diventando da bagnino a istruttore di nuoto a istruttore di fitness.Bambini, neonati, adolescenti con l’acne, signore arzille, vecchie crampane. Questa l’utenza con cui ogni giorno avevo a che fare dividendomi tra la Cappella Sistina e la civiltà bizantina.
Anno 2010: Mi laureo a 22 anni e decido di seguire un amore (finito malamente) a Strasbourg, in Francia. Nella mia testa si è palesata una voce.“Vai in Francia e impara una lingua nuova che ti ha sempre affascinato, nel frattempo decidi cosa e dove vuoi andare a studiare.”Sei mesi in cui ho speso tutti i risparmi di una breve vita, ho lavorato per una stilista di cappelli che manco mi pagava ma mi ha insegnato l’arte del creare (occasione che capita a pochi) e per racimolare qualche centesimo vendevo manufatti su internet.Passavo le mie serate in compagnia di un cagnolino che per sei mesi è stata quella dolce metà che sostituiva l’altra inesistente. Qui ho iniziato a scrivere “seriamente” e a capire cosa volevo fare nella vita. È qui che ho capito quanto si possa faticare per arrivare a fine mese, quando capisci che quei 30 centesimi che non consideri possono invece comprare una baguette. Che pur di risparmiare 1,50 fai venti minuti a piedi per andare a lavoro anche se piove. Perché con quello che risparmi non vai da H&M ma ci fai la spesa. Ci mangi. È stata un’esperienza stimolante ma anche faticosa.
Anno 2010-2011: Disperatamente single ma felice inizio una nuova vita decidendo di studiare e trasferirmi a Parma. Città bellissima dal punto di vista artistico, fredda e umida come non avrei mai immaginato. Qui ho toccato livelli di tirchiaggine mai raggiunta.Facevo la spesa calcolando i costi e il peso della busta prima di dover morire in mezzo alla strada nel tragitto in bicicletta, fotocopiavo libri per non comprarli rischiando l’arresto dalla SIAE, partecipavo a inaugurazioni di qualsiasi negozio/bar pur di accaparrarmi la cena. Studiavo sempre perché mi ero messo in testa di fare tutti e gli otto esami, tornavo a Milano qualche week end e lavoravo. Finito l’anno accademico il 29 di Luglio ho vegetato due settimane sul divano dividendomi tra “Ma come ti vesti” e “Cortesie per gli Ospiti”.Ricordo di essermi comprato un solo paio di pantaloni per una necessità oggettiva e di essermi pure sentito in colpa.
Nel presente: Vivo a Tarragona in Spagna per l’Erasmus e aspetto una borsa di studio con cui a malapena ci si paga l’affitto. Si può entrare in un locale senza consumare, si balla senza pagare l’ingresso e le tapas costano 1 euro. Un paradiso insomma.Se poi si considera l’assenza totale di H&M uomo si è lontani da qualsiasi forma di tentazione.Ma poi arriva quel momento.
Io e altre due milanesi in crisi da struscio di negozi in galleria entriamo da Pull & Bear.Precisamente il Pull & Bear più piccolo al mondo.Nel reparto uomo chiedo:“Che dite di questi jeans?”“Belli.” dice Serena che riuscirebbe a trovare il lato buono persino in un cammello zoppo.“Colore perfetto.” risponde Laura che ha crisi di panico se non vede la vetrina di Zara.“Li provo, ma solo per curiosità, io NON POSSO COMPRARE NULLA.”
“Provati anche questa camicia di jeans.”La guardo. Inclino la testa e penso. Quella non è una comune camicia di jeans. E’ LA camicia di jeans, quella che risolverebbe i conflitti nel mio armadio tra i pantaloni verdi e il maglione blu, quella che si sposerebbe a meraviglia con il papillon giallo o rosso. Quella è la camicia che mi farebbe sembrare una persona migliore, mi farebbe apparire più bello (?) e più sicuro di me. Mi renderebbe felice. La mia coperta di Linus.“La notte porta consiglio, se domattina ci penso ancora torno a prenderla.”Inutile dire che ho praticamente aperto il negozio, ancora c’era il pavimento bagnato e la commessa non aveva ancora capito dove si trovava e qual’era il suo ruolo in questo mondo.Quando la Poste-Dio-l’abbia-in-gloria-Pay ha strisciato ho avuto un colpo a cuore.Sullo scontrino è apparsa una scritta.“Ora sei condannato a pane e cipolle per una settimana.”In realtà nel frigo non ho manco le cipolle.E capisco che il titolo di questo blog è diventato per me uno stile di vita.
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