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Omofobia, l’allarme che non c’è

Creato il 24 luglio 2013 da Giulianoguzzo @GiulianoGuzzo

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Serve una legge contro l’omofobia. Punto. Lo si ripete ormai meccanicamente dentro e fuori le Istituzioni, nel corso dei dibattiti televisivi, nelle interviste: ovunque. L’uomo della strada ha però il diritto di sapere come mai sarebbe necessaria una normativa contro le discriminazioni sessuali: queste risultano in aumento? E di quanto? C’è forse, in Italia, un allarme omofobia, un dilagare di aggressioni e pestaggi ai danni di cittadini non eterosessuali? A queste banali domande – fateci caso – non si risponde mai, dando per scontato che la lotta all’omofobia, concetto inventato dallo psicologo americano Weinberg [1] e sul quale ci sarebbe molto da dire, costituisca una irrinunciabile priorità.

La realtà però è che non esistono, per l’Italia, dati che attestino alcuna allarmante diffusione di discriminazioni “omofobe”. Se per esempio prendiamo l’ultimo rapporto Ilga – acronimo che sta per International Lesbian and Gay Association – leggiamo che in Italia il 73% delle persone omosessuali e transgender sarebbe stata vittima di discriminazione [2]; dato impressionante ma scarsamente attendibile poiché privo di credenziali di scientificità derivando da un altro rapporto, denominato “NISO project”[3], redatto sulla base di questionari (che era possibile compilare più volte [4] e mai sottoposti ad alcun controllo o criterio di verificabilità) consegnati e raccolti, per esempio, ad eventi quali il Roma Gay Village [5] e non già sulla base di un campionamento rappresentativo.

Stesso discorso in Spagna, dove molti esperti ed associazioni civili hanno denunciato – con riferimento ai rapporti sulle discriminazioni ai danni degli omosessuali – totale mancanza di rigore nella metodologia e nell’analisi dei dati dell’indagine, oltre alla consistenza statistica [6]. Fonti ben più attendibili come per esempio ricerche condotte negli Stati Uniti una ventina di anni or sono – ovvero quando, in teoria, l’”omofobia” avrebbe dovuto costituire un fenomeno epidemico – attraverso lo studio sulla popolazione omosessuale ci indicano che allora non erano più di un quarto i gay e lesbiche che si dichiaravano vittime di discriminazioni [7]. Quindi tre quarti degli omosessuali già anni fa, in America, dichiarava di non aver subito discriminazioni; e ragionevolmente la situazione oggi è senz’altro migliorata.

Quanto alla situazione dell’Italia – posto che storicamente è nei Paesi protestanti più che in quelli cattolici che si sono verificate discriminazioni o persecuzioni ai danni degli omosessuali [8] – possiamo dire, affidandoci ai dati ufficiali Istat, che quasi sette italiani su dieci – la stragrande maggioranza -, assumendo una presa di posizione molto libertaria dichiarano di essere «molto o abbastanza d’accordo con l’affermazione secondo la quale “si può amare una persona dell’altro sesso oppure una dello stesso sesso: l’importante è amare”» [9], dunque è altamente improbabile che vi sia chissà quale odio diffuso verso le persone gay; a meno che non si affermi, possibilmente dimostrandolo, che larga parte del campione Istat ha mentito.

In ogni caso, che non vi sia traccia di odio verso gli omosessuali – oltre che dallo scarsissimo numero di segnalazioni di casi di “omofobia” meno di 150 in tutto il 2012 [10] (segnalazioni sulle quali, fra l’altro, manca ogni accertamento) - è suggerito da un recente sondaggio Swg finalizzato a rilevare le categorie sociali più odiate ed effettuato lo scorso 14-15 maggio su un campione di 1500 persone: sono comunque emersi dati preoccupanti – il 12% degli interpellati, per esempio, considera «nemici» gli immigrati e c’è persino, strano ma vero, un 1% (numero minimo ma comunque grave) che considera «nemici» i meridionali e un 1% che considera «nemici» i settentrionali– ma non c’è traccia di alcuna forma di odio verso degli omosessuali. Nessuno, su 1500 persone, ha dato questa risposta [11]: tutti bugiardi?

Ulteriori indizi contro l’ipotesi dell’Italia “omofoba” ci giungono infine da un recentissimo lavoro comparativo a livello internazionale a cura del Pew Research Center dal quale è emerso che siamo addirittura l’ottavo Paese al mondo quanto ad accettazione sociale dell’omosessualità. Non solo: se osserviamo l’andamento di siffatta tolleranza per gli ultimi cinque anni scopriamo come, mentre in Germania ed in Spagna – Paesi nei quali, in aggiunta alle legali unioni civili e nozze gay, la lotta all’omofobia risulta presente rispettivamente nella Costituzione e nel Codice penale [12] - fra il 2007 ed il 2013 l’apertura verso l’omosessualità è aumentata dal 6%, da noi il fenomeno sia stato ancora maggiore: più 9% [13].

A questo punto la domanda sorge spontanea: ma dov’è la fantomatica omofobia? Lo chiediamo senza voler negare che dei cittadini omosessuali possano purtroppo aver subito delle discriminazioni – episodi da condannare senza titubanza e ai quali, fra l’altro, la stampa offre «grande risalto» [14] -, ma nella consapevolezza, suffragata da quanto abbiamo sopra ricordato, che probabilmente una legge contro l’omofobia, anche sorvolando sulle non trascurabili implicazioni che avrebbe sulla libertà d’opinione, sarebbe inutile per il semplice fatto che l’Italia non sconta alcuna intolleranza diffusa ai danni dei cittadini non eterosessuali, liberi come gli altri di amarsi e come altri tutelati dal Codice penale nella misura in cui fossero vittime di aggressioni, oltraggi o offese [15].

Fra l’altro quello della discriminazione, a ben vedere, è un versante meno definito e rettilineo di come spesso viene rappresentato – non mancano neppure, per esempio, casi nei quali le persone omosessuali, raccontando le loro esperienze di vita, segnalano di aver trovato più apertura nelle coppie eterosessuali che in certe coppie gay [16] -, ragion per cui c’è da ritenere che, a lato pratico, una legge contro l’omofobia servirebbe realmente a poco, salvo che a incidere nella cultura, ossia nel modo di vivere di un popolo [17], in questo caso quello italiano. Ma questo nulla ha a che vedere coi diritti delle persone omosessuali e parecchio, semmai, con chi si sente in dovere di forgiare una mentalità; di stabilire, non già eseguendo ma sostituendosi alla volontà popolare della maggioranza dei cittadini, cosa sia meglio per loro. Se non è l’anticamera di un totalitarismo, poco ci manca.

Note: [1] Cfr. Weinberg G.H. (1972) Society and the Healthy Homosexual, St. Martin’s Press; [2] Cfr. ILGA-Europe Annual Review 2013: Italy, p. 129; [3] Cfr. AAVV. NISO project. Fighting homophobia through active citizenship and media education. National report on homophobic attitudes and stereotypes among young people Italy; 1-58; [4] Cfr. Arcuri G. Europa: 370.000 euro pubblici versati alla lobby gay per un sondaggio dall’esito stabilito a tavolino (e costato quasi nulla: dove finiscono allora i soldi).«La Bussola Quotidiana», 18/04/2012; [5] Cfr. AAVV. NISO project, p. 9; [6] Cfr. La Agencia Europea de Derechos Fundamentales financia con 370.000 eurosun estudio a la medida del lobby gay, «Hazteoir.org», 29/4/2013; [7] Cfr. AA.VV. National Gay Task Force (1993), Employment Discrimination in New York City: A Survey of Gay Men and Women in William B. Rubenstein (ed.), Lesbians, Gay Men, and the Law (New York: The New Press). First printed as an unpublished handout/flyer (1980); AA.VV. OUT/LOOK (1993), Queery, Work, and Career: The Results in William B.Rubenstein(ed.), Lesbians, Gay Men, and the Law (New York: The New Press). First published in OUT/LOOK (Fall 1988), p. 94; AA.VV. Seattle Commission for Lesbians and Gays (1991), A Survey of the Seattle Area Lesbian and Gay Community: Identity and Issues (Seattle, WA: Seattle Commission for Lesbians and Gays); [8] Cfr. L’omosessualità in Italia. «Istoreto.it»; [9] AA.VV. La popolazione omosessuale nella società italiana. «Istat» (2012); 1-19:7; [10] AA.VV. Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni (2013 -2015); [11] Cfr. AA.VV. Scenari di un’Italia che cambia, «Swg», giugno 2013; 1-9: 6; [12] Cfr. queerblog.it/post/97917/i-paesi-europei-che-hanno-leggi-contro-le-discriminazioni-omofobe; [13] Cfr. AA.VV. (2013) The Global Divide on Homosexuality. Greater Acceptance in More Secular and Affluent Countries. «Pew Research Center»; 1-25; [14] AA.VV. Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni…p. 12; [15] Infatti – oltre alla L. 25/6/1993 n. 20 contro i crimini d’odio – già vige il reato di ingiuria per chi lede l’onore di una persona (art. 594), la diffamazione (art. 595), la diffamazione per mezzo stampa (art. 596 bis) nonché l’aggravante comune per aver agito per motivi abietti o futili (art. 61); [16] Cfr. Cavina C. – Danna D. Crescere in famiglie omogenitoriali,  FrancoAngeli, Milano 2009,  p. 112; [17] Cfr. Herskovits M.T. Man and his works. The science of cultural anthropology, A.A. Knopf, New York 1948, p. 29.



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