Foto ©Monika Rittershaus
Dopo la Manon Lescaut inaugurale, della quale riferirò prossimamente, l’ Osterfestspiele Baden-Baden presenta in questi giorni, oltre a una nutrita serie di manifestazioni collaterali, i consueti concerti sinfonici e corali dei Berliner Philharmoniker. Il primo di essi è stato diretto da Zubin Mehta, in una sala gremita in ogni ordine di posti, con una significativa presenza di pubblico giovanile. I Berliner infatti hanno voluto inserire la rassegna pasquale di Baden-Baden nel loro Education-Programm condotto insieme alla Deutsche Bank, organizzando una serie di attività preparatorie destinate agli studenti, con la possibilità di assistere alle prove e di ottenere biglietti per i concerti a prezzo ridotto. Un lavoro decisamente meritevole, grazie al quale l’ Osterfestspiele diviene qualcosa di più del solito evento mondano internazionale riservato al pubblico facoltoso e assume una valenza divulgativa di assoluto rilievo.
Zubin Mehta si era esibito per l’ ultima volta da queste parti nel 2007, quando portò a Stuttgart la Israel Philharmonic per tre serate mahleriane durante la Musikfest. Sono andato a riascoltarlo con molto piacere, perchè non nascondo che il direttore indiano è uno di quegli artisti per i quali nutro una particolare predilezione, in quanto ha accompagnato praticamente tutti i miei decenni di ascolto. Feci la sua conoscenza prima tramite alcune stupende incisioni operistiche conosciute durante la mia adolescenza, come Il Trovatore e la Tosca RCA con Leontyne Price e Placido Domingo e la meravigliosa Turandot registrata per la DECCA, per me uno dei più grandi dischi d’ opera della storia, e poi in decine di serate liriche e concertistiche a Venezia, Firenze, Milano, Londra, Vienna, Salzburg e Berlino. Tra le tante stupende esecuzioni che ho ascoltato da lui, sono rimaste particolarmente nella mia memoria un’ interpretazione del Concerto per violino di Tschaikowsky con Itzhak Perlman nel 1981 a Firenze, una sensazionale Terza di Mahler eseguita a Venezia nel 1983 in un ciclo di concerti con la Israel Philharmonic per la Biennale Musica e soprattutto una delle più intense e magnetiche letture dell’ Ottava sinfonia di Bruckner che io abbia mai ascoltato, a Salzburg nel 1996 con i Wiener Philharmoniker, che quella sera erano davvero in stato di grazia. Non nego che a volte Mehta sfrutti le sue fenomenali doti tecniche per dirigere, diciamo così, col pilota automatico, ma quando si trova in stato di ispirazione è un direttore che possiede la capacità di emozionare il pubblico come pochi altri al mondo, soprattutto quando si trova a lavorare con un complesso come i Berliner, a cui è legato da un rapporto artistico che dura ormai da quasi mezzo secolo.
A settantotto anni, il gesto di Mehta non ha perduto nulla della straordinaria eleganza, energia ed eloquenza che lo hanno reso famoso. Il direttore indiano ha aperto la serata con un’ esecuzione dei Sechs Stücke für Orchester op. 6 di Webern cesellata con timbri preziosi ed estrema attenzione alle minime sottigliezze dinamiche, lucidissima e analitica nel calcolo del fraseggio. Subito dopo, Mehta ci ha offerto insieme a Yefim Bronfman una eloquentissima lettura del Concerto N°5 op.73 di Beethoven. La souplesse tecnica e il tocco cristallino del pianista russo-americano si integravano meravigliosamente nel fraseggio elegantissimo dei Berliner, con uno stupendo scambio reciproco di proposte coloristiche raffinate e fraseggi di somma eleganza. Un Beethoven intenso, nobile ed eloquente, magnificamente calibrato in linee melodiche di un equilibrio e respiro assolutamente perfetti, accolto dal pubblico con grande entusiasmo ripagato da Bronfman con un bellissimo bis chopiniano, lo Studio op. 10 N°3.
Foto ©Monika Rittershaus
Nella seconda parte, Zubin Mehta e i Berliner hanno eseguito Ein Heldenleben, il celebre poema sinfonico di Richard Strauss. Una partitura che appartiene come poche altre alla storia del complesso berlinese, che l’ ha eseguita decine di volte con Furtwängler, Karajan e tantissimi altri fra i più grandi direttori della storia. Mehta sfrutta al massimo le qualità coloristiche e il formidabile livello tecnico dei Berliner per una lettura sontuosa nelle sonorità, fervida e appassionata nel fraseggio e ricca di preziose sottolineature coloristiche. Già dalla prima esposizione del Thema des Helden, affidata a corni e celli e seguita dal bellissimo motivo lirico in si minore esposto da archi e fiati, si è messa in evidenza la magnifica tavolozza timbrica che i berlinesi sono in grado di sfoggiare a un livello che teme pochi confronti al mondo. Un suono pieno, timbrato, ricco di armonici e sfumature, con quella speciale qualità sonora e personalità timbrica che contraddistingue le orchestre di alto rango. Eccellente il gioco virtuosistico dei fiati nel secondo tempo, seguito dal bellissimo assolo di violino che inizia la terza parte, “Des Helden Gefährtin”, suonato in maniera davvero superba dal Konzertmeister Andreas Buschatz. Magnifica la plasticità ed espressività di esposizione ottenute da Mehta nella quarta parte, e assolutamente da ricordare il trionfo di sonorità liquide e iridescenti della sezione conclusiva, con il solenne accordo finale che si distendeva come un autentico arcobaleno sonoro. Un’ interpretazione che non temeva il confronto con quelle dei grandi interpreti storici del brano, salutata da un vero trionfo di pubblico alla conclusione.