Ho pensato proprio così, questa mattina, quando ho letto l’ultimo post pubblicato su le Mille Bolle Blog: “Non ci sono più dubbi, Ziliani è proprio una carogna”. Di fronte alle notizie sconcertanti che girano intorno al brand TRENTODOC, e ai finanziamenti pubblici di cui gode, il giornalista, infatti, chiede sic e simpliciter l’intervento dell’autorità nazionale del mercato e della libera concorrenza: insomma ora la figura di … quel che è, diventa planetaria. E a questo bel risultato, probabilmente, ha contribuito anche il lavoro di contrasto svolto, negli ultimi mesi, da questo blog. Il fatto è che, nonostante la respirazione bocca a bocca praticata dalla promozione pubblica, questa roba qui, TRENTODOC, fa ancora una fatica della madonna a decollare. Perché, diciamoci la verità fino in fondo una volta per tutte, dei nove milioni di bottiglie vendute nel 2011, sei sono quelle prodotte dalla mitica maison di Ravina (Ferrari), il cui marchio vola sempre più in alto per conto suo. E per farlo non ha bisogno né di promozione pubblica né del brand commerciale. Restano sul pallottoliere 3 milioni di bottiglie o poco meno. Ecco questo è il TRENTODOC: 3 milioni di bottiglie pompate dalla promozione pubblica. Non mi sembra un risultato di cui vantarsi. Fra l’altro, diciamola ancora tutta, questo brand non riesce nemmeno a penetrare il mercato domestico. Faccio due esempi che mi sono segnato in questi giorni. A margine della conferenza stampa che l’assessore al Turismo e all’Agricoltura Mellarini ha tenuto l’altro giorno a Monaco, a fianco di Ru(m)menigge, nella saletta “Trentino” dell’Allianza – Arena, leggo su un giornale locale che i fortunati che sabato scorso in Baviera c’erano hanno mangiato “pietanze a base di prodotti e ingredienti del territorio, dalla polenta al formaggio, dall’olio d’oliva al pesce di lago, come la trota. Il tutto, logicamente, condito da vini rossi e bianchi trentini. Il brindisi con Talento Doc”. Capito bene, Talento Doc? Altro che TRENTODOC, Talento Doc. Altra cosa che mi sono annotato: ieri una fantasiosa pagina Facebook dal titolo altrettanto fantasioso “Rilanciamo lo spumante italiano” ha raggiunto i mille “mi piace”. Fra questi mi piace trovo anche i nomi di un paio di noti trentodocchisti che, si vede, amano stare in compagnia dei prosecchisti; e non si sono accorti che in questi giorni il dibattito degli addetti ai lavori si è concentrato sulla necessità di abolire la parola bollicine e spumante dal lessico della comunicazione del metodo classico. Rimando ancora al blog di Ziliani: qui e qui. Due esempi, fra mille altri, che descrivono un clima e una situazione che assomiglia sempre più ad una questione psicopatosociologica. Una roba che ti viene da dire: mi state facendo cadere le braccia!
Comunque ormai la frittata è fatta. E La fiugra di quel che è planetaria. Cerchiamo almeno di metterci rimedio. Mi rendo conto che anche noi, redattori di questo blog, abbiamo sbagliato. Sì, perché Cosimo è uno che pensa che i panni sporchi si debbano lavare in casa e quelle puliti si debbano stendere sul terrazzo, in bella vista. Quindi, di sicuro abbiamo sbagliato a mettere in rete questo nosto lavoro e a renderlo disponibile alle carognate lombarde. Chiedo venia, davvero: abbiamo cannato strumento. Avremmo dovuto usarne uno disponibile solo all’interno dei ristretti confini della nostra bella provincia. Ma, insomma, si è sempre in tempo per recuperare. Da qui una prima proposta costruttiva. Chiediamo all’assessorato all’Agricoltura e a Trentino Marketing di cambiare strategia di comunicazione. E tanto per cominciare spostiamo in rete i bei contenuti della trasmissione “Dop – Territori Eccellenti” – TWB si mette a disposizione (ma si potrebbe pensare ad un network che coinvolga anche Geisha Gourmet e Osservatorio del Vino – e trasferiamo i contenuti di questo bloglavapannisporchi su Trentino.TV.
Qi il link a: “TrentoDoc: ma perché per promuoverlo si devono usare i soldi dei contribuenti?”
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