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Osterfestspiele Baden-Baden 2014 – Manon Lescaut

Creato il 24 aprile 2014 da Gianguido Mussomeli @mozart200657
Foto ©Monika Rittershaus

Foto ©Monika Rittershaus

Con la terza replica del nuovo allestimento della Manon Lescaut di Puccini si è concluso l’ Osterfestspiele di Baden-Baden.  Andreas Mölich-Zebhauser, Intendant del Festspielhaus, ha sottolineato nei comunicati stampa conclusivi il grande successo di pubblico ottenuto dalla rassegna, con 28400 biglietti venduti e spettatori provenienti da più di 40 nazioni. Le tre dirette televisive andate in onda su ARTE sono state seguite in media da un milione di spettatori ciascuna e contemporaneamente diffuse in più di 200 sale cinematografiche europee. È stato reso pubblico in questi giorni il programma della prossima edizione, che si terrà dal 27 marzo al 6 aprile 2015. Sir Simon Rattle dirigerà Der Rosenkavalier con la regia di Brigitte Fassbänder e La Damnation de Faust di Berlioz in forma di concerto; i direttori ospiti per i concerti sinfonici saranno Bernard Haitink, in un programma beethoveniano insieme alla violinista Isabelle Faust, e Riccardo Chaiily  con Marta Argerich come solista. Come sempre, alle serate operistiche e sinfoniche si aggiungeranno i concerti tenuti dai vari gruppi cameristici dei Berliner e il programma di manifestazioni divulgative dedicate alle scuole. Un cartellone di altissimo livello realizzato, è bene sottolinearlo, da un teatro che non riceve alcun contributo finanziario pubblico e si sostiene solo grazie agli sponsor e alle donazioni dei privati e che in questo senso rappresenta un unicum nel panorama delle istituzioni musicali tedesche.

Veniamo adesso a parlare della terza recita di Manon Lescaut, spettacolo che ha riscosso grandi consensi di pubblico e del quale avevo visto in anticipo la diretta televisiva. Il punto di forza di questa produzione va sicuramente indicato nella stupenda esecuzione orchestrale dei Berliner Philharmoniker, che affrontavano una partitura di Puccini per la seconda volta nella loro storia dopo la Tosca con Karajan di una trentina d’ anni fa. Il complesso berlinese ha esibito il suo consueto suono di affascinante bellezza timbrica, dalla dinamica ricchissima e raffinata. Da questo punto di vista le cose più belle si sono ascoltate negli ultimi due atti, la cui atmosfera di allucinata drammaticità trovava una perfetta realizzazione nelle sonorità orchestrali cupe e cangianti che la bacchetta di Sir Simon Rattle evocava, con un bel senso della narrazione e un fraseggio strumentale equilibrato e ben impostato nelle strutture. Al suo debutto nel repertorio italiano, se non vado errato, il direttore inglese è riuscito a evidenziare molto efficacemente la raffinata complessità strutturale e armonica della scrittura sinfonica di Puccini, con un’ agogica mobile e variegata. Una direzione che sarebbe da lodare senza riserve, se non fosse per lo squilibrio sono evidente che si avvertiva tra la buca e il palcoscenico, con l’ orchestra che in parecchi punti sovrastava i cantanti e in generale costringeva a forzare tutti gli elementi di un cast già di suo caratterizzato dalla presenza di alcune voci tecnicamente incomplete e di scarsa proiezione. Di tutto questo ha sofferto in particolare il protagonista maschile Massimo Giordano, un tenore di voce già in partenza buona al massimo per ruoli come Rodolfo o Alfredo, assolutamente inadeguata per il peso vocale e la tessitura impegnativa che il ruolo di Des Grieux richiede. Il timbro sarebbe bello in natura, ma le vistose carenze tecniche fanno sì che la voce suona bloccata in gola a partire dal fa acuto, dura ed emessa con un terribile senso di sforzo, tanto che la sera della diretta televisiva mi sono chiesto più volte se ce l’ avrebbe fatta ad arrivare fino in fondo alla recita. Nella terza replica, dopo cinque giorni di riposo, la voce suonava leggermente più fresca ma sempre schiacciata dalle difficoltà della parte e in difficoltà nel lottare contro un’ orchestra che, come ho detto, tendeva a sommergerla. In queste condizioni, nonostante la discreta disinvoltura scenica, non si può nemmeno parlare di interpretazione. Chi gli abbia consigliato di misurarsi con una parte chiaramente al di sopra delle sue possibilità vocali, io non lo so. Certo che una simile esibizione è un ulteriore esempio della mancanza di criterio che oggi quasi tutti i cantanti dimostrano nella scelta dei ruoli. A quanto pare, oggi la parola “repertorio” nel gergo dei cantanti ha assunto il significato di “catalogo delle parti che riesco in qualche modo a cantare fino in fondo”, con tutte le conseguenze che prestazioni come questa mettono impietosamente in evidenza. Va aggiunto che un simile atteggiamento trova complicità al giorno d’ oggi nell’attuale assenza (completa o quasi) di un vaglio nella scelta delle compagnie di canto da parte dei direttori o comunque di qualcuno che ci capisca, se non proprio di canto, almeno un po’ di musica. Per cui le logiche di scelta sono completamente diverse (agenzie ecc..) e ad esempio da anni al Covent Garden è plenipotenziario assoluto il casting director Peter Katona, una nullità totale musicalmente parlando (ricordate il caso di Deborah Voigt, da lui cacciata perché troppo grassa?). I direttori d’ orchestra anche di gran nome accettano questo stato di cose, magari non sarebbero d’ accordo ma probabilmente non ci possono fare granché: ricordo di aver letto  un’ intervista a Myung-Whun Chung (non proprio l’ ultima ruota del carro) che accennava a questa mala parata e ammetteva con una certa amarezza di aver ormai dovuto rinunciare a dire la sua sui cast…

La protagonista femminile era Eva-Maria Westbroek, soprano olandese che qui a Stuttgart ho ascoltato in interpretazioni notevoli di ruoli come Jenufa, Emilia Marty, Giulietta in Les Contes d’ Hoffmann, la Duchessa di Parma nel Doktor Faust di Busoni e Cio Cio San. La sua è stata nel complesso una buona esecuzione vocale anche se neppure nel suo caso si può parlare di tecnica rifinita, visto che la cantante ha dovuto omettere tutti i trilli nella scena della lezione di danza al secondo atto. In ogni caso, una Manon abbastanza adeguata per risonanza, fraseggio e comportamento scenico anche se, non so se di sua iniziativa o per le indicazioni del regista e del direttore, l’ impostazione complessiva del personaggio aveva i tratti di una signora matura a caccia di emozioni piuttosto che quelli di un’ adolescente inquieta, come Manon a mio avviso dovrebbe essere.

Foto ©Jochen Klenk

Foto ©Jochen Klenk

Per quanto riguarda le voci gravi, discreta la prova del baritono americano Lester Lynch, un Lescaut dalla voce di grana ruvida e non sempre attraentissima, comunque non mancante di una certa brada comunicativa nel fraseggio. Il basso cinese Liang Li ha mostrato come Geronte il suo consueto impeccabile professionismo, che ho avuto modo di apprezzare in molti ruoli diversi ascoltati alla Staatsoper Stuttgart. La voce è sempre abbastanza ampia e dotata di una certa morbidezza anche se al di sopra del do il timbro tende ad appannarsi a causa di forzature nell’ emissione. Disinvolto e molto simpatico scenicamente l’ Edmondo di Bogdan Mihai, purtroppo anche lui pesantemente penalizzato dall’ eccesso di sonorità orchestrali. Abbastanza buone tutte le parti di fianco, tra le quali spiccava un nome illustre come quello di Magdalena Kozena come Musico.

La parte scenica era realizzata da Sir Richard Eyre, regista teatrale e cinematografico inglese autore di allestimenti famosi documentati anche in DVD, come la Traviata prodotta nel 1994 al Covent Garden con la direzione di Georg Solti. Una regia tutto sommato tradizionale per quanto riguarda la recitazione d’ insieme, molto curata nei particolari e priva di volgarità gratuite e cadute di gusto. Eyre ha scelto di spostare l’ ambientazione dal Settecento alla Francia occupata dai tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale. Francamente mi sfugge il motivo della decisione, ma visto che lo spettacolo era complessivamente abbastanza piacevole da guardare, anche per merito delle scene realizzate  da Rob Howell e delle luci molto raffinate di Peter Mumford, transeat. Clima complessivo molto rilassato e festoso in questa serata conclusiva di una rassegna che ha presentato molti motivi di interesse per gli appassionati accorsi da tutto il mondo.



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