Magazine Cinema

Oggi al Cinema incontra Francois Ozon

Creato il 27 aprile 2013 da Oggialcinemanet @oggialcinema

Francois-Ozon

Francois Ozon: “Sono un vampiro, e finalmente Cannes ha smesso di snobbarmi”

Con il suo Nella casa ha firmato un vibrante thriller psicologico, dalle tinte ora lievi ora cupe, giocando sul labile confine tra realtà e finzione che c’è nella letteratura, come nella vita. Ed ora il raffinato cineasta francese Francois Ozon è pronto per portare a Cannes la sua nuova creatura, Jeune et Jolie, selezionata per il concorso. Poco prima di ricevere la notizia ufficiale si dichiarava decisamente “pessimista” al riguardo: “Cannes non ha selezionato nè Potiche nè Nella casa, quindi ci credo poco”. Eppure la sua “storia di una diciassettenne che scopre la sua sessualità” (con Charlotte Rampling nel cast) sta per approdare sulla Croisette, a riprova che il festival più prestigioso al mondo non trascura (non sempre, almeno) i suoi talenti più notevoli a livello europeo. Lo incontriamo a Roma, ospite della rassegna di cinema francese Rendez Vouz, ed è lui a porre la prima domanda a chi scrive: “Il doppiaggio era buono? Scusi, è il timore di chi non vede film doppiati, come noi in Francia”. Lo rassicuro sulla buona riuscita della versione italiana, poi iniziamo la nostra chiacchierata.

Da dove nasce la voglia di raccontare una sofisticata storia di seduzione?
Più che di seduzione parlerei di manipolazione. E’ il tema che mi premeva più di tutti: è vero, il giovane scrittore seduce l’affascinante signora borghese del suo romanzo, ma ne resta lui stesso intrappolato. Vuole manipolarla per continuare la sua storia, però si innamora e cade nella trappola del suo stesso gioco. La verità? Ognuno di noi seduce per manipolare, mi interessava indagare questo aspetto.
Vampirizzare la realtà per esprimerla in forma artistica: fa questo il suo protagonista, a lei capita mai?
Sì, io sono un vampiro. Ho bisogno di ispirarmi dalla realtà, da una base quasi documentaristica per alimentare il mio immaginario. Le mie visioni si nutrono di ciò che mi circonda: un incontro con amico, ciò che vedo in strada, una cronaca che leggo sui giornali, o magari entrare in casa di qualcuno da cui si palesano mille chances, come capita al protagonista del mio film. In fondo anche io manipolo la realtà, ma è la realtà stessa a darmi il primo stimolo.

Come si trova il “finale perfetto”?
In genere lascio al pubblico il compito di tracciare la fine della storia. In questo caso, la mia scelta finale era di apertura: da una parte, trovavo fondamentale ripristinare l’elemento più importante, cioè il rapporto tra allievo e maestro, di nuovo su una panchina a raccontarsi storie. Due solitudini che si ritrovano, due individui disadattati che hanno bisogno della finzione narrativa per poter funzionare, ecco il centro del film. Capisco che il finale possa essere frustrante, perchè nel coinvolgimento lo spettatore è portato ad aspettarsi una chiusura sorprendente stile Michael Haneke, io invece faccio una piroetta e vado altrove, scegliendo di lasciare tutto aperto.

Parliamo dell’attrice Emmanuele Seigner: è vero che non si è piaciuta in questo film? E che avevate in cantiere un altro progetto sempre incentrato sulla seduzione?
Sì in entrambi i casi. Si è trovata molto brutta. E dovevamo girare un film, per cui tuttavia non ho trovato finanziamenti, su una donna che avrebbe avuto relazione con l’amico del figlio un po’ come Quell’estate del 42 . A lei vengono spesso proposti ruoli di donna sexy, sessualmente aggressiva, io invece in Nella casa la volevo più come personaggio tenero, una donna di mezza età che si fa sedurre da un ragazzo più giovane. Ci tengo a dire che non ci vedo nulla di morboso: se lo percepite come tale è solo perchè il modo di percepire la sessualità francese è diverso da quello italiano.

Tra le tante citazioni, nel film c’è più di un riferimento esplicito a Woody Allen.
In effetti ho detto a entrambi i protagonisti di ispirarsi alla coppia storica Diane Keaton e Woody Allen, ma un altro riferimento importante è Hitchcock per l’idea di suspance e il posto dello spettatore dentro un film, in particolare La finestra sul cortile per la sequenza finale. Un parallelismo involontario: io la vedevo più come installazione di arte contemporanea, quasi per convertire il professore che detesta quel tipo di arte di cui invece era appassionata sua moglie.

di Claudia Catalli

Print Friendly

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :