Puntuale come ogni anno, qui è iniziata la stagione della transumanza delle pratiche.
L’attività in oggetto precede quella autunnale del bestiame pur mantenendo le tipiche caratteristiche olfattive della traccia che consegue ad entrambi gli spostamenti: sempre di cacca si sta infatti parlando.
Verso la metà di luglio, mentre i condizionatori di tutti gli uffici – tranne del mio perchè non c’è e non ci sarà mai ma non ne ho capito la ragione tecnica – ronzano indefessi come le mosche, ci sono personaggi aziendali che si rimboccano le maniche della camicia fino a sopra il gomito e si danno un gran daffare per chiudere la maggior parte possibile di faccende ancora inevase.
Se fatte a tempo e ritmo debito – che so, una a settimana per esempio – siffatte attività perturberebbero di poco l’equilibrio instabile degli uffici a valle, i quali avrebbero tutte le possibilità per reagire con l’energia necessaria, aggiungere il loro pezzo di valutazioni intellettive e poi incanalare il tutto verso la corrente del fiume fino al destinatario finale.
Invece succede, con la stessa cronicità e lo stesso fastidio dell’arrivo delle zanzare, che nei due o tre mesi precedenti tutto ciò che non può essere risolto in breve tempo o che non viene riclassificato come urgente da chi abita i piani gerarchicamente alti dell’azienda, si impaludi nei vassoi di plastica, si riempia di polvere, si accodi sotto decine e decine di email e vada a costituire un mucchietto purulento che si ingrandisce sempre di più ma a cui viene risparmiata la cancrena perché, con un abile colpo di mano, coloro che facevano da tappi di bottiglia in primavera si turano il naso e stappano il contenuto della bottiglia stessa ad estate avanzata, lavorano alacremente e come formichine impazzite per tutta la settimana e un venerdi di luglio inoltrato, tra le 14.00 e le 17.00, spostano felici il carico maleodorante alla scrivania successiva.
Una delle prescelte scrivanie è, guarda caso, la mia, crocevia di tante rogne ma in queste occasioni il tempo di reazione, per me, è inficiato dal fatto che i giorni si accorciano e la data di chiusura estiva si avvicina: per evitare di trovare la via alla scrivania successiva sbarrata da sdraio e ombrellone, il mio tempo di reazione deve farsi rapido rapido per incastrare il malloppo tra i buchi liberi delle mie normali attività e disincastrarlo subito dalle mie zone dove, per abitudine e per scelta, le carte non si devono fermare più di tre giorni e le email in attesa di essere sbrigate devono essere meno di dieci nell’arco della giornata, altrimenti mi agito e mi si disfano zen, yin e yang, mi si chiudono i chackra e mi vengono gli attacchi di fame nervosa.
Nelle tre aziende in cui ho avuto la ventura di capitare ho sempre osservato il medesimo comportamento. Sono stata particolarmente fortunata?
Buon fine settimana a tutti: io domani scappo di nuovo via dalla mia valle e dall’odore di pupù che mi accoglierà, paziente, lunedi.