Oltre il ruolo la persona

Da Anna
- Anna, nessuno ti chiede mai come stai?La domanda arriva di sorpresa, del tutto inaspettata, come certa pioggia nei giorni di calura quando si è travolti dall’ arsura e intimamente si avverte il bisogno di fresco.

E’ una domanda legittima anche se impropria perché nel contesto relazionale tra la figura del counselor e del cliente, solitamente è il contrario.Eppure ho apprezzato questa domanda grazie alla quale mi sono ri-scoperta e come spesso avviene nella relazione, ho portato a consapevolezza altre parti di me.E’ stato il pretesto per far chiarezza sul concetto di ruolo e sulla motivazioneche mi spinge in questa direzione dell’anima.Non so quanto sia stato deontologicamente corretto, ma questo incontro lo abbiamo passato così, parlando di me. Di me oltre il ruolo, come donna e soprattutto come Persona.Ho avuto modo, grazie a questa  domanda, di scoprirmi autenticamente in un contatto che, in quel momento, richiedeva verità per tutti e due, me e il mio cliente semplicemente come due persone che si guardano per come sono . E per questo rendo grazie a questa persona che mi ha lasciato il suo spazio, non per evitare qualcosa ma per entrare in un contatto diverso. Scoprire che la figura alla quale ti sei affidato non è un guru, aiuta ad “uccidere il Budda” per riprendersi la responsabilità della propria vita, intesa come capacità di rispondere alle situazioni, anche quelle più drammatiche, e nella trasformazione, divenire artista e artefice di se stessi.Questa è la magia di certe professioni. Che ci costringono a vedere oltre le categorie sociali. In questa dimensione siamo dei privilegiati perché abbiamo la possibilità di incontrare quel poco di umanitas che è rimasta ancora in noi. E’ l’incontro disinteressato che va oltre il rapporto commerciale, il marketing, il raggiungimento dell’obiettivo e la dinamica di potere. E’ l’espressione del Bene che accoglie la fragilità oltre ogni misura. Umberto Galimberti scrive: - Nella società ciascuno è funzionario ed esecutore di azioni descritte e prescritte dall’apparato di appartenenza, nell’amore ha lo spazio per essere se stesso, reperire la propria identità profonda al di là di quella declinata dal ruolo, cercare la propria realizzazione e l’espressione di sé[1]Così quando ripenso al motivo che mi spinge verso questa mia professione, sia come formatrice che come counselor, riscopro il piacere di incontrare la parte più umana della gente, quella fatta di passioni, paure, frustrazioni, desideri, sogni … la parte autentica, saggia, poetica.E’ per questo che nonostante gli strumenti del mestiere che possono avere a disposizione medici, psicologi, sociologi, formatori, insegnati, coach e  counselor …, ritengo che ci sia un’ intima saggezza, la saggezza della relazione e dell’amore che se stimolata sa già tutto. Noi come professionisti, siamo solo uno strumento per sollecitare questa meraviglia.E’ per questo che non credo alla “detenzione del sapere” ne tanto meno del benessere e della salute da parte di alcune categorie. Certe diatribe sul chi è in grado di fare cosa, che molte volte più che definire i confini della professione serve per mantenere commercialmente il potere di certe lobby, non ha più senso. E’ la persona che sceglie il proprio cammino, nel bene e nel male. Noi possiamo, eticamente,  informare per far conoscere i diversi sentieri. E’ per questo che aspiro ad una possibile collaborazione tra le diverse professioni. Ancora una volta il punto sta nella possibilità che offre il contatto, la magia chiamata relazione!




[1] U. Galimberti, Le cose dell’amore, Ed Feltrinelli 2010, pag. 12

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