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omofobia: le indignazioni virtuali non ci bastano.

Da Stanford @stanfordissimo
omofobia: le  indignazioni virtuali non ci bastano. Per la prima volta voglio proporvi la riflessione di un amico sulla bocciatura della legge contro l'omofobia, da poco vergognosamente accaduta in suolo italico. Ma ciò che più mi preme non è la palese indignazione quanto la semplicità con cui Tiziano autore del testo che leggerete, ci mostra la strada più vera per provarne di autentica :OMOFOBIA A volte bisogna esporsi ed io lo faccio. E per una volta abbandono la vena sarcastica, a volte acida. Tema che affronto: la bocciatura della legge anti-omofobia, ennesima bocciatura. E non mi scaglio contro chi non ha votato a favore. Rifletto, perché infastidito, dal proliferare in questi giorni sui vari social di lamentele quasi populiste e di considerazioni sterili e prive di sostanza. Sono infastidito da chi continua ad affermare che in Italia ci sono il Vaticano ed il Papa ad impedire ogni scelta libera, “moderna” e contemporanea alla società che cambia. Non amo la Chiesa, quella con la “C” maiuscola appunto, ma oggettivamente che vi aspettate?  Sono poi infastidito da chi in questi giorni pone sempre il confronto tra Italia ed altri paesi: USA, Francia e Spagna aprono al matrimonio tra omosessuali e in alcuni casi alle adozioni.  Alla prima questione mi sento di rispondere che il problema non è la dottrina del Vaticano ma l’atteggiamento genuflesso della nostra classe politica che ha, ovviamente e da sempre, il suo tornaconto. In merito a quanto stanno facendo gli altri paesi semplicemente sono più progressisti dell’Italia, da sempre, su tutte le questioni (divorzio, aborto, quote rosa, suffragio femminile ecc.): guardiamo in casa nostra e forse, se ammettiamo che la nostra cultura maschilista e testosteronica impedisce il progresso, avremmo fatto un passo avanti. Il mio pensiero, ed ho posizioni precise in merito ai temi della lotta gay, è che dovremmo pensare che di per se è mortificante delegare il rispetto della categoria ad una legge che non cambierà l’atteggiamento sociale nei confronti dell’omosessualità: educhiamo i nostri figli (i vostri in realtà) alla coscienza civile, al rispetto, all’educazione non solo in termini di Uomo – uguale – Potere. Affermo di non credere e/o bramare il matrimonio gay: amore, affinità, condivisione, complanarità emotiva non lo richiedono. Il portafoglio invece si e quindi auspico riconoscimento dei diritti delle coppie di fatto. Ma è un altro discorso. Non ho alcun interesse in merito all’adozione per le coppie gay e francamente, pur nel rispetto di chi ne sente necessità, non riesco a condividere sino in fondo: ma il mio istinto paterno sta a zero , quasi quanto la necessità di una prospettiva o proiezione di me stesso nel futuro.  Amo pensare di avere inizio e fine con me stesso e per le –poche- persone che amo. Tutto questo, sinteticamente espresso, lo affermo nel desiderio di veder superate, un giorno, le etichette: e le etichette saranno cancellate quando i gay, per primi, usciranno dal loro “ghetto” che è innanzitutto spazio-temporale e mentale. E, sottolineo, profondamente vigliacco. In qualche modo è stata venduta l’anima al diavolo della Benevolenza: trasformati in macchiette, piumette svolazzanti, ricchi di clichè spesso patetici; dai tempi del “Vizietto”, e son passati 35 anni, è cambiato il taglio dei vestiti, ma la tristezza è la medesima. C’è un modo per amare chi si desidera senza giustificarsi con il trucco o coprendosi di barba simil virile.  C’è ancora il coraggio di prendersela per una mancata legge? Per farsi rispettare bisogna evadere dalle proprie prigioni.  Prigioni che odio quanto odio i ghetti con tutto me stesso e mai li ho frequentati: vivo trasversalmente il mondo e la società. Aggiungo che frequento pochissimi gay, perché di fatto mi annoiano, peraltro frequento pochissimi architetti per lo stesso motivo: ed io lo sono.

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