Ornitologia Italia. Siamo il paese dei falchi, delle colombe, dei paduli e delle class-action
Creato il 28 luglio 2011 da Massimoconsorti
@massimoconsorti
Mario Borghezio ci ricorda nostro nonno che, alla fine di una esistenza vissuta pericolosamente tra le fucilate dei franchisti spagnoli, l’olio di ricino dei fascisti e vino a ettolitri per dimenticare il tutto, se la prendeva con chiunque gli capitasse a tiro fino a diventare uno scassapalle di proporzioni colossali. Che Borghezio fosse un piemontese sanguigno (palese contraddizione in termini) lo sapevamo, ma che fosse diventato un sanguinario lo abbiamo scoperto solo dopo le sue dichiarazioni sulla strage degli innocenti in Norvegia. Fan sfegatato di Erode il Grande, Mario nostro, al contrario del re dei giudei, i figli degli immigrati li soffocherebbe volentieri appena nati, senza attendere di metterci le mani dai due anni in giù come fece il feroce re secondo il racconto di Matteo. Il problema per Big Mario, è che la Procura di Milano ha aperto un’inchiesta sulle sue dichiarazioni a Radio24 mentre Erode, che era un re, fece il cazzo del comodo suo senza che nessuno gli creasse problemi o sollevasse eccezioni (la Corte di Giustizia dell’Aja sarebbe stata creata solo qualche anno dopo). Borghezio, che si ritiene un cazzuto nonostante le legnate rimediate in Svizzera, ha già fatto sapere che rinuncerà all’immunità di parlamentare europeo e che si metterà a totale disposizione della magistratura, forte dell’appoggio del suo partito, dei Leghisti del Bar dello Sport di Adro e degli ayatollah iraniani che lo hanno prontamente fatto intervistare da Radio Teheran. Insomma, Big Mario è un “falco”, e come tale fa parte di quella famiglia di pennuti che in questo momento svolazza indisturbata sui cieli della penisola artigliando ciò che può. Quando non riescono a ghermire la preda di persona personalmente, i falchi si affidano ai falchetti che, essendo un po’ più piccoli e chiamandosi di volta in volta Joe, Francesco, Saverio, Paolo, Daniela, Micaela raggiungono l’obiettivo facendosi forti del loro apparente stato di anonimità. È quello che deve aver pensato Cesare Previti, uno dei falchi più accreditati del berlusconismo, quando ha indirizzato il suo sodale Francesco NittoPalma ad occupare la prima poltrona di via Arenula. Nitto Palma, per chi ancora non lo sapesse, è un magistrato in aspettativa politica da dieci anni, uno di quelli che secondo il Quirinale, ma anche qualche notista del Corriere della Sera, si sarebbe dovuto dimettere non appena eletto parlamentare. Ma questa regola vale evidentemente solo per Luigi De Magistris, gli altri possono continuare a tenere il piede in due staffe senza correre il rischio di essere disarcionati. Bisogna dire che Nitto Palma, per il suo amico “Cesarone” ne ha fatte davvero tante, fino a mettere a punto qualche codicillo che lo salvasse dalla galera ma non dai servizi sociali. Il top della notorietà lo raggiunse però quando insabbiò il caso “Gladio”. E da quel momento divenne quasi un eroe agli occhi di Franceschiello Kossiga che prese e ringraziò. Del Nitto Palma politico non ha mai parlato nessuno, del suo passato di magistrato (caso Gladio a parte) neppure, del suo futuro neanche visto che ha davvero poca importanza sapere quello che farà il successore (in tutti i sensi) di Angelino Alfano diventato nel frattempo segretario particolare di Berlusconi. Giorgio Napolitano ha firmato tranquillamente il decreto di nomina non opponendo neppure un ghigno come pure fece per Brancher, per Romano, per Romani e per tutti i sottosegretari Responsabili. Evidentemente, al Colle Nitto Palma va bene mentre per Anna Maria Bernini, avvocato bolognese fatta eleggere da Gianfranco Fini, sembra che Napolitano abbia storto un po’ il naso. Ma lei è incensurata e soprattutto, non ha procedimenti in corso né indagini che pendono sul suo capo. E un falco è diventato anche Pierluigi Bersani che si è messo a querelare tutti gli organi di stampa che, a suo dire, gettano fango sul Pd senza tenere in considerazione che quello dei Democrat è un partito onesto. Lontani dal definire il Partito Democratico una ghenga di malfattori (le gang sono altre e si conoscono), ci stupisce questo improvviso rigurgito censorio del quale rischia di diventare vittima il pur simpatico segretario del maggior partito di opposizione. Vabbè che anche lui è un dalemiano, e tutti sanno quanto il LiderMaximo ami i giornalisti, ma da qui a minacciare addirittura una class-action nei confronti di chi scrive che alcuni dirigenti del Pd hanno preso mazzette, ce ne corre. Anche perché, se non sbagliamo completamente l’approccio al problema, una class-action possono metterla in atto le vittime di una ingiustizia, di un sopruso, di un danno materiale alla loro persona o alle cose di cui sono proprietarie. Bersani dice: “In questo modo il fango viene gettato anche sugli iscritti del Pd e quindi anche un semplice tesserato viene leso nella sua onorabilità”. Il problema è che, da quando esiste la “Porcellum”, non sono mica i tesserati ad eleggere i dirigenti e i parlamentari dei partiti ma le segreterie sulle quali, come logica conseguenza, dovrebbe ricadere la colpa delle scelte effettuate a pene di segugio. Bersani corre un grosso rischio, quello che i tesserati del Pd attuino sul serio una class-action ma contro di lui che ha messo Penati a capo della sua segreteria, di D’Alema che ha scelto Tedesco come dirigente del Pd pugliese e di Veltroni che fece eleggere Massimo Calearo. Per fare il falco occorrono alcune caratteristiche che fortunatamente Pierlu non ha, prime fra tutte un metro e mezzo di pelo nello stomaco e una faccia come il culo.
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