Oggi, Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia, si ricordano le vittime della discriminazione contro gli omosessuali. La memoria per chi ha pagato, talvolta anche a prezzo carissimo, per la propria tendenza sessuale non può che accomunare e farci riflettere sull’importanza di una tolleranza che non deve essere solo proclamata, ma pure vissuta nel quotidiano, giorno per giorno, all’insegna dell’incondizionata accoglienza del prossimo evitando, come espressamente prescritto dal Catechismo della Chiesa Cattolica, «ogni marchio di ingiusta discriminazione» [1]. Detto questo, non si può fare a meno di esprimere riserve sulla scelta politica [2] di isolare le violenze a danno delle persone non eterosessuali, quasi le altre fossero meno gravi, racchiudendole sotto l’ombrello dell’omofobia, concetto che da un lato si presta ad indebite strumentalizzazioni e, dall’altro, origina dei veri e propri cortocircuiti logici che ne tradiscono un’intrinseca quanto trascurata pericolosità.
Ma andiamo con ordine, a partire dalla storia di questo termine. Che è un termine storicamente molto recente essendo stato coniato nella seconda metà del Novecento – precisamente negli anni Settanta – dallo psicologo americano George Weinberg [3], mentre nella lingua italiana è stato introdotto ufficialmente alcuni anni dopo: lo Zingarelli fa risalire la parola “omofobia” al 1985 [4]. Al di là del suo diffondersi a livello mondiale, ciò che rileva di questo concetto è la progressiva dilatazione semantica di cui è stato oggetto [5]: dapprima individuata da Weinberg nella «paura espressa dagli eterosessuali di stare in presenza di omosessuali» e nell’«avversione che le persone omosessuali hanno nei loro stessi confronti» [6], l’omofobia oggi non solo è considerata una sorta di patologia presente in coloro che la sperimentano – con ripercussioni negative, secondo alcuni e discutibili studi, persino nei tassi di mortalità [7] -, ma è divenuta un feticcio intoccabile; il solo «non chiamarla omofobia – è stato scritto – è di per sé espressione di omofobia» [8].
La conseguenza più grave e tangibile di questa metamorfosi sta nel fatto che ora chiunque osi non già porre in essere effettivi oltraggi a danno di persone non eterosessuali (oltraggi già ampiamente sanzionati anche dall’ordinamento italiano [9]) , bensì solamente criticare le rivendicazioni politiche di alcune associazioni di omosessuali – dal matrimonio gay alle adozioni per le cosiddette “famiglie omogenitoriali” – viene additato ora come istigatore alla violenza ora come nemico del benessere dei cittadini omosessuali. In entrambi casi, però, si tratta di un inganno: è un inganno apostrofare come omofobi coloro che si oppongono al matrimonio omosessuale dal momento che – da Jean-Pierre Delaume-Myard a Philippe Ariño – sono molti anche gli attivisti omosessuali che la pensano così, ed è un inganno dire che il riconoscimento delle unioni gay determinerebbe felicità per tutti come dimostra il più alto numero di suicidi che si continua a registrare nella popolazione omosessuale in Paesi estremamente gay friendly come l’Olanda [10] o la Danimarca [11], che pure è stato il primo Paese al mondo ad aver riconosciuto alle coppie omosessuali «tutti i diritti ed i doveri in merito ad eredità, donazioni, pensioni, tasse, obbligo di assistenza reciproca» [12].
Da concetto estremamente vago – vago al punto che, laddove graduato, per esempio attraverso l’Ioa, Index of Attitudes towards Homosexuals, porta a classificare addirittura come “molto omofobo” chiunque, incluso il più neutro, non sia palesemente entusiasta dall’omosessualità [13] – ecco che l’omofobia si è quindi trasformata in facile accusa per silenziare ogni dissenso, foss’anche espresso da persone omosessuali, a rivendicazioni discutibili di un’ala militante della galassia gay. Che, così come scritto nel celebre manuale di propaganda After The Ball, si adopera alacremente per far apparire «i gay come vittime, non come provocatori aggressivi» e per fare in modo che quanti si oppongono alle loro richieste «sembrino cattivi» [14]. Ma la realtà è che, come le nozze gay – lo abbiamo visto – non producono alcun apprezzabile aumento di benessere nella popolazione omosessuale, anche l’introduzione del reato di omofobia non comporta maggior tolleranza verso l’omosessualità.
Lo dimostra, incredibile ma vero, proprio il caso dell’Italia che da un lato non prevede (ancora) il reato di omofobia e dall’altro, secondo quanto emerso da un lavoro comparativo internazionale a cura del prestigioso Pew Research Center, è addirittura l’ottavo Paese al mondo quanto ad accettazione sociale dell’omosessualità. Posto che anche un solo caso di discriminazione ai danni di qualcuno non è ammissibile, francamente dispiace che i giornali che contano non abbiano riportato questo dato così positivo. E non finisce qui: se osserviamo, sempre con riferimento a questo accurato studio, l’andamento di siffatta tolleranza per gli ultimi anni scopriamo come, mentre in Germania ed in Spagna – Paesi nei quali, in aggiunta alle legali unioni civili e nozze gay, la lotta all’omofobia risulta presente rispettivamente nella Costituzione e nel Codice penale [15] – fra il 2007 ed il 2013 l’apertura verso l’omosessualità è aumentata dal 6%, da noi il fenomeno sia stato ancora maggiore: più 9% [16].
Morale: il rispetto verso il prossimo a prescindere dalle sue tendenze sessuali – che da noi, urge ricordarlo, è già solennemente scolpito nella Costituzione come il principio più alto – non abbisogna, per essere promosso, di alcuna legge contro l’omofobia né dello stravolgimento del diritto di famiglia. Anzi, proprio per il rispetto delle persone omosessuali sarebbe meglio bandire il termine omofobia giacché, com’è stato osservato, «le “-fobie” sono solo patologie: e se sei malato non è colpa tua. In questo senso “omofobia” è un eufemismo assolutorio» [17]; e dato che sarebbe assurdo, un domani, concedere a chi fosse accusato di violenza contro una persona non eterosessuale la possibilità, effettivamente offerta dal termine omofobia, di cavarsela dichiarandosi malato quindi incapace di intendere e volere, meglio continuare a lasciare la parola al nostro Codice penale, che parla già chiarissimo, al contempo evitando di tacciare come intolleranti coloro che hanno sola “colpa” di chiedere che la famiglia rimanga tutelata per com’è stata concepita da secoli: società naturale fondata sul matrimonio.
Note: [1] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2358; [2] Il riferimento, qui, è primariamente alla Risoluzione del Parlamento europeo del 26 aprile 2007 con la quale, in seguito non già ed episodi di violenza materiale bensì ad alcune dichiarazioni critiche di autorità polacche sulla comunità LGBT, l’Unione europea ha istituito ufficialmente la giornata contro l’omofobia sul suo territorio; [3] Cfr. Weinberg G.H. (1972) Society and the Healthy Homosexual, St. Martin’s Press; [5] Cfr. De Falco R. Per moda di dire, Alfredo Guida Editore, Napoli 2010, p.78; [5] Cfr. Bullough Vern L. – Bullough B. Human Sexuality: An Encyclopedia, Garland Publishing, Inc. 1994, p. 275; [6] «The fear expressed by heterosexuals of being in the presence of homosexuals, and the loathing that homosexual persons have for themselves», è la definizione originale di Weinberg; [7] Cfr. Hatzenbuehler M.L.– Bellatorre A.– Muennig P. (2014) Anti-Gay Prejudice and All-Cause Mortality Among Heterosexuals in the United States. «American Journal of Public Health»; Vol.104(2):332-337; [8] Pierantoni L. cit. in Lingiardi V. Citizen Gay. Famiglie, Diritti Negati e Salute Mentale, Il Saggiatore, Milano 2007, p.51; [9] Infatti – oltre alla L. 25/6/1993 n. 20 contro i crimini d’odio – già vige il reato di ingiuria per chi lede l’onore di una persona (art. 594), la diffamazione (art. 595), la diffamazione per mezzo stampa (art. 596 bis) nonché l’aggravante comune per aver agito per motivi abietti o futili (art. 61); [10] Cfr. De Graaf R. – Sandfort T.G. – Have M. (2006) Suicidality and sexual orientation: differences between men and women in a general population-based sample from the Netherlands. «Archives of General Psychiatry»; Vol.35(3):253-62; [11] Cfr. Mathy R.M. – Cochran S.D. – Olsen J. – Mays V.M. (2011) The association between relationship markers of sexual orientation and suicide: Denmark, 1990-2001.«Social Psychiatry and Psychiatric Epidemiology»; Vol.46(2):111-7;[12] Cfr. Fatidico sì per le coppie gay. «La Repubblica», 3/10/1989, p. 23; [13] Cfr. Wright R.H. – Cummings N.A. Destructive Trends in Mental Health. The well-intentioned path to harm, Routledge, New York 2005, p. 72; [14] Kirk M. – Madsen H. After the ball. How America will conquer its fear & hatred of Gays in the 90′s, Plume, New York 1990, pp.180-189; [15] Cfr.Queerblog.it/post/97917/i-paesi-europei-che-hanno-leggi-contro-le-discriminazioni-omofobe; [16] Cfr. AA.VV. (2013) The Global Divide on Homosexuality. Greater Acceptance in More Secular and Affluent Countries. «Pew Research Center»; 1-25; [17] Giartosio T. Perché non possiamo non dirci: letteratura, omosessualità, mondo, Feltrinelli, Milano 2004, p. 82.