- La fabbrica sarda di alluminio Alcoa ha chiuso a gennaio di quest’anno
- Oggi l’incontro al Ministero per la vendita a Klesch, ma le trattative sono ferme da mesi
- Il presidente della Regione Ugo Cappellacci non si è presentato
- Che cos’è il tanto sbandierato “Piano Sulcis”? Poco più di un pezzo di carta
L’INUTILE “PIANO SULCIS” | IL TUNNEL OCCUPATO | INTERVISTA: L’ULTIMA OPERAIA DEL SULCIS
Hanno cominciato questa mattina alle 7:00 bloccando l’autostrada fuori Civitavecchia, dove i 300 operai dell’Alcoa (e dell’indotto) sono arrivati sulla loro rotta di protesta verso via Molise, al Ministero dello Sviluppo Economico, Roma. È lì che hanno piantato le tende e minacciano di rimanere fino a che le trattative non vedranno una svolta. Attesa da troppo tempo. Ma in realtà la protesta inizia ben prima, quel 26 novembre 2009 in cui Roma tremò sotto il peso degli elmetti sardi sbattuti a terra all’unisono. Era solo l’inizio di una lunga, durissima, vertenza industriale.
La fabbrica Alcoa, nel Sulcis Iglesiente, la provincia più povera d’Italia, dava lavoro a 500 operai e faceva vivere un indotto diretto di altre 600 persone [LEGGI LA SCHEDA]. I lavoratori dell’indotto che a gennaio avevano occupato un tunnel per poter ottenere gli ammortizzatori sociali. Dopo anni di trattative con diversi sedicenti compratori internazionali la fabbrica ha chiuso lo scorso gennaio, lasciando oltre mille persone in cassa integrazione straordinaria.
Ora via Molise, sede del ministero, è fortemente presidiata dalle forze dell’ordine, e c’è stato qualche lancio di petardi. Soprattutto all’apprendere che il presidente sardo Ugo Cappellacci non sarebbe stato presente, diversamente da quanto affermato in precedenza. E alla notizia dell’ennesimo rinvio: 4 novembre per Alcoa, il 7 per l’indotto, ottennendo così anche lo “scorporo” dei due gruppi.
Dice Manolo Mureddu, sindacalista, dal presidio: “Quello che sta dicendo il governo non ci piace: sembra l’ennesimo incontro interlocutorio che rimanda ad altre riunioni. É preoccupante l’atteggiamento del governo, anche perché la questione ammortizzatori sociali dei lavoratori diretti si discuterá il 31 al Dicastero del lavoro, mentre per gli appalti restano le lettere di licenziamento. Stiamo cercando di capire cosa c’é di concreto e immediatamente realizzabile nel Piano Sulcis”.
Il Piano Sulcis, appunto. Il 17 ottobre il ministero allo sviluppo ha stanziato i fondi, con decreto, per il famoso “Piano Sulcis” che dovrebbe rilanciare l’economia della zona depressa e sostenere piccola e media impresa con tassazioni agevolate. Ma mentre un anno fa, quando il ministro Passera fu costretto a scappare in elicottero dal Sulcis per le proteste, si parlava di 451 milioni di Euro – di cui 233 già stanziati in precedenza dai fondi regionali – ora la cifra scende a 124 milioni di cui ora ne sono disponibili 30. Veramente una goccia nel mare.
Una vertenza abbandonata a se stessa, dei lavoratori lasciati soli nell’isola dei cassintegrati, e nella provincia più povera d’Italia. E ora si montano le tende: “Non ce ne andremo finchè non arriveranno risposte. Non siamo venuti qui per la cassa integrazione, vogliamo lavorare!”, dice un operaio. Da ricordare anche le parole dell’americana Alcoa, alla decisione di abbandonare l’Italia per i seguenti motivi: “Assenza di infrastrutture, costi energetici troppo alti, governo nazionale non affidabile”. Cosa è cambiato da allora?
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di Michele Azzu | @micheleazzu