Andiamo a vedere Viareggio. L'hai intravista, un giorno, quando sei arrivato, carico delle tue valigie imbottite di abiti bianchi, di costumi azzurri, di scarpe di gomma.
[...] Piccola città, non si capisce se di mare o di pianura, perché del mare, per un tratto tu non hai il più piccolo sospetto, e che sia di pianura neppure ti fidi per certi chiarori forieri di più vaste luci in fondo alle stradette. Le automobili degli alberghi la traversano a rotta di collo, con gran sconquasso, come se portassero rinforzi a una lontana trincea.
[...] La strada è di gente che si muove pianissimo: marinai, saprai dopo, che aspettano un po' di vento e un po' di carico perché il veliero possa partire. La Finanza: le guardie di finanza che cosa ci stanno a fare? ti domandi. E solamente allora, perché non può essere che sian tutte guardie in licenza, ti rammenti che Viareggio è sul mare e che i viareggini navigano e fanno mercato con gente di altre rive. Ma questo è il mare dei dodici mesi all'anno.
Quello dei quindici giorni, o del mese di vacanza, quello disutile per i marinai, il mare michelaccio che si rotola e sbava pigro sulla sabbia, mare buono per l'approdo soltanto dei "mosconi" e dei "pattini", quello per il pediluvio di centomila persone al giorno, eccolo lì, alla svolta, finalmente, dietro barricate di gelati, di cassate, di cedromenta al seltz, di cuffie di gomma, di cappelloni di paglia, di palette di legno per i bambini, di sassofoni per i grandi. Una riga di alberghi, una riga di asfalto, una riga di paste dolci e di aranciate, una riga di sabbia, una di ombrelloni, e infine, una di schiuma, schiuma marina autentica, garantita all'assaggio. Meno male, tu pensi, che c'è la Viareggio non soltanto dei viareggini.
(Orio Vergani, Questa era Viareggio (da un articolo del 10 agosto 1930) - Viareggio Ieri - novembre 1964)