Nell’immaginario popolare cinematografico ogni categoria ha un suo rappresentante ben definito. Un nome che nei decenni ha raggiunto livelli tali nel binomio notorietà / talento che, solamente pronunciandolo, se ne fa automaticamente un uso iconico per definire quel determinato campo della settima arte dal quale proviene il personaggio citato. E’ così, ad esempio, per Robert De Niro nella recitazione, i nostri Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo nella scenografia, e nel campo del trucco di scena e degli effetti speciali così è stato per cinquant’anni con Dick Smith, premio Oscar alla carriera nel 2011, scomparso giovedì scorso a 92 anni.
Laureatosi a Yale, il giovane Smith abbandonò in una notte i futuri progetti da dentista e si immerse nel mondo del trucco relazionato al cinema. A folgorarlo fu un libro in cui venivano spiegate tutte le pratiche nell’arte del make-up. Fu l’inizio di un’ascesa incredibile, che passò dalla NBC e dalla televisione e che ebbe il suo exploit definitivo sul grande schermo, ambizione originaria di Smith. Dick Smith collaborò negli anni con alcuni tra i più grandi registi statunitensi, contribuendo ad alcune pietre miliari della storia cinematografica. Grazie alla sua straordinaria bravura divenne un’icona ad Hollywood. Un’icona che creava icone: questo era Smith.
Volti che sarebbero diventati un marchio indelebile per generazioni di cinefili, erano creati dalle sue talentuose mani. Un imbolsito Marlon Brando ne Il Padrino era frutto sì della geniale inventiva dell’attore che, com’è noto, si presentò al provino posizionandosi cotone in bocca per rendere più credibile il personaggio, ma anche, successivamente, di Smith, che sul set ebbe l’intuizione, derivante probabilmente dai suoi studi universitari, di sostituire il cotone con un apparato costruito appositamente da un dentista. Il tutto rifinito da un trucco che accentuava volutamente la rinomata pacatezza mafiosa di don Vito Corleone.
Altrettanto noto e apprezzato fu il suo lavoro in Taxi driver, capolavoro di Martin Scorsese, nel quale mutò magistralmente la testa di Travis Bickle / Robert De Niro, tanto da far sembrare che l’attore si fosse realmente rasato. Ma uno dei trucchi più faticosi fu la demoniaca trasformazione della piccola Linda Blair ne L’esorcista: dopo mesi di tentativi e di bocciature del suo lavoro da parte del regista, William Friedkin, Smith mise in pratica le sue grandi abilità nell’uso del lattex e delle applicazioni plastiche. Con l’aiuto del direttore della fotografia Owen Roizman, che con un accurato uso delle luci riuscì a coprire i punti in cui l’applicazione si staccava, Smith realizzò un make-up mobile ed elastico a seconda delle espressioni della piccola Regan MacNeil.
Il suo talento nell’invecchiare gli attori con il trucco fu dimostrato ulteriormente proprio in questa pellicola, in cui riuscì ad aumentare l’età di Max von Sydow con una credibilità sorprendente. Il primo riconoscimento degli Academy Award per Smith arrivò nel 1985 grazie al suo lavoro per Amadeus di Milos Forman, con F. Murray Abraham e Tom Hulce. Folgorato in giovane età da un libro sui trucchi del make-up cinematografico, negli anni ’90 Dick Smith, lavorando a La morte ti fa bella con Meryl Streep e Goldie Hawn, ha voluto lasciare lui stesso, alle generazioni future, una sorta di bibbia non scritta di quel settore che, con la sua maestria, è riuscito a rivoluzionare e a segnare indelebilmente nel corso della sua carriera.
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