Orizzonte mobile
Titolo: Orizzonte mobile
Autore: Daniele Del Giudice
Editore: Einaudi
Pagine: 140
Prezzo: € 16,50 (eBook 9,90 su laFeltrinelli.it)
Pubblicazione: marzo 2009
ISBN: 978-88-0619-793-3
Valutazione Libri Consigliati: imperdibile.
Con Orizzonte mobile, Daniele Del Giudice fornisce prova tangibile di quanto la letteratura non possa prescindere dall’isolamento, dall’osservazione risoluta, di come l’autorevolezza nella scrittura sia discriminante essenziale che non può prescindere dall’acutezza alla quale i sensi devono essere allenati, non meno dalla passione per la ricerca, e infine da quella leggerezza consapevole che permette di trascendere l’oggetto d’investigazione. L’incipit narrativo è folgorante, le prime due pagine varrebbero da sole l’acquisto.
“Vorresti gridare subito la tua storia, vorresti dire ‘Talvolta credi di commettere tutti gli errori passati e futuri’, oppure ‘Ogni uomo porta in se stesso una camera’, oppure ‘Se potessi capire come mai è finita così’, in bilico sopra un filo, un fuso, ma se è vero che ogni uomo ha in se stesso una camera, la tua è tutta in disordine, sul comò si ammucchiano vecchie fotografie, e tu penseresti ‘È impossibile ricordare tutto’, invocheresti la distrazione perché è la sola che scampa al dolore, e intanto in una scatola nell’armadio di cucina c’è un uovo di pinguino, bucato e svuotato dal bianco e dal tuorlo, riportato dal Sud più profondo, il più profondo e radicale dei Sud, un gelido Meridione. [...] Ecco, vorresti gridare subito un grumo di dolore, o di gioia, che non si articola in parole ordinate, ma tutte insieme, esplose come esplode una stella, e c’è un silenzio attonito e glaciale, e dov’è la calma allora, dov’è la tua calma, dov’è il governo, dove la composta malinconia dell’imperscrutabile capitano, un po’ distratto, un po’ silenzioso, colui che tiene le fila, un uomo sui fili che ha voluto tendersi da sé? I fili sono trecentosessanta, ma ventiquattro contano più degli altri, dodici verso destra e dodici verso sinistra, e da qui potrei cominciare, ma cominciare significa decidere un prima e un dopo, dare un ordine, isolare dal flusso, rompere la simultaneità, uscire dalla compresenza, fare come se esistesse una frase alla volta, un’immagine alla volta, un pensiero o un ricordo o un racconto alla volta, uno e poi uno e poi uno, e non tutto insieme. Sforzati di restare in questo disordine, di aderire ad esso, ma non è facile e non sempre è possibile, non sempre ci riesco.”
Riporto questo stralcio, che per sensibilità mi ha riportato all’epilogo de Il sistema periodico di Primo Levi, così come ripreso in un magnifico approfondimento critico di Giuseppe Genna (http://www.giugenna.com/2009/05/06/secondo-me-orizzonte-mobile-di-daniele-del-giudice/), del quale condivido pienamente la sostanza, apprezzandone oltretutto l’intensità e la sincerità espositiva.
Annotazioni di viaggio, esperienze diversissime e contigue, episodi realmente accaduti e memorie fittizie, il tutto s’intreccia e va a confluire in una Wanderung dalle molteplici prospettive. Ed è proprio attraverso la narrazione della propria spedizione verso l’Antartide, attraverso i diari di viaggio della spedizione Bove, e della De Gerlache, è attraverso tutto quel bianco accecante e folle nel quale l’occhio vaga senza subire costrizioni che Del Giudice somma e scompone l’approccio razionale dell’indagine facendo sì che i confini letterari sbiadiscano e assumano forme nuove, e vive.
Le terre toccate, a partire dalle estreme propaggini andine, la Terra del Fuoco con lo Stretto di Magellano e Capo Horn, e infine il Polo Sud vengono vissute nella narrazione delle spedizioni scientifiche e di conquista, nelle traduzioni dello stesso autore che segue le vicende di disperazione e follia della Belgica, la scoperta delle etnie fuegine, quindi l’incontro con alcuni esemplari di pinguino, creatura sempre in bilico, fenomenologia della coesistenza rivelatrice di caratteri in apparenza inconciliabili.
Gli spunti di riflessione sono sovrabbondanti. Di fronte a tanta eleganza, padronanza linguistica e storiografica, di fronte a tanta passione (sommessa nei toni ma non per questo meno vibrante), non resta che proporre un ineludibile invito alla lettura, che può farsi di cuore e d’istinto, e rallentare quindi fino a seguire le fila di quelle vite, delle storie che si sovrappongono e divengono immanenti.
Roberto Giungato per Libri Consigliati
L’AUTORE
Daniele Del Giudice
Daniele Del Giudice vive a Venezia. I suoi libri sono: Lo stadio di Wimbledon (1983), Atlante occidentale (1985), Nel museo di Reims (Mondadori 1988, Einaudi 2010), Staccando l’ombra da terra (1994), Mania (1997) , I-TIGI Canto per Ustica (2001) e I-TIGI. Racconto per Ustica (2009), entrambi con Marco Paolini, e Orizzonte mobile (2009). Ha pubblicato inoltre saggi su Italo Svevo e Primo Levi, per il quale ha introdotto l’edizione delle Opere.