Ninni Bruschetta: “Woody Allen è un’icona. Il cinema italiano è il fin di vita! Ma lo è sempre stato…”
L’attore Ninni Bruschetta, amato dal pubblico di Boris, e non solo, per la sua interpretazione in tv e al cinema nei panni del direttore della fotografia Duccio, ripercorre, in esclusiva per Oggi al Cinema, le tappe fondamentali della sua carriera cinematografica. Ninni ha poi analizzato lo stato attuale del cinema italiano ed ha raccontato dei bei rapporti che ha instaurato con artisti del calibro di Raoul Bova e Woody Allen.
Hai fatto parte del film di Boris, oltre che della serie, cosa hai provato a vivere il passaggio da piccolo a grande schermo della serie?
Boris è stata un’esperienza particolare e molto gratificante. Nel mestiere dell’attore si può fare parte anche di bei film ma che non dicono niente di importante. La fortuna e la particolarità di Boris sta nel lanciare messaggi importanti alla gente, cioè che sia nel mondo televisivo che in quello cinematografico è fondamentale privilegiare la qualità dei prodotti e degli addetti ai lavori.
Ultimamente ti abbiamo visto al cinema in Buongiorno papà. Quali sono gli aspetti che ti sono piaciuti di più di quest’avventura?
In questo film mi ha fatto molto piacere ritrovare Raoul Bova, con cui ho fatto anche Attacco allo stato ed è una persona molto simpatica, aldilà della sua celebrità e della sua bellezza conclamata. E’ un amico, una persona molto semplice e divertente. Scherziamo sempre. Io lo prendo sempre in giro perché lui, essendo il protagonista, c’ha la roulotte grande e tutte le cose fighe. Lui chiaramente si mortifica perché è una persona semplicissima e ci ride molto sopra. La cosa più divertente che mi ha detto su quel set, dopo aver saputo che avevo pubblicato un libro, è stata: “mi ero rifatto un’idea di una persona seria e invece ho visto che, per fortuna, sei sempre incazzato”. E’ un rapporto bellissimo quello che ho con lui.
Far parte di To Rome with love di Woody Allen deve essere stata una bella esperienza. Che effetto ti ha fatto?
E’ stata un’esperienza strana. Io non ho mai avuto miti, neanche da ragazzino. Per mia fortuna, sin da giovane, ho sempre conosciuto persone molto famose, quindi non mi colpisce molto incontrare qualcuno di molto famoso di cui riconosco anche il genio. Però incontrare Woody Allen è stato curiosissimo perché lui mi è apparso sul set da dietro un angolo ed ho avuto l’impressione di vedere un’icona più che una persona. Il viso di Woody Allen è come quello di Topolino se ci pensi. E’ proprio un’immagine soprattutto per coloro che l’hanno visto nascere come artista e l’hanno ammirato nel suo primo film. L’aspetto più divertente è stato che io, nonostante abbia moglie e figli che parlano inglese da quindici anni, non so una parola di inglese ed io ero l’unico a cui Woody Allen si rivolgeva in inglese, essendo convinto che io sapessi parlare inglese. Io per fortuna capivo quello che diceva e riuscivo a rispondere, mentre per tutti gli altri si faceva tradurre. Mi ha divertito molto. In un solo giorno è nato un rapporto e lui mi ha detto delle cose molto belle. E’ stata chiaramente un’esperienza importantissima. Poi fa piacere leggere nel mio curriculum che ho fatto parte di un film di Allen ed è una cosa molto bella.
Essendo siciliano, per te è stato difficile entrare in questo mondo?
Quello è sempre difficile. Riesci ad entrare seguendo i canali giusti, che sono quelli di lavorare bene e basta. E’ un mondo molto complesso. Perché chiaramente non sei nessuno e ti devi sapere affermare in base a quello che sai fare, avendo anche la possibilità di farlo vedere. Ci sono anche delle persone che sono molto brave e che magari non hanno l’occasione giusta per fare vedere le proprie capacità. Io ho cominciato lavorando molto a Messina fino a quasi trent’anni. I primi film indipendenti li ho fatti a Messina. Mi sono trasferito a Roma che già lavoravo e facevo parte già del mondo del cinema e del teatro. Sicuramente da questo punto di vista, avendo a quei tempi l’opportunità di lavorare nel cinema indipendente e nel teatro indipendente, abbiamo potuto inserirci in quell’ambiente direttamente dalla Sicilia. Anzi il fatto di essere siciliani mi è servito molto, prima per fare delle cose che non avessero delle caratteristiche siciliane. Il primo film che ho fatto è stato La gentilezza del tocco di Francesco Calogero, film che parlava di un correttore di bozze e non c’entrava nulla con la Sicilia, la Mafia etc. Il film fu molto notato in ambito nazionale e internazionale. Dopo chiaramente, facendo l’attore, essendo la Sicilia terra di grandi racconti, c’è più possibilità per un siciliano di interpretare un ruolo da siciliano piuttosto che quelle che potrebbe avere un veneto. Però chiaramente devi essere bravo altrimenti non ci riesci.
Quali sono gli altri ruoli al cinema a cui sei più legato?
Sono molto legato sicuramente a L’uomo in più di Paolo Sorrentino, un film bellissimo; a I cento passi di Marco Tullio Giordana; ad Agente matrimoniale di un altro messinese Christian Bisceglia. Sono legato a Cinghiali di Portici, nonostante sia un piccolo film di Diego Olivares, che considero uno dei film più belli che ho fatto; e a Perduto Amor di Franco Battiato, per via del rapporto che ho con lui e che dura da tantissimo tempo. Non posso, infine, non citare Libera di Pappi Corsicato, che è uno dei primi film che ho fatto, Mio fratello è figlio unico di Daniele Luchetti, che è un grandissimo regista ed ho adorato recitare nei due film di Stefano Incerti Prima del tramonto e L’uomo di vetro.
Che opinione hai del cinema italiano dei nostri giorni? Quali sono gli ultimi film che hai visto e che hai apprezzato?
Il cinema italiano è più o meno sempre lo stesso. Ci sono degli autori molto bravi, che riescono a distinguersi e c’è una qualità media abbastanza modesta. Molti film si perdono, molti non escono, molti incassano troppo poco e altri non sono veramente motivati e non hanno una necessità alla base. Per fare un film deve essere necessario farlo.
A cosa è dovuta la crisi del cinema?
La crisi del cinema riguarda tante cose. Riguarda le sale e una loro cattiva gestione. Non soltanto per il fatto che molte sale chiudono, ma soprattutto perché sono gestite male anche perché il cinema americano ha una sorta di “arma di ricatto” nei confronti di gestori perché, oltre ad avere film di grossi incassi, rifila film americani che non sono film importanti e che intasano il mercato italiano. Non c’è una crisi intellettuale perché ci sono dei bravissimi scrittori, degli ottimi registi e dei buoni attori. E’ un po’ come il teatro. Come diceva Rainer Werner Fassbinder: “Il teatro è in fin di vita! Ma lo è sempre stato…”
Dove ti vedremo prossimamente?
L’ultimo film che ho fatto ancora deve uscire e non è ancora montato. E’ il film di Sabina Guzzanti ed è uno di quelli che ho fatto con più piacere. Sabina è una persona che non credevo fosse una bravissima regista, oltre che un’ottima attrice. Abbiamo lavorato molto bene ed è un film particolare.
Vuoi darci qualche anticipazione?
Non posso dire niente. E’ vietato. C’è scritto sul contratto che se diciamo qualcosa su questo film non ci pagano.
Sogni nel cassetto?
Non lo so. Forse dirigere un film mio, però non ne sono sicuro. Fino a questo momento non ne ho sentito la necessità. Magari mi impegnerò per cercare di farlo, per ora mi piace quello che faccio.
di Francesco Sciortino