Ricordare la figura di Oscar Luigi Scalfaro è come fare un riassunto della nostra Repubblica nata dalle ceneri del fascismo: il ventottenne novarese, già magistrato nel 1943 (giurò fedeltà al regime) fece parte dei Tribunali speciali dopo la guerra, fu eletto come deputato nell’Assemblea Costituente nelle liste della Democrazia Cristiana, all’inizio come indipendente, e da allora lasciò la toga di pubblico ministero che all’epoca vestiva nella sua città. Da allora la carriera politica di Scalfaro ebbe un’evoluzione costante in nome dell’antifascismo e anticomunismo. Da notare il suo impegno per abolire la pena capitale dalle leggi della Repubblica e la proposta nel 1952 di riunire permanentemente il Parlamento per approvare la cosiddetta “legge truffa”, che concedeva un premio di maggioranza al partito o alla coalizione che avesse superato di un solo punto il 50% dei voti. Da sempre considerato uomo di destra della DC, Oscar Luigi Scalfaro fece parlare di sé come censore di film e spettacoli, essendo sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ed al Turismo e spettacolo, fino a giungere al famoso episodio del 20 luglio 1950, quando, al ristorante romano “da Chiarina”, riprese e maltrattò la giovane Edith Mingoni Toussan per aver mostrato le spalle nude in pubblico (Federico Fellini fece la parodia di questo episodio nel suo Le tentazioni del dottor Antonio, 1962). Fino agli anni ’80 Scalfaro rimase un po’ in ombra all’interno del suo partito, legato com’era alla corrente scelbaniana, avversò la nuova fase del centrosinistra e la linea detta del “compromesso storico” che portò nel 1978 al governo di solidarietà nazionale, con il PCI nella maggioranza. La svolta avvenne nell’agosto 1983 quando Bettino Craxi, incaricato di formare un nuovo governo, chiamò Scalfaro a ricoprire la carica di ministro dell’Interno, dando così avvio alla fase più importante della carriera dell’uomo politico novarese, culminante con l’elezione a Presidente della Repubblica il 28 maggio 1992. Tangentopoli prima e l’avvento di Berlusconi poi vide Scalfaro protagonista in mezzo alle mille difficoltà che sorgevano da ciò che restava della Prima Repubblica. Furono anni di polemiche anche aspre in cui, colui che era considerato anticomunista viscerale, si trovò ad essere antagonista della destra berlusconiana e difeso a spada tratta dalla sinistra, che lo riteneva garante della Carta costituzionale e della laicità dello Stato. Da sottolineare che nel settennato della sua Presidenza Scalfaro non nominò alcun senatore a vita. Dal 1999 fino a oggi, giorno della sua scomparsa, ha continuato a viaggiare per l’Italia con il suo Comitato “Salviamo la Costituzione”.
mvg