Se siete medici in Svezia, scordatevi Ippocrate e tutti i sogni che facevate da studenti: qui, infatti, se vi rifiutate di compiere un aborto, potreste essere addirittura imprigionati, in base a una legge del 1973. La legislazione svedese è sempre stata assai favorevole all’aborto: dal 1938 per motivi eugenetici (e vabbé, in tempi di nazismo…), dal 1946 per motivi socio-sanitari (i nazisti non c’entrano più), nel 1974 è stata abrogata la necessità dell’approvazione di una commissione medica e l’aborto è consentito su richiesta per qualsiasi ragione, fino alla 18a settimana di gravidanza. Dalla 18a alla 22a settimana è necessaria l’autorizzazione del Consiglio Nazionale della Sanità e del Benessere. Nel 2009 poi, il Parlamento ha votato contro (271 a 20) la mozione dell’Unione Europea che garantisce il diritto all’obiezione di coscienza.
Per tutto questo il vescovo cattolico Anders Arborelius ha avvertito che il governo svedese sta scivolando verso una mentalità: «Dall’estero ho ricevuto commenti di delusione e incomprensione per questa risoluzione parlamentare, che contribuisce al declino della reputazione della Svezia come una società democratica, impegnata nella tutela dei diritti delle minoranze. Purtroppo, questa decisione conferma la tradizione oscura che esiste anche nel nostro Paese, quella della sterilizzazione forzata, a cui è stato permesso di continuare quasi senza resistenza», ha dichiarato. Di fatto recentemente un medico di medicina generale è stato redarguito (non incarcerato, almeno!) dalle autorità sanitarie poiché nel 2010 non ha fornito ad una donna la documentazione necessaria per andare ad abortire, sia perché il marito non era convinto, sia perché la signora non sembrava nel pieno delle sue facoltà mentali. Gli è stato detto che il suo unico compito è quello di realizzare i desideri del paziente, indipendentemente dalla valutazione del suo stato mentale ed è inoltre stato criticato per aver violato la riservatezza della paziente discutendo il caso con il marito.
Rispetto all’obiezione di coscienza, le cose vanno assai meglio negli Stati Uniti, e particolarmente in Arkansas, Georgia, Mississippi e South Dakota, in cui anche i farmacisti -oltre ai medici- sono autorizzati a rifiutarsi di compilare una prescrizione di contraccettivi di emergenza se questo è contrario alla loro etica personale. A questi Stati modello si è aggiunto in questi giorni il Kansas, dove il governatore Sam Brownback ha firmato una nuova legge con la quale rafforza i diritti di coscienza dei farmacisti che si oppongono alla distribuzione di farmaci che potrebbero causare aborti.
La nuova legge vieta la costrizione a prescrivere o somministrare un farmaco che “ragionevolmente si creda” possa uccidere un bambino nel ventre della madre. La misura è stata finalizzata alla farmaco abortivo RU-486, ma -secondo quanto dicono allarmati gli abortisti- potrebbe anche essere usata per impedire la somministrazione di “Ella”, un farmaco simile alla RU-486 che è comunque stato approvato dalla FDA come “contraccezione d’emergenza”, ed è pubblicizzato come funzionante fino ad una settimana dopo il rapporto sessuale.