Magazine Cucina
Ci sono passato davanti negli anni un numero indefinibile di volte, qualche volta incuriosito ho anche sbirciato. Mi ha sempre un poco invogliato, ma nonostante questo alla fine mi sono ritrovato seduto al suo tavolo per pura casualità, o necessità, perché stavo andando in un altro posto, dove anni fa mi ero trovato bene e meta frequente di alcuni conoscenti, ma era chiuso.
Senza indagare sui motivi, ma le luci spente erano abbastanza eloquenti. Presto non era e a piedi, fatto mente locale, ci siamo diretti qua, guardandoci, chiedendoci “ci sei mai andato?” e rispondendoci che lo avremmo provato a breve.
Già, quasi dimenticavo, siamo a Desenzano del Garda (BS), nella parte alta del paese, dove si trovano il castello attorno cui si diramano viuzze di origine medievale, ma dove si trova anche il quartiere Capolaterra, nota un tempo come posto di osterie. Oggi più semplicemente qua si trovano uffici, negozi e alcuni bar chiudono prima che le serate possono animarsi. La Frasca al suo interno ricorda proprio un'osteria: lavagna appesa al muro con scritti alcuni piatti (per lo più salumi o gastronomia semplice anche take-away), bancone semplice, luce bassa, tavoli in legno e tovaglia di conseguenza.
Sono le 22.20 di un sabato sera di fine primavera e la cucina è ancora operativa anche per noi. La veranda allestita all'ingresso, tra le mura e quella che è Piazza Garibaldi, è piena, così in due decidiamo di accomodarci all'interno, in un angolo, dove a onor del vero c'è l'unico tavolo libero. Fuori tutto occupato, dall'altro lato una coppia è in attesa e alle nostre spalle una tavolata è occupata con i resti di chi ci ha preceduto.
Musica di sottofondo che non infastidisce, candela accesa al momento, acqua e pane subito messi in tavola. È evidente che il gestore e le due cameriere sono indaffarate e con già alle spalle una serata tutt'altro che leggera, così noi aspettiamo con calma, ma con appetito il menù (non mi ricordavo proprio cosa avessi visto tempo prima sul sito). Dopo più di qualche minuto arriva una cameriera, verosimilmente teutonica ma con un perfetto italiano parlato, e ci espone lì su due piedi il menù della serata. Un breve consulto e decidiamo per due trote di lago marinate come antipasto, poi io mi dirigo verso tagliolini con la tinca, lei verso luccio in salsa con polenta.
Ecco, il vino. Non è che disdegnamo a priori una bottiglia di vino, essere a piedi non guasta, ma il menù a voce non è stato seguito dalla carta dei vini su carta. Le sorprese nei prezzi sono cosa nota, ognuno pratica rialzi differenti, così decidiamo per un più veloce mezzo litro di bianco della casa, che comunque, pur non essendo un Lugana Prestige Provenza, sarà comunque apprezzato per quel che è: un buon vino della casa.
Poi il protagonista diventa il cestino del pane. Fuori non so a che punto sia con la cena, ma non sembravano clienti appena sedutisi al tavolo. Noi parliamo, assaggiamo dei buoni taralli, sorseggiando vino bianco e il tempo passa. Veniamo accontentati con i nostri due piatti: la trota marinata è adagiata su un letto di verdura e cosparsa da pepe rosa in salamoia, buona e gustosa, mentre al tavolo ci viene portato dell'olio extravergina di oliva Garda DOP del vicino Frantoio Montecroce. Dir che è ottimo non è di certo una grande rivelazione, lo si sa, ma è piacevole che un locale gardesano porti a tavola un prodotto gardesano. Nonostante la sua riconosciuta eccellenza, come d'altro canto lo è qua qualità dei vini locali, parecchi locali portano in tavola oli toscani o mettono in buona vista vini con nomi più accattivanti e rincari più proficui.
Poi il protagonista ridiventa il cestino del pane. Buono l'antipasto, per il piatto successivo l'attesa diventa materia di Godot. Non sembra che la cucina sia indaffarata, si mettono già a pulire i fornelli. Il tempo passa. Un tarallo condiviso, un sorso di vino, due chiacchiere. Il tempo passa ancora e sento nominare i nostri piatti. No, non è il cuoco che annuncia quanto pronto da servire in tavola, ma l'esatto contrario: a qualcuno sovviene che dobbiamo ancora mangiarli.Al tavolo al nostro fianco merita un accenno. Al nostro arrivo erano già seduti, con le gole intrattenute da una bottiglia di vino nel cestello, ma ci rendiamo conto che anche la loro attesa non è di certo stata breve. “Le è piaciuto?” chiede la cameriera, “Sì, molto buono” risponde la lei, “Allora spero che l'attesa sia stata ripagata, mi scusi...” aggiunge, “Vi perdono solo perché siete simpatici” conclude ridendo. Bene, ma poi quando viene loro chiesto se vogliono caffè o dolce, devono ricordare che sono ancora in attesa dei secondi, tra cui vitello tonnato... “Ma noi non abbiamo il vitello tonnato, deve esserci stato un errore”.
La nostra lunga attesa per il primo e il secondo ci viene così consolata, c'è chi è messo peggio. I nostri piatti, infine, arrivano. I tagliolini con la tinca, cui aggiungo il suddetto olio gardesano, sono buonini, nulla di particolare. Riassumo, l'attesa è stata lunghissima e... migliorabili. Il luccio in salsa viene servito su una fettona di polenta brusolita. Come è giusto che sia, il primo è servito non caldo e, come è altrettanto giusto che sia come da aspettative di un lacustre, è buono. Al suo fianco come contorno prendiamo un piatto di patate al forno.
Il caffè e il dolce arrivano più tempestivi, per fortuna. La scelta cade su una crema catalana, buona, ben caramellata e croccante la superficie, gustosa e quasi ariosa la crema in sé. Per evitare altri contrattempi paghiamo alla casse, dove ci viene offerto del limoncello.
Suppongo che solitamente l'attesa per saper cosa mangiare e per mangiare sia più limitata e che il servizio al tavolo più solerte o che almeno avvisi che i tempi qua sono per standard dilungati per permettere la digestione tra una portata e la successiva. Da riprovare. Comunque consigliato.
Il conto, due antipasti 14 euro, un primo 9 euro, un secondo 10 euro, contorno 4 euro, dolce 4 euro e fin qua il totale è di 41 euro, quindi si conteggia un 10% in più di maggiorazione per il servizio ovvero 4,10 euro. Poi ci sono il vino 5,50 euro, acqua 3 euro, caffè 1,50 euro. Totale 55,10 euro.
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