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Oscar Wilde – La decadenza della menzogna 5

Creato il 03 dicembre 2012 da Marvigar4

la decadenza della menzogna

Oscar Wilde
La decadenza della menzogna
Un’osservazione

Titolo originale: The Decay of Lying – An observation
Traduzione di Marco Vignolo Gargini

Cyril : Allora, la Natura segue il paesaggista e da lui coglie i suoi effetti.

Vivian : Certamente. Dove, se non dagli impressionisti, noi abbiamo quelle meravigliose nebbie brune che scendono sulle nostre strade, oscurando i lampioni e trasformando le case in ombre mostruose? A chi, se non a loro e ai loro maestri, noi siamo debitori delle amabili argentee brume che giacciono sul nostro fiume, e mutano in vaghe forme di grazia evanescente il ponte curvo e l’oscillante chiatta? Il cambiamento straordinario che si è avuto nel clima di Londra durante gli ultimi dieci anni è interamente dovuto a una particolare scuola d’arte. Tu sorridi. Considera l’argomento da un punto di vista scientifico o metafisico e vedrai che ho ragione. Perché che cos’è la Natura? La Natura non è una grande madre che ci ha partoriti. È la nostra creazione. È nel nostro cervello che prende vita. Le cose esistono perché noi le vediamo e ciò che vediamo, e come lo vediamo, di pende dalle Arti che ci hanno influenzati. Guardare una cosa è molto diverso dal vederla. Non si vede niente finché non se ne è vista la bellezza. Allora, e solo allora, la cosa comincia a esistere. Oggidì la gente vede le nebbie, non perché ci siano le nebbie, ma perché i poeti e i pittori hanno insegnato la misteriosa bellezza di tali effetti. Probabilmente ci sono state nebbie per secoli a Londra. Oso dire che ci furono. Ma nessuno le vide e così non ne sappiamo niente. Non sono esistite finché l’Arte non le ha inventate. Adesso, bisogna ammetterlo, con le nebbie si sta esagerando. Sono diventate il mero manierismo di una cricca, e il realismo eccessivo del loro metodo fa venire la bronchite alla gente stupida. Dove una persona colta coglie un effetto, la persona incolta si prende un raffreddore. E allora, siamo umani e invitiamo l’Arte a volgere il suo sguardo altrove. Lei lo ha già fatto, veramente. Quella bianca vibrante luce solare che si vede ora in Francia, con le sue strane macchie color malva e le sue irrequiete ombre violette, è l’ultima fantasia dell’Arte, e, nel complesso, la Natura la riproduce assai mirabilmente. Là dove essa era usa darci dei Corot e dei Daubigny, adesso ci dà degli squisiti Monet e degli incantevole Pissarro. Certamente vi sono momenti, rari, è vero, ma ancora da notare di volta in volta, in cui la Natura diventa assolutamente moderna. Naturalmente non si può sempre fare affidamento su di lei. Il fatto è che lei si trova in una posizione infausta. L’Arte crea un effetto unico e incomparabile e, avendo compiuto questo, passa ad altro. La Natura, d’altro canto, dimenticando che l’imitazione può divenire la forma più sincera di insulto, continua a ripetere questo effetto sino a che noi tutti non ne diventiamo completamente stufi. Nessuno che sia veramente colto, per esempio, parla oggi della bellezza di un tramonto. I tramonti sono proprio fuori moda. Appartengono al tempo in cui Turner era l’ultima nota in arte. Ammirarli è un segno distinto di provincialismo del temperamento. D’altronde questi vanno avanti. Ieri sera Mrs. Arundel insisteva perché andassi alla finestra e guardassi il glorioso cielo, come l’ha definito lei. Ovviamente ho dovuto guardarlo. Lei è una di quelle filistee assolutamente graziose alla quale niente si può negare. E che cos’era? Era semplicemente un Turner molto di seconda mano, un Turner di un brutto periodo, con tutte le peggiori pecche di un pittore esagerate e enfatizzate oltremodo. Naturalmente, sono prontissimo ad ammettere che la Vita molto spesso commette lo stesso errore. Produce i suoi falsi René e i suoi falsi Vautrin, così come ce li dà la Natura, un giorno un Cuyp dubbio, e un altro giorno un Rousseau più che discutibile. Ancora, la Natura irrita di più quando fa questo genere di cose. Sembra così stupida, così ovvia, così inutile. Un falso Vautrin può essere delizioso. Un dubbio Cuyp è insopportabile. Comunque, non voglio essere troppo duro con la Natura. Mi auguro che la Manica, specie a Hastings, non somigli così spesso a un Henry Moore, grigio perla con luci gialle, ma allora, quando l’Arte è più varia, la Natura, senza dubbio, sarà anche più varia. Che essa imiti l’Arte non credo che neppure il suo peggior nemico verrebbe a negarlo ora. È l’unica cosa che la mantiene a contatto con l’uomo civilizzato. Ma ho dimostrato la mia teoria con tua soddisfazione?

Cyril : L’hai dimostrata con mia insoddisfazione, il che è meglio. Ma pure ammettendo questo strano istinto imitativo nella Vita e nella Natura, sicuramente tu dovresti riconoscere che l’Arte esprime il temperamento della sua epoca, lo spirito del suo tempo, le condizioni morali e sociali che la circondano e sotto la cui influenza essa è prodotta.

Vivian : Certamente no! L’Arte non esprime altro che se stessa. Questo è il principio della mia nuova estetica; ed è questo, più di quel vitale collegamento tra forma e sostanza, su cui insiste il signor Pater, che rende basilare il tipo di tute le arti. Naturalmente, nazioni e individui, con quella salutare vanità naturale che è il segreto dell’esistenza, sono sempre sotto l’impressione che è di loro che le Muse stanno parlando, sempre cercando di reperire nella calma dignità dell’arte immaginativa qualche specchio delle loro torbide passioni, perennemente dimentichi che il cantore della vita non è Apollo ma Marsia. Lontana dalla realtà, e con i suoi occhi distolti dalle ombre della caverna, l’Arte rivela la sua perfezione interna, e la folla stupita che guarda lo schiudersi della meravigliosa rosa dai molti petali si immagina che è la propria storia ad esserle narrata, il proprio spirito che sta trovando l’espressione in una nuova forma. Ma non è così. L’arte più alta rifiuta il peso dello spirito umano, e ottiene di più da un nuovo mezzo o da un materiale fresco che non da qualunque entusiasmo per l’arte, o da qualunque passione elevata, o da qualunque grande risveglio della coscienza umana. Essa si sviluppa puramente secondo le proprie linee. Essa non è simbolica di alcuna epoca. Sono le epoche a essere i suoi simboli.

Persino quelli che sostengono che l’Arte è rappresentativa del tempo, del luogo e della gente non possono fare a meno di ammettere che più un’arte è imitativa, meno essa rappresenta a noi lo spirito della sua epoca. I malvagi volti degli imperatori di Roma ci guardano dal porfido osceno e dal chiazzato diaspro in cui gli artisti realisti del tempo amavano operare, e noi ci immaginiamo di poter rinvenire in quelle labbra crudeli e in quelle mascelle pesanti e sensuali il segreto della rovina dell’Impero. Ma non fu così. I vizi di Tiberio non poterono distruggere quella civiltà suprema, più di quanto le virtù degli Antonini poterono salvarla. Essa cadde per altre ragioni meno interessanti. Le sibille e i profeti della Sistina possono certamente servire a interpretare per qualcuno quella nuova procreazione dello spirito emancipato che noi chiamiamo Rinascimento; ma cosa ci dicono i villani ubriachi e i contadini strilloni dell’arte olandese riguardo la grande anima dell’Olanda? Più l’Arte è astratta e ideale, più ci rivela il temperamento della sua epoca. Se desideriamo capire una nazione attraverso la sua arte, guardiamo la sua architettura e la sua musica.

Cyril : In questo caso sono proprio d’accordo con te. Lo spirito di un’epoca può essere espresso meglio nelle arti astratte e ideali, perché lo spirito in sé è astratto e ideale. D’altro canto, per l’aspetto visibile di un’epoca, per la sua espressione, come si suol dire, dobbiamo naturalmente rivolgerci alle arti imitative.

Vivian : Non la penso così. Dopo tutto, quello che le arti imitative ci danno realmente sono soltanto i vari stili di artisti particolari, o di certe scuole di artisti. Di sicuro tu non immagini che la gente del Medio Evo avesse la minima somiglianza con le figure sulle vetrate medievali, o sulle pietre e legni intagliati medievali, o sui metalli lavorati medievali, o sugli arazzi, o sui manoscritti miniati. Probabilmente erano persone dall’aspetto comunissimo, con niente di grottesco, o di notevole, o di fantastico nella loro sembianza. Il Medio Evo, come lo conosciamo noi nell’arte, è semplicemente una definita forma di stile, non c’è proprio alcuna ragione perché un artista con questo stile non potrebbe essere prodotto nel diciannovesimo secolo. Nessun grande artista vede mai le cose come sono nella realtà. Se così facesse, cesserebbe di essere un artista. Prendi un esempio dai nostri giorni. So che tu sei un amante di cose giapponesi. Adesso, tu immagini veramente che il popolo giapponese, così come ci viene presentato in arte, sia esistente? Se lo immagini, non hai mai compreso assolutamente l’arte giapponese. Il popolo giapponese è la creazione deliberata e autoconsapevole di certi singoli artisti. Se tu poni un quadro di Hokusai, o Hokkei, o un altro di un grande pittore autoctono, vicino a un vero signore o una vera dama giapponese, vedrai che non c’è la benché minima somiglianza tra loro. L’attuale popolo giapponese non è diverso generalmente rispetto al popolo inglese; cioè, esso è estremamente comune e non ha niente di curioso e di straordinario. Infatti l’intero Giappone è una mera invenzione. Non esiste un tale paese, non esiste un tal popolo. Uno dei nostri pittori più incantevoli è andato recentemente nella Terra dei Crisantemi con la folle speranza di vedere i giapponesi. Tutto quello che ha visto, tutto che ha avuto la fortuna di dipingere, sono state poche lanterne e alcuni ventagli. Egli è stato del tutto incapace di scoprire gli abitanti, come la sua deliziosa mostra alla galleria dei signori Dowdeswell ci ha mostrato benissimo. Non sapeva che il popolo giapponese fosse, com’ho detto, semplicemente una maniera stilistica, una fantasia artistica squisita. E così, se tu desideri vedere un effetto giapponese, non devi comportarti come un turista e andare a Tokio. Al contrario, te ne starai a casa e ti immergerai nell’opera di certi artisti giapponesi, e allora, quando avrai assorbito lo spirito del loro stile, e colto la maniera immaginifica della visione, andrai qualche pomeriggio a sedere nel Parco o a fare una passeggiatina a Piccadilly, e se non puoi vedere là un effetto assolutamente giapponese, non lo vedrai da nessun’altra parte. Oppure, per tornare ancora al passato, prendi come un altro esempio gli antichi greci. Credi che l’arte greca ci dica mai com’era il popolo greco? Ritieni che le donne ateniesi fossero come le figure maestose, dignitose del fregio del Partenone, o come quelle meravigliose dèe che sedevano nei timpani triangolari dello stesso edificio? Se giudichi dall’arte, erano certamente così. Ma leggi un’autorità come Aristofane, per esempio. Troverai che le dame ateniesi si allacciavano strette in vita, portavano scarpe col tacco alto, si tingevano i capelli di giallo, si dipingevano e si davano il rossetto, e erano esattamente come qualsiasi stupida creatura alla moda o perduta della nostra epoca. Il fatto è che noi guardiamo indietro alle epoche interamente attraverso il mezzo dell’arte, e l’arte, per gran fortuna, non ci ha mai detto una volta la verità.

Cyril : Ma i ritratti moderni dei pittori inglesi? Sicuramente sono come le persone che pretendono di rappresentare? 

Vivian : Piuttosto. Sono così come le persone che pretendono di rappresentare che tra cent’anni da ora nessuno crederà a loro. Gli unici ritratti credibili sono quelli dove c’è pochissimo del modello e moltissimo dell’artista. I disegni di Holbein degli uomini e le donne del suo tempo ci impressionano con un senso della loro assoluta realtà. Ma questo è semplicemente perché Holbein costrinse la vita ad accettare le sue condizioni, a trattenere se stesso entro le proprie limitazioni, a riprodurre il suo tipo e ad apparire come egli desiderò apparisse. È lo stile che ci fa credere in una cosa  – nient’altro che lo stile. La maggior parte dei nostri moderni ritrattisti è condannata all’oblio assoluto. Essi non dipingono mai ciò che vedono. Dipingono quello che vede il pubblico, e il pubblico non vede mai niente.

Cyril : Beh, dopo questo credo che mi piacerebbe sentire la fine dell’articolo.

Vivian : Con piacere. Se questo sarà un bene non posso dirlo. Il nostro è certamente il secolo più noioso e prosaico possibile. Perché, perfino il Sonno ci ha ingannati e ha chiuso i cancelli d’avorio e aperto quelli di corno. I sogni delle grandi classi medie di questo paese, come sono annotati nei due grossi volumi sull’argomento di Mr. Meyers e negli Atti della Società Psichica, sono le cose più deprimenti che io abbia letto. Non c’è nemmeno un bell’incubo tra loro. Sono comuni, sordidi e tediosi. Per quanto riguarda la chiesa, non so concepire niente di meglio per la cultura di un paese della presenza in esso di una corporazione di uomini il cui dovere sia di credere nel sovrannaturale, di eseguire quotidianamente dei miracoli, e di mantenere viva quella facoltà mitopoietica che è così essenziale per l’immaginazione. Ma nella chiesa inglese un uomo ha successo, non per la sua capacità di credere, ma per la sua capacità di non credere. La nostra è la sola chiesa dove lo scettico è in piedi davanti all’altare e dove San Tommaso è considerato l’apostolo ideale. Molti degni ecclesiastici, che passano la loro vita in ammirevoli opere di premurosa carità, vivono e muoiono inosservati e sconosciuti; ma è sufficiente che qualche superficiale ignorante studentello col minimo dei voti da una delle due Università si alzi nel suo pulpito ed esprima i suoi dubbi sull’arca di Noè, o sull’asino di Balaam, o su Giona e la balena, perché mezza Londra si raduni per ascoltarlo, e sieda a bocca aperta in rapita ammirazione per il suo superbo intelletto. Lo sviluppo del senso comune nella chiesa inglese è una cosa davvero degna di rammarico. È veramente una concessione degradante a una bassa forma di realismo. Ed è pure sciocca. Nasce da una totale ignoranza della psicologia. L’uomo può credere l’impossibile, ma non può mai credere l’improbabile. Comunque debbo leggere la fine del mio articolo: 

« Ciò che dobbiamo fare, ciò che è in ogni caso nostro dovere fare, è far rivivere questa antica arte della Menzogna. Molto, naturalmente, può essere fatto, per educare il pubblico, da parte della cerchia dei dilettanti nella cerchia domestica, ai cenacoli letterari e ai tè pomeridiani. Ma questo è puramente il lato leggero e grazioso del mentire, quale fu probabilmente udito ai pranzi cretesi. Vi sono molte altre forme. Mentire per guadagnare qualche vantaggio immediato personale, per esempio – mentire con un intento morale, com’è chiamato di solito – sebbene ultimamente sia stato guardato un po’ dall’alto in basso, era estremamente popolare presso il mondo antico. Atena ride quando Odisseo le dice “le sue parole di astuta invenzione”, come esprime il signor William Morris, e la gloria della mendacia illumina la pallida fronte dell’inossidabile eroe della tragedia di Euripide, e pone tra le nobili donne del passato la giovane sposa di una delle più squisite odi di Orazio. Più tardi, ciò che prima era stato un puro istinto naturale fu elevato a scienza consapevole. Regole elaborate furono imposte per la guida dell’umanità e un’importante scuola di letteratura crebbe intorno al soggetto. Veramente, quando si ricorda l’eccellente trattato filosofico di Sanchez sull’intera questione, non si può fare a meno di rimpiangere che nessuno abbia mai pensato a pubblicare un’edizione economica e condensata delle opere di quel grande casuista. Un breve testo elementare, Quando mentire e come, se fosse pubblicato in una forma attraente e non troppo cara, senza dubbio procurerebbe un grande successo commerciale e si dimostrerebbe di reale utilità pratica per molta gente meritevole e profonda. Mentire per lo sviluppo della gioventù, che è la base dell’educazione domestica, ancora continua a permanere fra noi, e i suoi vantaggi sono così ammirevolmente esposti nei primi libri della Repubblica di Platone che non è per nulla necessario soffermarcisi qui. È una maniera di mentire per la quale tutte le buone madri hanno peculiari capacità, ma è capace di sviluppi ulteriori, ed è stata purtroppo trascurata  dal Ministero della Pubblica Istruzione. Mentire per un salario mensile è, naturalmente, ben noto a Fleet Street, e la professione di un fondista politico non è senza i suoi vantaggi. Ma ha fama di essere talvolta un’occupazione tediosa e certamente non conduce molto oltre una sorta di ostentata oscurità. L’unica forma di mentire che sia assolutamente al di là d’ogni biasimo è la menzogna per la menzogna, e il più alto sviluppo di questa è, come abbiamo già avuto modo di indicare, la Menzogna nell’Arte. Proprio come coloro che non amano Platone più della Verità non possono passare oltre la soglia dell’Accademia, così coloro che non amano la Bellezza più della Verità non conoscono mai il tempio più intimo dell’Arte. Il solido, stolto intelletto britannico giace nelle sabbie del deserto come la Sfinge nel meraviglioso racconto di Flaubert, e la fantasia, La Chimère, le danza intorno e la chiama con la sua falsa, flautata voce. Può darsi che adesso non l’ascolti, ma sicuramente un giorno, quando saremo tutti annoiati a morte dal carattere ordinario della narrativa moderna, le presterà attenzione e cercherà di prendere in prestito le sue ali.

« E quando albeggia quel giorno, o rosseggia il crepuscolo, come saremo tutti gioiosi! I fatti saranno osservati e screditati, la Verità sarà trovata in lacrime sulle sue catene, e il Romanzo, con il suo temperamento dedito alla meraviglia, tornerà sulla terra. L’aspetto stesso del mondo cambierà davanti ai nostri occhi sbigottiti. Dal mare emergeranno Behemoth e Leviathan e navigheranno intorno alle galee dalle alte poppe, come fanno nelle deliziose mappe di quei tempi in cui i libri di geografia erano veramente leggibili. I dragoni vagheranno nelle vaste distese e la fenice si librerà nell’aria dal suo nido di fuoco. Sul basilisco poseremo le nostre mani e vedremo la gemma sul capo del rospo. L’Ippogrifo starà nelle sue stalle ruminando la sua avena dorata, e sulle nostre teste fluttuerà l’Uccello Azzurro cantando cose belle e impossibili, cose belle che non accadono mai, cose che non esistono e che dovrebbero esistere. Ma prima che questo succeda noi dobbiamo coltivare la perduta arte della Menzogna. » 

Cyril : Allora dobbiamo coltivarla immediatamente. Ma per evitare di commettere errori voglio che tu mi dica brevemente le dottrine della nuova estetica.

Vivian : Brevemente, allora, eccole. L’Arte non esprime mai niente altro che se stessa. Ha una vita indipendente, proprio come ce l’ha il Pensiero, e si sviluppa puramente seguendo le sue proprie linee. Non è in modo necessario realistica in un’epoca di realismo, né spirituale in un’epoca di fede. Così lontano dall’essere la creazione del suo tempo, essa è di solito in diretta opposizione ad esso, e l’unica storia che ce la preserva è la storia del suo progresso. Talvolta ritorna sulle sue orme e fa rivivere qualche forma antica, come è successo nel movimento preraffaellita dei nostri giorni. In altri momenti anticipa la sua epoca e produce in un secolo opere che occorre un altro secolo per capire, apprezzare e per godere. In nessun caso riproduce la sua epoca. Passare dall’arte di un periodo al periodo stesso è il grande errore che tutti gli storici commettono.

La seconda dottrina è questa. Tutta l’arte cattiva viene da un ritorno alla Vita e alla Natura, dall’elevare quelle a ideali. La Vita e la Natura delle volte potrebbero essere usate come parte del materiale grezzo dell’Arte, ma prima che siano di alcuna vera utilità per l’Arte debbono essere tradotte in convenzioni artistiche. Il momento in cui l’Arte cede il suo mezzo immaginativo cede tutto. Come metodo il Realismo è un fallimento completo, e le due cose che ogni artista dovrebbe evitare sono la modernità della forma e la modernità del materiale per il soggetto. Per noi, che viviamo nel diciannovesimo secolo , ogni secolo è un soggetto adatto per l’arte eccetto il nostro. Le uniche cose belle sono le cose che non ci riguardano. È, per avere il piacere di citare me stesso, esattamente perché Ecuba non è niente per noi che i suoi dolori sono un motivo così adatto per una tragedia. Inoltre, è soltanto il moderno che non diventa mai antiquato. Il signor Zola si mette a sedere e ci dà un ritratto del Secondo Impero. A chi importa del Secondo Impero oggi? È datato. La Vita va più veloce del Realismo, ma il Romanticismo è sempre davanti alla Vita.

La terza dottrina è che la Vita imita l’Arte assai più di quanto l’Arte imiti la Vita. Questo deriva non solamente dall’istinto imitativo della Vita, ma dal fatto che lo scopo autoconsapevole della Vita è trovare un’espressione, e che l’Arte le offre certe forme belle attraverso le quali essa può realizzare quell’energia. È una teoria che non era mai stata avanzata fino a oggi, ma è estremamente fertile e getta una luce del tutto nuova sulla storia dell’Arte.

Segue, come corollario da questa, che la Natura esterna imita anch’essa l’Arte. Gli unici effetti che lei può mostrarci sono effetti che noi abbiamo già visto tramite la poesia, o nella pittura. Questo è il segreto del fascino della Natura, oltre che la spiegazione della debolezza della Natura. La rivelazione finale è che la Menzogna, il raccontare belle cose non vere, è lo scopo adatto dell’Arte. Ma di questo penso di aver già parlato abbastanza. E adesso andiamo fuori sulla terrazza, dove “langue il pavone bianco come latte a mo’ di fantasma”, mentre la stella della sera “bagna d’argento il crepuscolo”. Al tramonto la natura diventa di un effetto meravigliosamente suggestivo, e non è senza bellezza, sebbene forse il suo principale compito è quello di illustrare le citazioni del poeta. Vieni! Abbiamo discusso abbastanza.



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