Anche questa giornata uggiosa casca a fagiolo.
Dopo aver ammirato la splendida rappresentazione spoerriana in scena nella dispensa mi installo davanti al computer per proseguire con aggiornamenti, progetti e consegne di lavori arretrati. Lo scrivere di ricette e cene mi mette fame, mangiucchio una pera, ci hanno portato dell’ottimo pane, apro il frigo, il burro ce l’ho e un fondino di marmellata di amarene aspetta solamente di essere spalmato. Preparo una bella fetta di pane, burro e marmellata “ma, nel momento stesso che quel sorso misto a briciole di focaccia toccò il mio palato, trasalii, attento a quanto avveniva in me di straordinario. Un piacere delizioso m’aveva invaso, isolato, senza nozione della sua causa. M’aveva reso indifferenti le vicissitudini della vita, le sue calamità, la sua brevità illusoria, nel modo stesso che agisce l’amore, colmandomi d’un’essenza preziosa: o meglio quest’essenza non era in me. Era me stesso”* … Proust e N si impossessano di me e il ricordo di un analogo pomeriggio di all’incirca vent’anni fa si materializza sul palato. Senza mediocrità, contingenza, mortalità.
Per 3 persone
Fettine in involtini al prosciutto
Fettine di noce di vitello 6
prosciutto travestito da bresaola 6 fette su per giù
mollica di pane tanta quanta una mela
latte
tuorlo
fettine di pane
parmigiano grattugiato
olio
aglio
salvia
noce moscata
pepe
sale
Morale delle Fettine in involtini al prosciutto: come sempre sostituisco il prosciutto con la bresaola. Il risultato finale è saporito, l’aggiunta di fettine di pane nello spiedino offrono la sicurezza della sazietà in maggior economia. A fargli compagnia nel piatto una deliziosa quanto stagionale insalata di cavolo.
* “[…] Quando niente sussiste d’un passato antico, dopo la morte degli esseri, dopo la distruzione delle cose, più tenui ma più vividi, più immateriali, più persistenti, più fedeli, l’odore e il sapore, lungo tempo ancora perdurano, come anime, a ricordare, ad attendere, a sperare, sopra la rovina di tutto il resto, portando sulla loro stilla quasi impalpabile, senza vacillare, l’immenso edificio del ricordo.” Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto, Einaudi, 1963-1965