Glasgow è sempre stata una città divisa in due. Due anime, due fedi, due città.
Da una parte il West End: un’area piena di hotel, giardini, parchi e bar, nel quale sorge la più grossa attrazione turistica della città: il Kelvingrove Museum, la cui collezione comprende Rembrandt, Van Gogh, Matisse e Cezanne. È la parte più borghese di Glasgow, la più bohemienne.
Dall’altra parte sorge l’East End, la zona più industriale e popolare della città. Lì sorge la casa del popolo e dal 1930 hanno sempre vinto i laburisti, in tutte le elezioni (tranne nel 2008, quando vinse l’SNP: sempre e comunque a sinistra).
In certe zone dell’East End, la speranza di vita per un maschio è di 54 anni, come in Iraq o in Afghanistan. L’East End è anche la zona dove gli immigranti irlandesi andarono a vivere all’inizio del ‘900.
E come due bandiere, sorgono i due stadi. In pieno West End, vicino al Festival Park, alla sede della BBC e al modernissimo Centro di Esibizioni, sorge l’Ibrox, la casa dei Rangers, la cui entrata pare una stazione ferroviaria. Bellissima, vittoriana, fatta di mattoni rossi. Meravigliosamente old-style.
La squadra degli unionisti e dei protestanti è gemellata con il Chelsea (che ha la tifoseria più di destra del Regno Unito) e con il Linfield (la squadra degli unionisti e dei protestanti dell’Irlanda del Nord).
Nello stemma dei Rangers, un leone rampante, il simbolo dello stendardo reale di Scozia.
Durante le sue partite è frequente vedere la Union Jack sventolata dai tifosi e il God Save the Queen cantata a squarciagola.
Dall’altra parte, in East End, il Celtic Park, a poca distanza dal Barras, il mercato popolare più famoso di Glasgow, e dalla casa del popolo. Uno stadio moderno, dove grigio e verde sono i colori dominanti. La casa del Celtic, la squadra fondata da un frate cattolico.
Nel suo stemma un quadrifoglio verde, che richiama lo Shamrock, il trifoglio, il simbolo dell’Eire.
Spesso dai suoi spalti campeggia il tricolore irlandese e si possono ascoltare canti come Fields of Athenry, una tra le canzoni patriottiche irlandesi, che parla della carestia irlandese e della ribellione contro la corona.
Il derby tra le 2 squadre di Glasgow, detto Old Firm, è uno tra i derby più caldi del mondo, a livello di Boca-River. Glasgow come Buenos Aires. Dire che è solo religione dietro alla rivalità, è dire poco.
Ci sono ragioni sociali profonde dietro: classe operaia contro classe borghese, cattolici contro protestanti, immigrati irlandesi contro britannici, unionisti contro indipendentisti.
Certo, la religione c'entra: la segregazione dei cattolici, specie se irlandesi, nel Regno Unito è sempre stata forte. E soprattutto quando sono esplosi i Troubles in Ulster, l’odio tra Rangers e Celtic è cresciuto a dismisura.
I canti dell’IRA, i canti tradizionali e di ribellione irlandesi da una parte; il God Save The Queen, il Rule Britannia e i canti contro l’IRA dall’altra (Could you go a chicken supper Bobby Sands?).
Eppure è dalla stagione 2011/12 che questo derby non si disputa più, da quando i Rangers fallirono e furono relegati in quarta divisione. Fino al primo febbraio di quest’anno, dove l’urna della League Cup le ha messe di nuovo di fronte.
Le uniche stracittadine fino a questo momento erano state quelle del Celtic con il Partick Thistle (la terza squadra di Glasgow) e quella dei Rangers con i Queen’s Park (la quarta squadra di Glasgow - che disputa, però, le sue partite interne all’Hampden Park, lo stadio più importante di Scozia, dove gioca normalmente le sue partite in casa la nazionale scozzese).
Sarà proprio Hampden il teatro per il ritorno dell’Old Firm. Campo neutro. Né East, né West End. Situato in una tra le zone più belle di Glasgow, fatta di casette basse, di giardini e di parchi, con la speranza di vita più alta di tutta Glasgow.
Lontana da tutte le rivalità.
Negli ultimi anni, anche grazie agli accordi del Venerdì Santo che hanno messo fine a quella carneficina che è stata la guerra in Ulster, e anche grazie a delle campagne sponsorizzate dalle due società, le acque si sono (in piccola parte) calmate.
Se il Celtic non ha mai avuto problemi a schierare nelle sue file giocatori e allenatori protestanti (Jock Stein, l’eroe del team biancoverde, che ha portato la squadra, da allenatore, a vincere una Coppa dei Campioni, era protestante), non si può dire lo stesso per i Rangers.
Il primo giocatore cattolico dei Rangers dopo la prima guerra mondiale fu Maurice Johnston nel 1989. Il primo capitano cattolico fu Lorenzo Amoruso dieci anni dopo.
Un derby che è stato, fino a qualche tempo fa, anche il derby tra due delle squadre più forti in Europa, che potevano schierare campioni del calibro di Henrik Larsson, Kenny Dalglish, Mark Viduka, Thomas Gravesen, Pierre Van Hoijdonk, Robbie Keane e Aiden Mc Geady nelle file del Celtic e di Brian Laudrup, Paul Gascoigne, Jim Baxter, Mark Hateley, Alex Ferguson, Claudio Caniggia, Tore Andre Flo, Giovanni van Bronckhorst e i gemelli De Boer nei Rangers.
Ed è stato anche un derby italiano. Nei Rangers hanno infatti militato Marco Negri (29 partite, 32 reti nella stagione 1997/98), Sergio Porrini, Lorenzo Amoruso (diventato poi capitano dei Rangers) e un giovanissimo Gennaro Gattuso, che fu soprannominato dai tifosi “Brave Heart”.
In biancoverde, invece, hanno militato giocatori come Massimo Donati, Paolo Di Canio (26 partite, 12 reti, eletto giocatore dell’anno in Scozia) e il roccioso terzino Enrico “Tarzan” Annoni.
Ma al di là della politica, l’Old Firm, che piaccia oppure no, è stata la sfida tra le due società più titolate al mondo. Da una parte i Rangers con 54 campionati, 33 coppe di Scozia, 27 Coppe di Lega Scozzesi e 1 Coppa delle Coppe, dall’altra il Celtic con 45 campionati, 36 coppe di Scozia, 14 Coppe di Lega Scozzesi e 1 Champions League.
Insomma, bentornato Old Firm!
Alessandro Sabatino
@twitTagli