Preceduta dalla cattiva fama di esuberanze spettacolari oltre che di una certa promiscuità, arriva a Roma, proprio come nel 46 a.c., Cleopatra. Lo annuncia Gabrielli, la cui allerta, anzi il cui allarme suona più improvvido che previdente, ma si sa che da noi la protezione civile preferisce le sinistre profezie alla prevenzione e che spesso si parla al popolo per lanciare avvertimenti trasversali ai suoi inappropriati rappresentanti. Superati quindi i battibecchi risalenti al Generale Inverno ci fa sapere che a Roma si sta allestendo un poderoso dispiegamento di forze per fronteggiare la «severa ondata di pioggia intensa» che si abbatterà su Roma da lunedì e per 24/36 ore, con «precipitazioni che al momento si stimano abbondanti ed intense». Invita dunque con inedito spirito ecumenico ispirato a concordia e pacificazione a «lasciare da parte le polemiche e le crocifissioni: se pioverà a Roma la colpa non sarà del sindaco». Ed ecco i suggerimenti dei tecnici della Protezione Civile: «svuotare gli scantinati rimuovendo in particolare le merci deperibili, spostare le macchine parcheggiate nelle zone a rischio», ma il più perentorio, a margine dell’annuncio delle azioni che si stanno mettendo in campo nelle zone maggiormente interessate da possibili inondazioni, suona: “«Evitate di spostarvi, soprattutto lunedì, meglio se rimanete a casa».
Come si addice a chi ha scelto di preferire le previsioni del tempo alle misure di lotta al cambiamento climatico, i consigli non proprio paterni, quando non gli ordini secchi e perentori, alla ricerca e all’adozione di soluzioni efficaci, le profezie, molto meno impegnative e ormai assimilabili agli oroscopi di Branko, all’azione, Gabrielli mostra di apprezzare uno dei capisaldi del pensiero forte che ispira l’ideologia di regime, il ricorso agli annunci, inquietanti o incoraggianti che siano, utili a sottoporre le vittime a un susseguirsi seriale di shock e funzionali a dare forma a un nemico che legittimi la necessità ineluttabile della guerra.
Dal suo curriculum si direbbe che il nemico è l’indisciplina, il disordine cui noi italiani siamo inclini, quella inclinazione alla irrequietezza dissipata che ci spinge a alzarci la mattina anche quando il cielo è bigio, per andare a scuola, a lavorare, a fare la spesa, quella colpevole assenza di spirito di corpo che ci sollecita a preferire l’auto a mezzi pubblici anziani come la classe politica, maltenuti come le strade che percorrono, rari come l’accendersi dell’intelligenza nel nostro ceto dirigente. Per non parlare di quella indole anarchica per non dire disfattista che – per fortuna sporadicamente – ci induce a chiederci di chi sia la responsabilità di catastrofi che sospettiamo non abbiano origine naturale.
Direbbe Eco che tutto è già stato detto dai pre-socratici e in questo caso tutto è stato compiuto dalle amministrazioni precedenti, così in uno spirito di solerte e magnanima riconciliazione si fa pace anche con Alemanno e si muove un esercito a effettuare in una notte quello che non si fa mai, pratiche elementari per le quali non ci vuole un tecnico, un militare, un professionista e nemmeno un professore, dio ce ne guardi, ma basta un netturbino, che provveda ai tombini, un addetto ai giardini che controlli la salute dei alberi sempre più asfittici e malinconici, nei viali della Capitale.
Siamo in uno strano tempo nel quale si moltiplicano gli ossimori: i controlli e la sorveglianza diventano pratiche postume, la prevenzione si attua “dopo” e la protezione si chiama civile sebbene non tuteli e si dimostri primitiva per non dire barbara.
Si dice che Gabrielli sia un candidato molto ben piazzato per l’incarico di capo della polizia. In un Paese che per risparmiare spegne le luci in città, ma non valorizza quella solare, che “promuove” lo sviluppo penalizzando il lavoro e espropriando i lavoratori delle certezze sia pure instabili, chè l’unica resta quella della precarietà, c’è da temere che contrasti la lotta alla violenza nelle città, persuadendoci che è meglio non uscire la sera – come fece peraltro il suo nuovo amico con i consigli anti stupro, e che la sua sicurezza consista nella provvidenziale restrizione delle libertà d’espressione.
Ormai pare che l’urbanistica si stia riducendo a una scienza dell’ordine pubblico e forse sarà così anche la sicurezza dei cittadini, con il potenziamento di sistemi di difesa privati, con l’inclusione dei privilegiati in ghetti di lusso che escludono i poveri nella marginalità delle bidonville.
E è possibile che sia così anche la “tutela” dell’ambiente urbano, del quale i piani città non fanno menzione: i tombini dei Parioli saranno lindi e luccicanti, mentre a ridosso dell’Aniene continueranno a sprofondare i villaggi di lamiere dei predestinati alla sommersione.
Se domani Cleopatra si dimostrerà intemperante, verranno officiate le tradizionali, vibranti liturgie proprio come quando crolla a Roma la Domus Aurea o il Colosseo, quando si sfarinano le case di Pompei, quando si scopre che ville e musei, parchi e chiese, sopravvivono per pura forza d’inerzia. Anche qui, grandi deprecazioni del ministro di turno, dichiarazioni solenni, promesse immarcescibili. Poi nulla. Fino alla prossima frana, al prossimo crollo, alla prossima catastrofe di cui incolpare la sorte maligna o ma natura matrigna.
L’Italia è il Paese più franoso d’Europa (mezzo milione di frane in movimento censite nel 2007), il più soggetto al danno idrogeologico e all’erosione delle coste, anche per «interventi sull’ambiente invasivi e irreversibili» sui due terzi del territorio (dati Ispra). Per non dire del rischio sismico: negli ultimi cento anni, circa 150 terremoti di cui una quarantina gravissimi, 1600 Comuni colpiti, almeno 250.000 morti. Eppure a ogni terremoto ci sbalordiamo come davanti a un evento imprevisto.
E a ogni pioggia piangiamo i morti, come piangiamo quelli sul lavoro e ricominceremo a piangere quelli uccisi per mano di mafia, continuando a mettere a sacco il territorio, a non imporre il rispetto delle leggi sulla sicurezza, a accettare e perfino votare rei e collusi. E c’è da temere che la nostra opposizione si ridurrà a mandare a noi stessi qualche sms solidaristico.
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