La recensione di Oldboy di Spike Lee
"Ridi e il mondo riderà con te. Piangi e piangerai da solo". La vendetta e l'espiazione nel 2013, una nuova versione del cult orientale Oldboy di Spike Lee arriva al cinema ma delude le aspettative già basse …
Quella frase, divenuta famosissima, in cui è racchiuso tutto il significato di Oldboy, fumetto giapponese degli anni '90, da cui il regista sudcoreano Park Chan-wook trasse il secondo capitolo della sua trilogia della vendetta, nella versione di Spike Lee non la ritroviamo. Questa assenza è importante e pesante, e fa capire fin da subito che la linea più psicologica di Oldboy, quella legata al concetto di vendetta e di espiazione della colpa, viene accantonata per puntare su altri aspetti, molto più occidentali e vicini al regista afroamericano Spike Lee. Una scelta comprensibile quella dello sceneggiatore Mark Protosevich e di Lee, perché l'unico modo per uscire da un'empasse che ogni remake o riadattamento di un capolavoro che sia si porta dietro è proprio distaccarsi dall'originale il più possibile ed offrire nuovi spunti. La volontà era quella di tornare sui passi dell'avventura cartacea, ritrovando una fedeltà nei confronti del fumetto e allontanarsi dal film che Quentin Tarantino consacrò con il Gran Prix speciale della giuria a Cannes 2004 puntando su un aspetto più sociologico e legato alla cattiva condotta dell'uomo. Oh Dae-su è diventato Joe Doucett, un pubblicitario senza ritegno, alcolizzato e porco. Durante una notte viene rapito, messo in isolamento e rinchiuso senza motivo. Durante la prigionia scopre di essere accusato di omicidio della sua ex-moglie e che la sua figlioletta è stata data in affidamento ad una famiglia adottiva. Dopo 20 anni Joe viene rilasciato e, contattato da quello che sembra essere stato l'artefice di tutto, inizia un'indagine per scoprire il motivo del suo rapimento e reclusione.
Spike Lee si dedica alla linea del thriller cambiando i connotati alla storia che sul grande schermo nel 2003 aveva assunto un lirismo
visivo che tutti gli spettatori hanno apprezzato. Lo sceneggiatore ha affermato che la sua intenzione era quella di offire maggior spazio alla prima parte del film, ovvero la detenzione e l'allontanamento dagli altri esseri umani, mostrando il cambiamento di atteggiamento del protagonista. Il cambio dei connotati è anche apprezzabile, peccato che il film risulti totalmente scollato: dalla scelta di far sembrare alcuni personaggi usciti da un fumetto – o dai primi Batman – senza che essi si amalgamassero con il totale del qudro filmico, alle scene di lotta – debitrici al film del 2003 – assoolutamente poco credibili, insieme ad una delle scene finali – sequenza veramente brutta - dove sarà presente un fucile a doppia canna (ma dico io, cari attori non abbiate paura di essere sparati), alla faccia di Josh Brolin che non riesce a trasferire oltre lo schermo la drammaticità degli e venti del protagonista.Niente da fare, Spike Lee ha preso un grosso onere ma ha totalmente cannato, anche nei confronti degli spettatori che si avvicinano per la prima volta ad Oldboy. Il film è piatto, monotono, quando cerchi di dargli fiducia vieni dopo poco deluso, e poi tutta l'operazione diciamolo NON HA SENSO, soprattutto se il regista decide di girare un film senza avere davanti a sè il quadro generale della narrazione.
Ok, mi sto facendo prendere troppo sul personale. L'Oldboy di Park Chan-wook resta per me un capolavoro e, come gli altri della Trilogia della vendetta (Mr. Vendetta e Lady vendetta, che sono una spanna sopra il capitolo centrale) sono intoccabili.
Cari produttori americani, Spike Lee è svogliato e sciattone. Vi prego se volete rischiare affidate questi progetti a qualche talentuoso e fresco regista o sceneggiatore e non cercate di fare soldi facile.
NON REDIME
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